Cass. pen., sez. III, sentenza 16/02/2024, n. 9486

CASS
Sentenza
16 febbraio 2024
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Sentenza
16 febbraio 2024

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Ai fini della quantificazione dell'equa riparazione prevista per l'ingiusta detenzione dall'art. 314 cod. proc. pen., il ricorso al parametro aritmetico non esime il giudice dal valutare le specificità, positive o negative, di ciascun caso, senza che, ai fini della riduzione dell'entità dell'indennizzo, possa assumere rilievo alcuno la condizione di marginalità sociale dell'istante, non mutando il pregiudizio arrecato al bene della libertà personale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice di merito che aveva ridotto l'indennizzo in ragione di parametri quali lo stato di disoccupazione, la precaria condizione abitativa e la carenza di solide relazioni affettive dell'istante). (Conf.: n. 981 del 1992, Rv. 191862-01 e n. 860 del 1993, Rv. 194764-01).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 16/02/2024, n. 9486
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9486
Data del deposito : 16 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

09486-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE ACR Composta da 341 Sent. n. sez. Giovanni Liberati -- Presidente - Vittorio Pazienza CC - 16/02/2024 - Consigliere - Alessio Scarcella R.G.N. 38107/2023 Consigliere - Gianni Filippo Reynaud - Relatore - - Maria Beatrice Magro - Consigliere - In caso di cu def to precante ha pronunciato la seguente ometten enorm gli altri det dentifican a norma teil'an 58 SENTENZA d.lgs. 196/0 deprat sul ricorso proposto da ☐ a ric nato in [...] il omissis J.R. ☐ imposic c logg avverso l'ordinanza del 14/09/2023 della Corte di appello di Bari I.PURZI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Luand udita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria difensiva depositata nell'interesse del Ministero dell'Economia e delle Finanze dall'Avvocato dello Stato Mauro Gramaglia, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso con la liquidazione delle spese. M RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 14 settembre 2023, giudicando in sede di rinvio disposto da questa Corte Suprema con sent. n. 10127 del 2023, la Corte d'appello di Bari, fermo il già accertato diritto dell'istante alla riparazione per l'ingiusta carcerazione preventiva subita dal 28 ottobre 2017 al 29 gennaio 2019 in ordine ai reati di cui agli artt. 81, 609 bis, 572 cod. pen. e 3, comma 1, nn. 5 e 8, I. 75 del 1958, ha quantificato l'indennizzo in euro 75.000, operando una riduzione prossima al 30% rispetto alla misura standard quantificabile in base al c.d. criterio aritmetico.

2. Avverso detta ordinanza, per il tramite del difensore fiduciario l'istante ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con il primo motivo, l'errata applicazione ed interpretazione della legge penale in riferimento all'art. 314 cod. proc. pen. nonché l'illogicità della motivazione. Ci si duole, in particolare, del fatto che la Corte d'appello abbia giustificato la liquidazione del ridotto indennizzo, peraltro determinato in misura eguale a quella di cui all'ordinanza già annullata dalla Corte di cassazione, adducendo illegittimamente ragioni fondate su valutazioni di carattere sociale ed economico (l'assenza di una famiglia, la mancanza di un'abitazione, una condizione sociale disagiata) che, pena la violazione del principio di uguaglianza, non possono essere utilizzate per considerare meno afflittiva la carcerazione ingiustamente disposta per una serie di reati gravissimi.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso si deduce l'erronea applicazione della legge penale in merito alla quantificazione dell'indennizzo, effettuata, con mero giudizio equativo, senza alcun calcolo aritmetico e utilizzando una motivazione analoga a quella che sorreggeva l'ordinanza in precedenza annullata dalla Corte di legittimità.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l'erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. pen. per aver l'ordinanza impugnata integralmente compensato le spese nei rapporti con il Ministero dell'Economia e delle Finanze benché questo non si fosse costituito nel giudizio di rinvio ma soltanto nel precedente grado di legittimità, rispetto al quale la Corte di cassazione aveva demandato al giudice del rinvio la liquidazione delle spese. Pur affermando che questi avrebbe potuto considerare l'intera procedura per giungere ad una complessiva valutazione della vicenda ai fini di un'eventuale compensazione delle spese, si lamenta che ciò non sia in realtà avvenuto. CONSIDERATO IN DIRITTO 2 of 7 1. I primi due motivi di ricorso – da esaminarsi congiuntamente per l'evidente connessione sono fondati ed assorbenti.

2. Per quanto qui rileva, va rammentato che la sentenza rescindente ha annullato la precedente ordinanza resa dalla Corte territoriale censurando il fatto che, nel disporre la riduzione dell'indennizzo rispetto alla somma calcolata in base al criterio aritmetico della somma standard di euro 235 per i 458 giorni di carcerazione ingiustamente sofferta, il giudice di merito aveva in modo preponderante valutato un dato esperienziale non utilizzabile secondo il più recente e condiviso orientamento interpretativo, vale a dire che una pregressa carcerazione per altra causa renderebbe di per sé meno afflittiva la detenzione subita in occasione di una successiva vicenda processuale. Nel compiere il nuovo giudizio, il giudice del rinvio si è attenuto al principio di diritto affermato e ha espressamente escluso di attribuire rilevanza ai periodi di carcerazione che l'istante aveva in precedenza subito (non soltanto quello considerato dalla sentenza rescindente, ma anche altri due di cui l'ordinanza impugnata dà conto).

3. La riduzione dell'indennizzo calcolato secondo il criterio standard è stata invece motivata sul rilievo che la condizione personale dell'istante, «almeno nel periodo in cui fu sottoposto alla misura custodiale, era quella di un uomo che viveva in una situazione di accentuata marginalità socio-economica e di subalternità culturale», caratterizzata da una «angustia abitativa (container, baracca, casa abbandonata) [che] non può non aver mitigato il patimento naturalmente connesso alla restrizione carceraria». Secondo il giudice del rinvio, questa condizione ed ulteriori fattori personali («era all'epoca privo di occupazione e di rapporti affettivi di qualsivoglia natura»),

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