Cass. civ., SS.UU., sentenza 26/01/2011, n. 1768
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
In tema di giudicato, la disposizione di cui all'art. 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. E A - Presidente Sezione -
Dott. A E - Presidente Sezione -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MALLOZZI GIOVANNI (MLLGNN57M30D843R), MALLOZZI ANTONIETTA, nonché DE SANTIS FRANCESCO, DE SANTIS MARIA PIA, DI MARZO CARMINA, DE SANTIS WANDA, questi ultimi in proprio e nella qualità di eredi di DE SANTIS SIMONE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SORA 47, presso lo studio dell'avvocato R S, rappresentati e difesi dall'avvocato B M R, per delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
LUTI CARPINELLA RENATA;
- intimata -
sul ricorso 25693-2005 proposto da:
LUTI CARPINELLI RENATA (LTCRNT20D42F032P), elettivamente domiciliatA in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 78, presso lo studio dell'avvocato B CTINO, rappresentata e difesa dall'avvocato POLITO GIUSEPPE, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
DI MARZO CARMINA, MALLOZZI GIOVANNI, DE SANTIS FRANCESCO, DE SANTIS WANDA, MALLOZZI ANTONIETTA, DE SANTIS MARIA PIA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3535/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 29/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei 09/11/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
uditi gli avvocati Maria Rosaria BATTAGLIA, Giuseppe POLITO;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.
OSSERVA
1. - La vicenda processuale.
Nel 1981 la sig. D S muore di parto ed il ginecologo (che, come vedremo, non è più presente in questo processo) e l'ostetrica (la Luti Carpinelli) che l'hanno seguita durante il travaglio vengono sottoposti a procedimento penale per il reato di omicidio colposo.
Il primo giudice penale condanna il solo medico ed assolve per insufficienza di prove l'ostetrica.
Il giudice d'appello penale ritiene, invece, che entrambi gli imputati abbiano concorso a cagionare il fatto: il medico nella misura del 60% e l'ostetrica nella misura del 40%. In questa sede, tuttavia, il giudice, accertati i fatti materiali posti a base delle imputazioni e concesse ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, per effetto di queste ultime dichiara prescritto il reato. Provvedendo, altresì, sulle domande delle parti civili (tra di esse v'è anche l'odierno ricorrente), condanna gli imputati al risarcimento del danno nella misura sopra indicata. La 6^ sezione penale di questa Corte, con la sentenza n. 5665 del 1992, conferma la sentenza d'appello, eccezion fatta per la condanna al risarcimento del danno a carico dell'ostetrica, considerato che nei suoi confronti non era stata emessa condanna, neanche generica, in primo grado.
Essendo questo l'esito del giudizio penale, i congiunti della vittima, dopo avere transatto la lite con il ginecologo, convengono innanzi al giudice civile l'ostetrica Luti Carpinelli per il risarcimento del danno.
Il Tribunale di Latina ritiene la convenuta responsabile nella stessa misura già stabilita dal giudice penale (il 40%). La Corte d'appello di Roma, invece, con la sentenza ora impugnata per cassazione ritiene non vincolante la statuizione del giudice penale e contiene la colpa concorrente della Luti Carpinelli nella misura del 10%. Il ricorso per cassazione dei M, della D M e dei D S è svolto in nove motivi. Risponde con controricorso la Luti Carpinelli, la quale propone ricorso incidentale a mezzo di due motivi.
Il ricorso principale censura la sentenza, tra l'altro: per aver violato il giudicato penale che si sostiene essersi formato per effetto del rigetto del ricorso degli imputati avverso la sentenza penale d'appello;
per aver violato l'art. 652 c.p.c., il quale, si afferma, sancirebbe il principio dell'efficacia extrapenale anche della sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato, quando sia stata pronunciata in esito ad un concreto accertamento dei fatti materiali ascritti all'imputato.
2. - L'ordinanza di rimessione alle S. U.La 3^ sezione civile di questa Corte, investita del ricorso, ha
ravvisato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, concernente gli effetti del giudicato penale nel giudizio civile di risarcimento del danno, rimettendo gli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle sezioni unite. In particolare, si osserva nell'ordinanza di rimessione che:
(a) per un primo orientamento, la sentenza del giudice penale di proscioglimento, pronunciata all'esito di accertamenti di fatto, avrebbe efficacia vincolante per il giudice civile quanto alla materiale sussistenza dei fatti accertati dal giudice penale (si citano al riguardo Cass. 14328/00;
810/95);
(b) per un secondo orientamento, invece, la sentenza penale che dichiari il reato e-stinto per prescrizione non avrebbe alcuna efficacia vincolante nel successivo giudizio civile di risarcimento (si citano al riguardo Cass. 3084/97;
1319/96;
342/96;
10551/98). Il primo presidente ha assegnato la causa alle sezioni unite. I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la medesima sentenza.
3. - Il quesito e le sue radici.
Il problema posto concerne l'efficacia vincolante della sentenza penale nel giudizio di risarcimento del danno, nell'ipotesi in cui l'imputato sia prosciolto per una causa estintiva del reato. Problema antico, che si nutre in radice del dibattito sviluppatosi a cavallo tra il 18^ ed il 19^ secolo tra la teoria che, in nome dell'unitarietà della funzione giurisdizionale, affermava la prevalenza della giurisdizione penale su quella civile e l'altra che, invece, sosteneva l'autonomia dell'una rispetto all'altra. La prima, ritenendo che la giurisdizione penale fosse funzione di governo e quella civile funzione di giustizia, fondava sul fatto che, quando si esercita l'azione penale, è l'intera collettività che accusa insieme al pubblico ministero ed è parte ideale del processo penale, la cui sentenza conclusiva è efficace erga omnes. Si considerava, dunque, socialmente scandaloso che la sentenza civile contraddicesse con quella penale (in cui, peraltro, T accertamento della verità è più accurato rispetto a quello civile), laddove, soprattutto, il principio di unitarietà della funzione giurisdizionale comporta che, una volta espressasi, essa non può essere duplicata.
La seconda guardava principalmente alla sentenza penale assolutoria, rilevando che essa non fa altro che accertare la mancanza di prove del reato, che è assurdo ritenere che il PM rappresenti tutti i cittadini relativamente alle loro azioni civili e che il giudicato penale può ma non deve necessariamente influenzare la decisione civile. Da allora il dibattito tra chi ritiene che la sentenza penale prevalga comunque su quella civile e chi, all'opposto, sostiene l'autonomia dei giudizi non s'è mai sopito, tant'è che ancor'oggi il contrasto viene all'esame delle S.U..
Il principio di unitarietà delle giurisdizione ed il conseguente corollario della prevalenza della sentenza penale su quella civile finirono per affermarsi sull'opposta tesi, tanto da essere tradotti in legge già nel codice di procedura penale sabaudo del 1859, per poi essere traslati nei codici di rito penale italiani del 1865, del 1913 e del 1930, senza essere più posti in discussione ne' in dottrina, ne' in giurisprudenza. Può dirsi, insomma, che s'era persa pure la memoria della genesi storica di siffatto traguardo. Solo con l'entrata in vigore della costituzione repubblicana alcuni autori accesero il dubbio intorno alla compatibilità del principio di unitarietà della giurisdizione con la nuova legge fondamentale. Uno dei più illustri processualisti pensò che il principio dovesse essere mitigato, in quanto l'art. 27 c.p.p. del 1930 stabiliva l'efficacia vincolante della sentenza penale nel giudizio civile risarcitorio soltanto per quanto concerne l'accertamento del fatto, dell'illiceità, e della responsabilità del condannato;
tutti e tre questi accertamenti possono essere contenuti soltanto in una sentenza di condanna o di proscioglimento per difetto di imputabilità (infermità di mente o minore età);
sicché, ogni altra sentenza (e soprattutto quelle di proscioglimento per cause diverse dalla non imputabilità) non ha alcun effetto vincolante nel giudizio civile di risarcimento. Sforzi interpretativi che rimasero sterili nel perdurante vigore di un sistema processuale inquisitorio, che della prevalenza della sentenza penale su quella civile faceva il suo stesso senso.
4. - L'avvento del codice di procedura penale del 1989. Il quadro cambia radicalmente con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, il quale elimina la cd. pregiudiziale penale (già sancita dall'art. 3 del codice del 1930), cancella l'efficacia extrapenale della sentenza di proscioglimento nei giudizi civili diversi da quelli di risarcimento (prevista dall'art. 28 del codice del 1930) e, con l'art. 75, introduce la pressoché totale autonomia tra azione civile e penale. Tuttavia, sul piano letterale le nuove previsioni dell'art. 651 (efficacia del giudicato penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno) e art. 652 (efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno) finiscono con il ricalcare il testo degli artt. 27 e 25 del vecchio codice, nel senso che in quei giudizi l'efficacia di giudicato è esplicitamente attribuita alla sola sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato adempiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima. Nessun riferimento è fatto alle sentenze di