Cass. pen., sez. I, sentenza 29/03/2023, n. 13121
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: EL IN, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 23/02/2021 del Tribunale di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere relatore PALMA TALERICO;
lette le conclusione del P.G., Giuseppina Casella, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste;
lette le conclusioni dell'avv. NC Falotico, in difesa del ES, che ha chiesto l'accoglimento del ric . -so, associandosi, altresì, alle conclusioni dell'Ufficio di Procura generale;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 febbraio 2021, il Tribunale di Potenza riteneva ES NC responsabile del reato di cui all'art. 684 cod. pen. (per avere affisso a una parete dell'immobile sito in vico del Collegio del centro di Potenza una copia della denuncia per danneggiamento da lui sporta presso la stazione dei Carabinieri) e, conseguentemente, concesse circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di €. 133,00 di ammenda;
disponeva, altresì, che l'esecuzione della suddetta pena restasse sospesa a' termini e condizioni di legge e che della condanna non venisse data menzione nel certificato del casellario giudiziale, ai sensi dell'art. 175 cod. pen.. Posto che l'istruttoria aveva dimostrato incontrovertibilmente che il ES aveva affisso nel centro di Potenza, in vico del Collegio, copia della denuncia sporta contro ignoti il 1° ottobre 2020 relativa al precedente imbrattamento della parete dello stesso immobile, rilevava il Tribunale che detta denuncia non si era "limitata a recare istanza di punizione per eventuali reati procedibili a querela, ma si era articolata in numerose risposte ad altrettante domande postegli dai militari della stazione di Potenza";
riteneva, quindi, che, nel caso di specie, la fattispecie di cui all'art. 684 cod. pen. si era integrata sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo. Spiegava che, quanto al primo profilo, doveva trovare applicazione il principio affermato dalla Corte di cassazione con la pronuncia n. 41640 del 2019, secondo cui "integra il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale la condotta di chi, nel corso delle indagini preliminari, pubblica, anche solo riferendone il contenuto, in relazione ad argomenti, temi e soggetti, una querela oralmente sporta alla polizia giudiziaria, atteso che detta forma di querela, consentendo al verbalizzante di porre domande all'interlocutore, che acquisisce pertanto la veste di persona informata dei fatti, costituisce atto di indagine della polizia giudiziaria coperto da segreto ai sensi dell'art. 329, comma 1, cod. proc. pen.";
aggiungeva che non era condivisibile la tesi prospettata dalla difesa in merito all'inoffensività della condotta dell'imputato, perché detta azione aveva "reso edotta una generalità indeterminate di persone non solo della presenza delle possibili fonti di prova dello stesso - costituite dalle videoriprese delle due telecamere puntate su quella via [...], bensì anche dell'orario di presunta commissione dei fatti, nonché dell'assenza di ulteriori elementi utili ai fini investigativi". Riteneva, altresì, il suddetto Tribunale che la contravvenzione contestata risultava integrata anche sotto il profilo soggettivo, essendo il fatto reato punibile alternativamente a titolo di dolo o colpa e avendo l'imputato chiaramente affermato di avere volontariamente affisso la denuncia sia quale Consigliere comunale, sia quale cittadino 2 ,5/P1 indignato per l'avvenuto deturpamento di un'immobile da poco ritinteggiato, allo scopo di dissuadere i vandali dal compiere nuovamente