Cass. pen., sez. IV, sentenza 14/04/2023, n. 15833
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: QU LF nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 03/05/2022 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30 giugno 2022 la Corte di appello de L'Aquila ha riformato, quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza pronunciata dal Tribunale di Vasto il 13 dicembre 2019. AL AC è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (commesso in data 20 settembre 2016) e condannato alla pena di anni uno di reclusione ed C 309,87 di multa.
2. Per mezzo del proprio difensore, l'imputato ha proposto ricorso contro la sentenza articolandolo in cinque motivi.
2.1. Col primo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata respinta dalla Corte di appello l'eccezione di nullità sollevata con l'atto di gravame per violazione degli artt. 516 e 520 cod. proc. pen. Osserva che, nel capo di imputazione contenuto nel decreto di rinvio a giudizio e notificato all'imputato, era stato indicato, quale reddito effettivamente percepito nell'anno 2015, quello di C 18.158,80 e che, nel corso del giudizio (all'esito dell'esame del teste Nicola Reale, della Agenzia delle entrate), è emerso che si trattava in realtà di un reddito superiore (C 19.458,31). La difesa si duole che, avendo il pubblico ministero provveduto a modificare l'imputazione correggendo l'indicazione del reddito effettivo nel senso indicato dal teste, il verbale d'udienza contenente tale modifica non sia stato notificato, all'imputato assente. Sostiene che, trattandosi di una modifica dell'imputazione ex art. 516 cod. proc. pen., la notifica avrebbe dovuto avvenire ai sensi dell'art. 520 cod. proc. pen. La sentenza di primo grado, dunque, sarebbe affetta da nullità ai sensi dell'art. 522 cod. proc. pen.
2.2. Col secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della falsità della dichiarazione. Osserva che l'affermazione della penale responsabilità è avvenuta sulla base della documentazione acquisita presso la Agenzia delle Entrate dalla quale risulta che il nucleo familiare del quale AC fa parte aveva percepito nel 2015 un reddito superiore a quello da lui dichiarato e superiore anche al limite previsto per l'ammissione al beneficio. Sostiene che tale documentazione è insufficiente in tal senso e sarebbe stato necessario verificare se i familiari di AC avevano effettivamente percepito i redditi che il datore di lavoro ha dichiarato di aver versato loro.
2.3. Col terzo motivo, collegato al secondo, la difesa deduce violazione dell'art. 507 cod. proc. pen. e difetto di motivazione per mancata assunzione di una prova decisiva e, in particolare, per non essere stati sentiti i familiari dell'imputato e il loro datore di lavoro in ordine alla effettiva percezione dei trattamenti retributivi risultanti dalla documentazione in atti. Sottolinea inoltre che, quand'anche tali redditi fossero stati percepiti, non vi sarebbe prova certa che di ciò AC fosse stato informato e, anche per questo, i familiari dell'imputato avrebbero dovuto essere esaminati in giudizio.
2.4. Col quarto motivo la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione per la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.
2.5. Col quinto motivo si duole della mancata applicazione delle attenuanti