Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/12/2010, n. 24339

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Nel rito del lavoro - nel quale il divieto di proporre domande nuove nel corso del giudizio di primo grado è particolarmente rigoroso - non è, tuttavia, precluso alla parte che abbia già proposto, con un primo ricorso, determinate domande, di proporne ulteriori, nei confronti del medesimo convenuto, con un nuovo e separato ricorso il quale deve ritenersi completo con l'indicazione, a sostegno delle suddette ulteriori domande, di documenti già prodotti nel precedente giudizio di cui sia chiesta la riunione al secondo per ragioni di economia processuale.

Il potere-dovere del giudice di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo va coordinato con i principi propri del sistema delle impugnazioni, sicché deve ritenersi precluso al giudice dell'appello di mutare d'ufficio - violando il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato - la qualificazione ritenuta dal primo giudice in mancanza di gravame sul punto ed in presenza, quindi, del giudicato formatosi su tale qualificazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, nel pronunciare in ordine alla domanda di impugnativa di licenziamento proposta da un giornalista, pur in assenza di un'espressa censura da parte dell'appellante circa la qualificazione dell'atto di risoluzione del rapporto quale atto di recesso operata dal primo giudice, aveva mutato tale qualificazione inquadrando detta domanda nello schema della risoluzione automatica del rapporto di lavoro sulla base di una previsione contrattuale collettiva).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/12/2010, n. 24339
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24339
Data del deposito : 1 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere -
Dott. MELIADÒ Giuseppe - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 115/2007 proposto da:
PO SI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 39/F, presso lo studio dell'avvocato BIANCO Giuseppe, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
ANSA - AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO Enzo, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul ricorso 347/2007 proposto da:
ANSA - AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
PO SI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 39/F, presso lo studio dell'avvocato BIANCO GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3289/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 19/12/2005 R.G.N. 7622/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/09/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADÒ;

udito l'Avvocato VALERIA COSENTINO per delega MORRICO ENZO;

udito l'Avvocato BIANCO GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso PO\ e rigetto del ricorso ANSA.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Pretore del lavoro di Roma depositato il 15.3.1999 \M @P impugnava il licenziamento intimatogli dall'ANSA il 22.4.1998, deducendo l'inapplicabilità nei suoi confronti della previsione dell'art. 33, comma 3 del CCNL giornalisti, per l'insussistenza dei relativi requisiti contributivi;
con ulteriore ricorso in data 18.7.2000 il A\, richiamando le precedenti difese, chiedeva dichiararsi l'illegittimità del recesso, deducendo, altresì, la nullità della clausola contrattuale.
Riuniti i ricorsi, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15507/2001, accoglieva la domanda proposta dal A\, per come riformulata col secondo ricorso.
Proposta impugnazione da entrambe le parti, la Corte di appello di Roma, con sentenza in data 20.5. 2004/19.12.2005, in parziale riforma della sentenza di prime cure, confermava la statuizione di nullità della clausola contrattuale dell'art. 33 comma 3 CCNL cit., ed, escluso l'ordine di reintegrazione, dichiarava "la prosecuzione giuridica del rapporto dopo la risoluzione e sino al compimento da parte del A\ del 65^ anno di età", dichiarando altresì assorbita ogni ulteriore questione connessa alla qualificazione del provvedimento dismissivo del rapporto come atto di recesso. Osservava in sintesi la corte territoriale che la clausola contrattuale doveva ritenersi nulla, non potendo l'autonomia collettiva individuare cause di risoluzione del rapporto di lavoro diverse da quelle previste dall'ordinamento, ma che non era configurabile "un vero e proprio licenziamento", essendosi il datore di lavoro limitato "ad adeguare il suo comportamento alla ritenuta avvenuta estinzione automatica del rapporto al verificarsi dell'evento considerato" nella clausola medesima. Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti ricorsi il A\ (con atto notificato il 15.12.2006), affidandolo a 9 motivi, e l'NS (con atto notificato il 19.12.2006), affidandolo a due motivi. In entrambi i giudizi le parti intimate resistono con controricorso. Sono state depositate memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso, \M @P prospetta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 324, 2908 e 112 c.p.c., ed, al riguardo, rileva che il giudice del riesame aveva

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