Cass. civ., sez. I, sentenza 24/07/2003, n. 11476
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiMassime • 2
In materia di disciplina dell'inquinamento idrico di cui alla legge n. 319 del 1976 (applicabile
Gli scarichi inquinanti che, nel territorio della Regione Puglia, non recapitano nelle pubbliche fognature, ma sul suolo o nel sottosuolo, già esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge statale n. 319 del 1976, sono soggetti al regime autorizzatorio stabilito dall'art. 43, primo comma, della legge regionale Puglia n. 24 del 1983. Il mancato possesso dell'autorizzazione comporta l'applicazione delle sanzioni amministrative stabilite dalla legislazione statale, a partire dal 1995 (con il D.L. n. 79 del 1995, conv. nella legge n. 172) con riferimento sia alle condotte di apertura e di "effettuazione" degli scarichi non autorizzati, per diniego o revoca del provvedimento, sia a quelle di "mantenimento" di tali scarichi, punite dall'art. 21 della legge n. 319 del 1976, nel testo applicabile "ratione temporis".
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Presidente -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. A M - Consigliere -
Dott. G F A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Regione Puglia, in persona preesistenti del Presidente della Giunta regionale, elettivamente domiciliato in Roma, largo Messico n. 7, presso l'avv. prof. G M C, che lo rappresenta e difende unitamente, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
D P A e Z A;
- intimati -
avverso la sentenza del Tribunale di Trani - Sezione distaccata di Molfetta n. 65 del 1999 del 23 novembre 1999. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/03/03 dal Relatore Cons. Dott. F A G;
Udito l'avv. C;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R R, il quale ha concluso per l'accoglimento dei primi due motivi e, in subordine, per l'accoglimento del terzo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l. Con ordinanza in data 4 novembre 1997, notificata il 19, la Regione Puglia ingiungeva il pagamento della somma di L. 20.015.000, a titolo di sanzione amministrativa per la violazione dell'art. 21 della legge n. 319 del 1976, modificato dall'art. 6 del D.L. n. 79 del 1995 (convertito nella L. n. 172 del 1995), a D P A e
Angela Zezza, per avere effettuato scarichi civili nel sottosuolo senza la prescritta autorizzazione amministrativa. 2. I predetti si opponevano all'ordinanza, con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di Trani - sezione distaccata di Molfetta.
3. Il giudice adito, con sentenza n. 65 del 1999, annullava l'ordinanza di ingiunzione sulla base del presupposto interpretativo secondo il quale, per gli scarichi civili nel sottosuolo, relativi al territorio regionale della Puglia, già esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 319 del 1976, non sussisterebbe l'obbligo dell'autorizzazione di cui all'art. 9 della stessa legge, ma solo quello della denuncia all'autorità comunale, previsto dall'art. 15, e compensava le spese.
4. Ricorre per Cassazione al Regione Puglia con tre motivi di diritto, illustrati anche da memoria, contro cui non hanno spiegato difese gli opponenti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Con il primo motivo di ricorso (con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43 L.R. n. 24 del 1983, degli artt. 9, 15 e 21 della L. n. 319 del 1976, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) la Regione deduce l'erroneità della
sentenza censurata la quale avrebbe affermato che, per gli scarichi civili già esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 319 del 1976, non sussisterebbe l'obbligo dell'autorizzazione di
cui all'art. 9 della stessa legge ma solo quello della denuncia all'autorità comunale, previsto dall'art. 15.
L'art. 43 L.R. sarebbe stato erroneamente interpretato come se l'obbligo dell'autorizzazione, previsto per tutti gli scarichi, non sia stato stabilito anche per quelli civili preesistenti. Il riferimento all'art. 9, ult. comma, della legge Merli confermerebbe tale interpretazione.
2. Con il secondo motivo di ricorso (con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43 L.R. n. 24 del 1983, degli artt. 9, 15 e 21 della L. n. 319 del 1976, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) la Regione deduce che il
giudice di prime cure avrebbe compiuto una erronea e falsa applicazione dell'art. 43 della legge regionale n. 24 del 1983, in relazione agli artt. 9 e 15 della cd. legge Merli, atteso che gli scarichi civili compresi nel divieto di porli in essere senza l'autorizzazione sono erano anche quelli preesistenti. 3. Con il terzo motivo di ricorso (con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 23 L. n. 689 del 1981, e l'insufficienza, la confusione e l'inconferenza della motivazione con riguardo alle risultanze documentali, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., su un punto decisivo della
controversia) la Regione deduce che l'affermazione contenuta nella sentenza circa la preesistenza dello scarico idrico, perché antecedente agli anni 70, sarebbe stato motivato con riferimento ad una nota della Polizia Urbana di Molfetta di cui non sarebbero state fornite ne' gli estremi ne' i contenuti. Essa non risulterebbe neppure versata in atti. Inoltre non potrebbe avere il significato che gli assegna il giudice perché sarebbe solo idonea a dimostrare la preesistenza del fabbricato e non anche quella dello scarico. 4. I primi due motivi del ricorso possono essere trattati congiuntamente, in ragione della loro comune attinenza al regime giuridico degli scarichi idrici che - provenienti da insediamenti civili - recapitano nel sottosuolo anziché nelle pubbliche fognature, e che erano già in essere (cd. preesistenti) al momento dell'entrata in vigore della legge Merli del 1976 (ora abrogata dall'art. 63 del D. Lgs. n. 152 del 1999, ma nella specie applicabile ratione temporis).
4.1. La tesi del Tribunale, censurata dalla Regione ricorrente nel ricorso per Cassazione, assume a suo presupposto interpretativo la considerazione secondo la quale, sebbene la legge Merli (prima della sua abrogazione anche modificata dalla legge n. 650 del 24 dicembre 1979 e;poi, per quel che qui interessa, anche dal decreto - legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n. 172 del 1995) obbligava i
titolari di tali scarichi soltanto a "denunciare la loro posizione all'autorità comunale nei modi e nei tempi da essa imposti". Tale disposizione, con riferimento ai residenti nell'ambito territoriale della Regione Puglia che fossero titolari di scarichi idrici nel sottosuolo, non sarebbe stata modificata (in pejus), come invece assume la Regione Puglia, nonostante l'emanazione della legge regionale 19 dicembre 1983, n. 24 (Tutela ed uso delle risorse idriche e risanamento delle acque in Puglia), la quale, all'art. 43, primo comma, aveva disposto che: "tutti gli scarichi devono essere autorizzati, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 9 della legge 10 maggio 1976, n. 319, e sue modifiche e integrazioni, dall'autorità
competente al controllo".
Secondo il giudice di merito, infatti, la nozione di scarico soggetto ad autorizzazione, cui si riferisce tale disposizione, è circoscrivibile ai soli scarichi autorizzabili alla stregua della legge nazionale (la legge Merli) quale era in essere al momento della sua entrata in vigore (1976) e, dunque, con esclusione di quelli che preesistevano all'entrata in vigore della legge Merli e provenivano da insediamenti civili. Tale interpretazione veniva fondata sia su ragioni di ordine giuridico formale (il richiamo, contenuto nell'art. 43, primo comma, della legge regionale in questione, all'art. 9 della legge statale) che di ordine giuridico sostanziale (attinenti al regime degli scarichi civili, preesistenti alla legge, non recapitanti in fognature, in relazione all'ambito dei poteri affidati alle Regioni).
A tale ultimo proposito, il giudice del merito sembra sottolineare che la legge statale, nel suo testo originario, si limitava semplicemente a stabilire che "la disciplina degli scarichi degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature sarà definita dalle regioni con i rispettivi piani di risanamento delle acque di cui all'art. 4 della presente legge" (art. 14, secondo comma, l. n. 319 del 1976). Tale potere non avrebbe consentito alle
regioni di intervenire, diversamente da quanto sarebbe stato possibile fare a partire dalla modifica apportata dal già menzionato decreto - legge 17 marzo 1995, n. 79 (convertito nella legge 17 maggio 1995, n. 172), la quale - per mezzo dell'art. 6, additivo del comma tredicesimo dell'art. 15 e del comma quinto dell'art. 21, della legge Merli del 1976 avrebbe stabilito, da un lato, che "il regime autorizzatorio degli scarichi civili e delle pubbliche fognature, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'art. 14 conformandosi alle disposizioni contenute nella direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991" e, da un altro, che "chiunque apre o comunque effettua scarichi civili e delle pubbliche fognature, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, nelle acque indicate nell'art. 1, sul suolo o nel sottosuolo, senza aver richiesto l'autorizzazione di cui al tredicesimo comma dell'art. 15, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che la citata autorizzazione sia stata negata o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da lire dieci milioni a lire cento milioni".
Ma la Regione Puglia non avrebbe ottemperato alla previsione stabilita nel nuovo comma tredicesimo dell'art. 15 della legge n. 319 (che avrebbe dovuto essere dettato conformandosi alle previsioni della direttiva 91/271/CEE e che non avrebbe dovuto enunciare soltanto il principio autorizzatolo ma prevedere procedure, tempi, competenze, attribuzioni, ecc.). Essa avrebbe solo stabilito genericamente il principio di autorizzabilità di tali scarichi civili, senza adeguarsi, al momento giusto, a quanto stabilito dal legislatore nazionale.