Cass. civ., sez. I, sentenza 26/01/1987, n. 714
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La questione relativa all'ammissibilità dell'intervento di un creditore nel processo esecutivo può essere sollevata attraverso un'opposizione agli Atti esecutivi, la cui decisione, non incidendo sul merito della pretesa fatta valere dall'intervento, viene emessa dal giudice dell'esecuzione con una pronuncia che ha un'efficacia limitata al provvedimento stesso, nel duplice senso della riproponibilità della domanda d'intervento se maturino in seguito le condizioni della sua ammissibilità e, rispettivamente, della successiva autonoma proponibilità, in Sede di distribuzione della somma ricavata, di ogni eventuale questione inerente all'esistenza ed all'ammontare del credito e dei diritti di prelazione, secondo la previsione dell'art. 512 cod. proc. civ.. ( V 1235/64, mass n 301771; ( V 978/62, mass n 251609).*
L'art. 525 cod. proc. civ. quando richiede la certezza del credito per poter intervenire nel giudizio di esecuzione, intende soltanto prescrivere che il credito deve constare di elementi soggettivi ed oggettivi rilevabili da un documento, ma non pure che deve essere stato giudizialmente accertato, sicché è ammissibile anche lo intervento relativo ad un credito sub judice, salvo il definitivo giudizio di merito sulla sua esistenza, secondo la previsione dello art. 512 cod. proc. civ. - da ciò deriva che è ammissibile nel giudizio di esecuzione l'intervento dell'amministrazione finanziaria, il cui credito risulti da provvedimenti di natura fiscale, sebbene l'esistenza dello stesso sia oggetto di controversia innanzi alle commissioni tributarie. ( V 1382/69, mass n 340117; ( V 2020/64, mass n 302910).*