Cass. civ., sez. II, ordinanza 17/02/2023, n. 05105

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 17/02/2023, n. 05105
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05105
Data del deposito : 17 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 1015-2022 proposto da: GIAMPÀ CONCETTA MARIA, GIORDANO FRANCESCO, GIAMPÀ VINCENZO, DIVINO ANTONIO VINCENZO, DIVINO MARIA, GIAMPÀ TOMMASO, GIORDANO ROSARIA AMALIA, GIORDANO VINCENZO, rappresentati e difesi dall'avvocato R D giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti -

contro

M M, M M, M M L, rappresentati e difesi dall'avvocato S F F giusta procura in calce al controricorso;
Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -2- -controricorrenti - avverso la sentenza n. 817/2021 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 20/07/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2023 dal Consigliere Dott. M C;
Lette le memorie dei ricorrenti;

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione del 18 aprile 2016, R A G, V G, F G, T G, C M G, V G, A V D e M D convenivano M M, M M e M L M dinanzi al Tribunale di Torino al fine di ottenerne la condanna alla restituzione di € 209.814,90 ed al pagamento di € 5.938,00, sul presupposto di essere titolari delle somme appartenenti al defunto M G, e delle quali i convenuti si erano appropriati. Questi ultimi si costituivano deducendo che il defunto G M con il testamento del 29 agosto 2012 aveva posto in essere una institutio ex re certa in favore dei “nipoti M”, che essi convenuti, nella loro qualità di eredi, avevano diritto di prelevare le somme oggetto di causa e di cui al dossier titoli aperto presso Banca Fideuram – Sanpaolo Invest SIM, chiedendo il rigetto della domanda. Con sentenza n. 529\2019, il Tribunale dava atto che G M aveva revocato, con il testamento pubblico del 29 agosto 2012, il testamento olografo del 21 giugno 2012 nella seguente parte: “… e tutti i soldi circa 4.1000 mila euro Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -3- da dividere Parte tutti uguali ai miei nipote figli dei miei sorelle soldi che io o investito

PRESSO BANCA GRUPPO

Fideora SANPAolo invest. torino Corso REumberto 18.10.128 PRomotore

BANCARIO M BRORE

Del

GRUPPO

Fideora SANPaolo invest. 011-9538211/335000420 RIVOLI NIPOTI GIAMPA T G C e G E DVINOtonino Divino

MARIA

Divino

ENZO

Giordano V G

FRANCESCO

Giordano ROSITA”, dichiarava che G M con il testamento pubblico del 29 agosto 2012 aveva istituito eredi M M, M M e M L M attribuendo loro le somme di cui al dossier titoli n. 5/273894 rubrica 000 presso Banca Fideuram s.p.a. – Sanpaolo – Invest - SIM s.p.a., filiale di Rivoli, nonché le somme depositate sul conto corrente n. 64/273894, e per l’effetto rigettava la domanda attorea. Avverso tale sentenza proponevano appello gli attori, cui resistevano i convenuti, e la Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 817 del 20 luglio 2021, rigettava il gravame, con la condanna degli appellanti anche al rimborso delle spese di lite. I giudici di appello ricordavano come il 4 settembre 2012 era deceduto G M, vedovo e senza discendenti, il quale aveva redatto un testamento olografo recante la data del 21 giugno 2012 del seguente tenore: “… Io sotto scritto M G nato il 24-7-1936 A Reggio Calabria nella mia Piena capacità mentale dichiaro di lasciare alla mia MORTE tutto quello che io sono padrone di casa invia Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -4- Caselette n. 41 e del terreno che si trova in via Pietre ad Alpignano e tutti i soldi circa 4.10000 mila euro da dividere Parte tutti uguali ai miei nipote figli dei miei sorelle soldi che io o investito

PRESSO BANCA GRUPPO

Fideora SANPAolo invest. torino Corso REumberto 18.10.128 PRomotore

BANCARIO M BRORE

Del

GRUPPO

Fideora SANPaolo invest. 011-9538211/ 335000420 RIVOLI NIPOTI GIAMPA T G C e G E DVINO tonino Divino

MARIA

Divino

ENZO

Giordano V G

FRANCESCO

Giordano ROSITA dichiaro che alla mia MORTE MIDEVONO METTERE e devono comprare un loculo e Pagare le spese della mia sepoltura REVOCO e Annullo qualsiasi testamento lasciato in Precedenza in fede M G”. Aveva, poi, redatto testamento pubblico in data 29 agosto 2012 a rogito notaio P C C del seguente tenore: “… Lascio la casa di mia proprietà in Alpignano ai nipoti M;
lascio i liquidi in banca ai nipoti M”. I “nipoti M” erano i figli delle proprie sorelle mentre i “nipoti M” erano i figli della moglie premorta. Secondo i “nipoti M”, attori in primo grado, il secondo testamento non aveva revocato il precedente, ma aveva comunque disposto in loro favore dei titoli contenuti nel dossier n. 5/273894 rubrica 000 c/o Banca Fideuram S.p.a. – San Paolo Invest - Sim S.p.a. ed in favore dei M solo della liquidità giacente sul conto corrente, pari ad € 23.910,41. Era altresì emerso che i convenuti avevano chiesto alla Banca la vendita dei titoli, il cui controvalore corrispondeva ad € Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -5- 69.938,30 per ciascuno dei tre M in favore dei quali tali importi erano stati “bonificati”, mentre sul conto corrente residuavano, in forza di ulteriori disinvestimenti, € 226.781,13. La tesi dei convenuti, che era stata fatta propria anche dal Tribunale, era che l’espressione “liquidi in banca”, contenuta nel secondo testamento era da intendersi riferita alle intere disponibilità finanziarie e non al solo denaro depositato in conto corrente, ciò trovava il conforto anche delle deposizioni testimoniali raccolte in corso di causa, ed in particolare in quella del notaio rogante, dalla quale doveva ricavarsi che la volontà del testatore fosse quella di tenere separato il suo patrimonio immobiliare, attribuito agli attori, dal resto che lo stesso de cuius aveva in maniera onnicomprensiva incluso nella definizione di ‘liquidi’. Analogamente un atro teste escusso aveva riferito che il M avesse inteso attribuire ai convenuti tutto quanto era giacente presso l’istituto di credito, sia sotto forma di denaro che di investimenti. Il Tribunale aveva reputato che vi fosse stata una revoca parziale del testamento olografo, che l’espressione “liquidi in banca” fosse semanticamente riferibile non solo al denaro contante, ma anche a valori facilmente trasformabili in moneta, quali gli investimenti bancari, e ciò in quanto, anche nel linguaggio comune il termine “liquidi” o “liquidità” è inteso in termini più ampi dei termini “denaro” o “soldi”. Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -6- Quindi la Corte distrettuale disattendeva il primo motivo di appello con il quale si lamentava che il giudice di primo grado avesse dato atto della parziale revoca, da parte del testamento pubblico del 29 agosto 2012, del testamento olografo del 21 giugno 2012, riconoscendo ai convenuti la qualità di eredi, sebbene questi ultimi si fossero costituiti tardivamente nel giudizio di primo grado con la conseguente inammissibilità delle domande riconvenzionali da essi formulate. Secondo la sentenza di appello il motivo era inammissibile, in quanto i convenuti in primo grado non avevano dichiarato di voler proporre domande riconvenzionali ed avevano svolto argomentazioni che dovevano portare al rigetto delle domande degli attori per effetto dell’infondatezza dell’interpretazione data da questi ultimi al testamento pubblico. Il rigetto della domanda attorea di restituzione non richiedeva che gli appellati proponessero vere e proprie domande riconvenzionali ovvero eccezioni in senso proprio, essendo invece sufficiente dimostrare mediante argomentazioni costituenti mere difese l’erroneità della prospettazione degli attori. Alcun rilievo aveva quindi la tardiva costituzione dei convenuti né il Tribunale aveva riferito dell’accoglimento di una domanda riconvenzionale posto che il riferimento alla revoca del primo testamento rappresentava il mero antecedente logico del rigetto delle domande degli attori e non una Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -7- statuizione che consegua ad una specifica domanda riconvenzionale Quanto al secondo motivo di gravame, che lamentava l’erronea interpretazione del secondo testamento quanto all’espressione “i liquidi in banca”, secondo la Corte distrettuale era incensurabile la conclusione del giudice di prime cure secondo cui la stessa non poteva limitarsi ai soli contanti depositati in banca. Rilevava la sentenza d’appello che era condivisibile la soluzione secondo cui G M con il testamento pubblico aveva inteso dettare un assetto delle proprie disposizioni di ultima volontà nuovo rispetto a quello risultante dal precedente testamento olografo. Infatti, con il testamento pubblico aveva disposto nuovamente degli immobili in favore dei Giordano\Giampà\Divino conformemente a quanto era avvenuto con l’olografo, ma aveva diversamente disposto della parte mobiliare in favore dei M. Quanto alla componente mobiliare attribuita ai “nipoti M”, essa era stata identificata nel testamento pubblico con l’espressione “i liquidi in banca” che deve ritenersi sia proprio l’espressione intenzionalmente usata dal testatore. La Corte d’Appello richiamati i principi in tema di interpretazione del testamento onde pervenire all’individuazione del contenuto che risulti più adeguato e coerente con la reale intenzione del defunto, senza dove necessariamente dare prevalenza al significato letterale delle espressioni utilizzate, ha ribadito che G M non Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -8- possedeva una particolare competenza tecnica nel campo economico, finanziario e bancario o che in vita avesse svolto attività che comportassero conoscenze della terminologia tecnica utilizzata in tali settori e del relativo significato. Anzi dal tenore del testamento olografo si ricavava positivamente che il defunto non possedeva affatto dette cognizioni e che egli non aveva utilizzato con precisione le espressioni ivi contenute, avendo accomunato nella generica definizione di “tutti i soldi” sia la liquidità giacente sul conto corrente che le somme investite (e ciò anche alla luce del fatto che gli investimenti erano curati dallo stesso istituto bancario presso cui era stato accesso il conto corrente). Ad avviso dei giudici di appello il significato dell’espressione “i liquidi in banca” era oggettivamente e semanticamente compatibile sia con il saldo attivo del conto corrente che con investimenti prontamente liquidabili, soprattutto in considerazione della personalità del defunto e della terminologia da lui utilizzata nel redigere l’olografo, così che doveva concludersi nel senso che il M considerasse “soldi” sia il saldo attivo del conto corrente che quanto investito. Inoltre, gli stessi appellanti si dolevano dell’avvenuta liquidazione e dell’avvenuto pronto disinvestimento da parte della banca di somme che il defunto aveva investito il che dimostrava trattarsi di disponibilità in concreto assimilabili avera e propria liquidità. Passando ad esaminare il terzo ed il quarto motivo, con i quali si censurava l’ammissione e la valutazione delle prove Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -9- testimoniali, la sentenza li reputava assorbiti tenuto conto dell’interpretazione del testamento quale ricavabile dalle sole espressioni contenute nell’atto, che prescindeva dalla valutazione delle altre prove. Analoghe considerazioni valevano per il quinto motivo di appello che lamentava che il Tribunale non avesse tenuto conto dei rapporti tra le parti, e ciò anche in ragione del fatto che la prospettata intensità del rapporto intercorso con gli appellanti non comportava di per sé che il defunto avesse ragione di escludere i “nipoti M” dalla propria successione. Quanto al sesto motivo, secondo cui, avendo il Tribunale riconosciuto non esservi certezza in merito all’interpretazione del testamento, avrebbe dovuto esserne dichiarata la nullità, la Corte distrettuale, oltre a rilevare la parziale novità della questione riteneva che non vi fosse alcuna indeterminatezza tale da implicare la nullità del testamento pubblico. Avverso tale sentenza propongono ricorso Giordano R A G V G Francesco Giampà T G C M G Vincenzo Divino A V D Maria sulla base di tre motivi, illustrati da memorie. Gli intimati resistono con controricorso. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 166 e 167 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -10- Si ribadisce che i convenuti – nelle proprie comparse di risposta - non hanno richiesto il mero rigetto della domanda, bensì posto in essere vera e propria domanda riconvenzionale, così che è erroneo quanto sostenuto dai giudici di appello secondo cui gli attori in primo grado avevano formulato una domanda restitutoria che presupponeva la correttezza dell’interpretazione da essi fornita, sicché il rigetto di tale domanda non richiedeva che gli appellati proponessero vere e proprie domande riconvenzionali. La Corte d’Appello ha conferito la qualità di eredi in capo ai signori M L M, M M, M M in forza del testamento pubblico, con attribuzione a questi di tutto il patrimonio mobiliare del de cuius, accogliendo una domanda riconvenzionale tardivamente proposta. Il motivo è infondato. A fronte della domanda attorea volta ad ottenere il recupero delle somme, facenti parte del patrimonio ereditario, sul presupposto che i convenuti se ne fossero appropriati, in assenza di un valido titolo giustificativo, non potendosi inferire, sulla scorta del secondo testamento a loro favore, l’attribuzione anche degli investimenti posti in essere dal de ciuus, la difesa dei convenuti, finalizzata ad eccepire che in realtà era intervenuta una revoca del primo testamento (che gli stessi attori ponevano a fondamento delle loro pretese) e che quindi non fosse possibile avanzare alcuna domanda restitutoria, ove anche si ritenga che abbia dato vita ad una domanda riconvenzionale inammissibile, perché tardiva, Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -11- conserva tuttavia il valoredi contestazione dei fatti costitutivi della domanda attorea, e quindi ben poteva essere esaminata quale mera difesa dal giudice di merito, al ben più limitato fine di pervenire al rigetto della domanda attorea. Già tali considerazioni danno contezza della incensurabilità della decisione di appello. Ma a ciò deve altresì aggiungersi che la corretta qualificazione della domanda attorea, ancorché finalizzata alla restituzione di somme asseritamente appartenenti al de cuius, e delle quali i convenuti si sarebbero appropriati in quanto, a detta degli attori, privi della qualità di eredi, deve essere fatta in termini di azione di petizione ereditaria, ben potendo estendersi tale azione anche alle domande aventi finalità recuperatoria di crediti appartenenti al de cuius (cfr. Cass. n. 20024/2020;
Cass. n. 24034/2004). Da tale qualificazione deriva, come peraltro sostenuto dalla stessa difesa dei ricorrenti, che l’accoglimento od il rigetto della domanda di petizione ereditaria implichino necessariamente l’accertamento della qualità di erede (cfr. Cass. Sez. 2, 20/10/1984, n. 5304;
Cass. Sez. 2, 15/06/1999, n. 5920;
altresì Cass. Sez. 6 - 2, 10/02/2017, n. 3655;
Cass.n. 16409/2017). Era quindi una conseguenza della stessa domanda attorea la necessità per il giudice di dover verificare, nella specie con riferimento ai beni oggetto della domanda restitutoria, a chi spettasse la qualità di erede, e ciò anche in considerazione della successione cronologica delle schede testamentarie e del Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -12- loro contenuto, il che esclude che l’affermazione circa la incompatibilità della prima scheda olografa con quella successiva pubblica, quanto all’attribuzione delle somme e dei titoli investiti, costituisca l’accoglimento di una riconvenzionale inammissibile in quanto tardiva. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. da 1362 a 1369 c.c., in relazione agli artt. 533, 587, 588 e 682 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Secondo i ricorrenti la Corte territoriale avrebbe violato le norme di interpretazione della volontà testamentaria anche quanto alla conclusione circa l’avvenuta revoca per incompatibilità delle disposizioni contenute nel primo testamento. Si sostiene che sia erronea la soluzione del giudice di appello secondo cui il M abbia dato un “assetto di ultima volontà nuovo”, svalutando la mancata considerazione nel testamento pubblico di un terreno appartenente al de cuius. Inoltre, quanto alla componente mobiliare attribuita ai “nipoti M”, si contesta l’interpretazione dell’espressione “i liquidi in banca”, soprattutto ove si metta a confronto la stessa con la diversa espressione contenuta nell’olografo. Trattasi però di interpretazione arbitraria e non suffragata da alcun elemento logico giuridico, unito ad un’evidente omessa valutazione della documentazione probatoria, che comporta una violazione e falsa applicazione delle norme sui principi di ermeneutica di cui agli artt. 1362 ss. c.c. Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -13- Il motivo è inammissibile. Infatti, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi reiteratamente affermati da questa Corte secondo cui l'interpretazione del testamento, cui in linea di principio sono applicabili le regole di ermeneutica dettate dal codice in tema di contratti, con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio "mortis causa", è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, aldilà della dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua dell'art. 1362 c.c., va individuata con riferimento ad elementi intrinseci alla scheda testamentaria, sulla base dell'esame globale della scheda stessa e non di ciascuna singola disposizione (conf. Cass. n. 24637/2010;
Cass. n. 10075/2018;
Cass. n. 15931/2015). Nella fattispecie i giudici di merito con ampia ed adeguata motivazione hanno evidenziato che l’espressione contenuta nel testamento per individuare le attribuzioni in favore dei controricorrenti, fosse da intendersi estesa a tutte le giacenze (e non solo alle somme depositate sul conto corrente), presso l’istituto di credito indicato, ricomprendendovi anche gli investimenti effettuati in titoli. A tal fine è stata valorizzata l’espressione letterale utilizzata (tutti i liquidi) che, anche nel lessico comune, si presta a ricevere una portata ben più ampia di quella ristretta alle sole somme depositate, ed a tal fine, onde assicurare la maggiore corrispondenza dell’interpretazione all’effettiva volontà del de Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -14- cuius, si è fatto riferimento al grado di istruzione ed alle competenze professionali del testatore, che si è ritenuto non permettessero una netta distinzione tra somme giacenti e somme invece investite. Del pari è stato sottolineato che, proprio dalla scheda testamentaria invece invocata dai ricorrenti, era confermata la considerazione sostanzialmente unitaria di tutti i rapporti intrattenuti dal testatore con la banca, aggiungendosi, con riferimento al contenuto della scheda pubblica, come emergesse la volontà di ripartire tra i due gruppi di nipoti il patrimonio immobiliare e quello mobiliare (senza che possa attribuirsi, come peraltro evidenziato dai giudici di appello, rilievo alla mancata menzione del terreno nel secondo testamento, essendo confermata la volontà di procedere ad una diversa ripartizione, quanto meno per la componente mobiliare, ed avendo il Tribunale rilevato che quanto al terreno non sussisteva incompatibilità tra il primo ed il secondo testamento, sicché avrebbero continuato ad operare le previsioni del primo). Va quindi richiamato il principio secondo cui, con riguardo all'interpretazione del contenuto di una convenzione negoziale adottata dal giudice di merito (ovvero nei limiti di compatibilità con le norme di interpretazione contrattuali, di un testamento), l'invocato sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati appunto a quel giudice, ma deve appuntarsi esclusivamente sul (mancato) rispetto dei Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -15- canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 e ss. cod. civ., e sulla (in) coerenza e (il)logicità della motivazione addotta (cosi, tra le tante, Cass., Sez. 3, 10 febbraio 2015, n. 2465): l'indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione (vizi entrambi impredicabili con riguardo alla sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che non può trovare ingresso la critica della ricostruzione della volontà testamentaria operata dal giudice di merito che si traduca nella prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto esaminati dal giudice a quo. Il terzo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 n. 5 c.p.c.). Si lamenta che la Corte d’Appello ed ancor prima il Tribunale, avrebbero omesso la valutazione, da un lato, delle risultanze istruttorie in merito ai rapporti tra il de cuius e i ricorrenti, fondamentale nella ricostruzione della volontà testamentaria, e per altro verso, di considerare come facenti piena prova, recependoli senza il necessario e dovuto apprezzamento critico, elementi probatori soggetti invece a valutazione. Il motivo è inammissibile. In primo luogo, ove riguardato esclusivamente ai sensi del n. 5 dell’art. 360 co. 1 c.p.c., come appunto riportato nella rubrica, incorre nella preclusione di cui all’ultimo comma Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -16- dell’art. 348 ter c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, avendo la Corte d’appello confermato la decisione del Tribunale sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto. Ancora è inammissibile in quanto la doglianza, mira nella sostanza a sollecitare una diversa valutazione di alcuni elementi probatori, ma senza adeguatamente contrastare, essendo risultato privo di fondamento il secondo motivo di ricorso, la soluzione cui è pervenuta la Corte d’Appello secondo cui a sorreggere la conclusione ermeneutica che depone a sfavore dei ricorrenti, è lo stesso tenore della scheda testamentaria, la cui evidenza non richiede l’integrazione tramite il ricorso alle prove testimoniali, pur esperite in primo grado, e di cui in motivo si denuncia l’erronea valutazione. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. Ric. 2022 n. 01015 sez. S2 -ud. 08-02-2023 -17-
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