Cass. civ., sez. II, sentenza 20/03/2015, n. 5659
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Il donante ha solo il potere di dispensare il donatario dalla collazione, ma non può in alcun modo vincolare il donatario stesso, che sia tenuto alla collazione, a conferire l'immobile in natura o attuare la collazione per imputazione.
Nella divisione ereditaria, una volta che il condividente donatario abbia optato per la collazione per imputazione - che si differenzia da quella in natura per il fatto che i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del medesimo condividente -, la somma di denaro corrispondente al valore del bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione, viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato, costituendo in tal modo "ab origine" un debito di valuta a carico del donatario, cui si applica il principio nominalistico. Ne consegue che devono essere imputati non i frutti civili dell'immobile oggetto di collazione, ma gli interessi legali sulla predetta somma, con decorrenza dal momento dell'apertura della successione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O M - Presidente -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. O A - rel. Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
Dott. P E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21385-2012 proposto da:
NAPOLEONI ADRIANA NPLDRN29R61H501H, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 19, presso lo studio dell'avvocato F L, che la i rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
DI PIETRO GIOVANNA, NAPOLEONI MARCELLA;
- intimati -
Nonché da:
NAPOLEONI MARCELLA C.F. NPLMCL33A49H501T, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE PRATI 22, presso lo studio dell'avvocato M P D B, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NICOLÒ LIPARI, SIMONE VENEZIANO;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
NAPOLEONI ADRIANA NPLDRN29R61H501H, DI PIETRO GIOVANNA;
- intimati -
Nonché da:
DI PIETRO GIOVANNA C.F. DPTGNN24S68D493T, IN QUALITÀ DI EREDE DI NAPOLEONI GIORGIO, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO CHIGI, 9, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO PROTA, rappresentata e difesa dall'avvocato DARIO SCIMÈ;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
NAPOLEONI ADRIANA NPLDRN29R61H501H, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 19, presso lo studio dell'avvocato LUIGI FARENGA, che la rappresenta e difende;
NAPOLEONI MARCELLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. MARIA DELL'ANIMA 58, presso lo studio dell'avvocato M P D B, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NICOLÒ LIPARI, SIMONE VENEZIANO;
- controricorrenti all'incidentale -
contro
DI PIETRO GIOVANNA;
- intimata -
Nonché da:
DI PIETRO GIOVANNA PARTE RICOSTITUITASI CON C/RIC E RIC INCID CON NUOVO DIFENSORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DÈ CALBOLI 9, presso lo studio dell'avvocato PIERO SANDULLI, che la rappresenta e difende;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
NAPOLEONI ADRIANA NPLDRN29R61H501H, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 19, presso lo studio dell'avvocato LUIGI FARENGA, che la rappresenta e difende;
- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
DI PIETRO GIOVANNA, NAPOLEONI MARCELLA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 2753/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 22/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;
udito l'Avvocato Farenga Luigi difensore di N A che si riporta agli atti depositati;
udito l'Avv. Di Biagio Maria Paola e l'Avv. Veneziano Simone difensori di N M, l'Avv. Scoirne Dario difensore di D P G, l'Avv. Sandulli Piero difensore di D P G costituitasi con controricorso e ricorso incidentale, i quali si riportano agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI FRANCESCA che ha concluso per l'inammissibilità - improcedibilità, in subordine, il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
CONSIDERATO IN FATTO
Il 29 novembre 1978 decedeva in Roma N Ermenegildo lasciando testamento pubblico datato 26 ottobre 1978, nel quale - fra l'altro e per quanto interessa oggi in questa sede - si premetteva che "l'intero palazzetto di Roma Vicolo delle Vacche 3 fu acquistato con mio denaro per cui la nuda proprietà a favore di mio figlio G (come dal rogito notaio Francesco Antonelli in data 28 marzo 1947) fu oggetto di una mia donazione indiretta allo stesso figlio G col preciso intento di fargli ereditare l'intero immobile alla mia morte, senza fargli pagare le imposte di successione".
Con atto di citazione notificato il 31 gennaio ed il 1 febbraio 1979 la figlia del detto de cuius N M conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma i propri germani coeredi N G ed A chiedendo la declaratoria di simulazione dell'acquisto, da parte del fratello, della nuda proprietà del suddetto fabbricato e di considerarlo donazione indiretta, l'ulteriore declaratoria che il testamento del genitore scomparso non era stata rispettata nei suoi confronti, nonché di disporre la collazione di tutti i beni ereditari alla massa da dividere in modo da dare attuazione alla volontà del de cuius, di assegnare a ciascuno dei coeredi la rispettiva quota con il relativo possesso e, in subordine, di assegnare ad essa medesima e previa riduzione nei confronti dei coeredi la quota di legittima, facendo obbligo ai convenuti di provvedere al rendimento dei conti". Instauratosi il contraddittorio, la germana N A, nel costituirsi, esponeva di aver anch'essa richiesta la collazione con citazione notificata l'11 dicembre 1978 e non seguita da iscrizione a ruolo sul presupposto di una soluzione bonaria della controversia, aderiva.
Il convenuto fratello N G resisteva, chiedendone il rigetto, all'avversa domanda della germana ed, in via riconvenzionale, chiedeva l'accertamento della nullità del citato testamento pubblico per incapacità di intendere e volere del testatore, nonché - ancora - disporre la collazione alla massa ereditaria delle donazioni ricevute da entrambe le germane. All'esito la N A provvedeva a riassumere la causa, che - come accennato - aveva, in precedenza, promosso e la iscriveva a molo.
Dalla riunione dei due giudizi scaturiva il processo, di durata ultratrentennale, per cui oggi è causa, contrassegnato - fra l'altro e come da atti - dalla costituzione in giudizio di D P G quale unica erede del marito N G (deceduto il 7 novembre 1988) e da molteplici pronunce. Fra queste, innanzitutto, la sentenza non definitiva in data 30 novembre 1984/23 settembre 1985, con cui il Tribunale di Roma (rimettendo le parti innanzi al G.I. per il prosieguo del giudizio) rigettava la domanda diretta a far dichiarare simulato il suindicato contratto di acquisto, nonché quelle dirette a far disporre la collazione dell'immobile come in epigrafe acquistato o, comunque, del prezzo erogato per l'acquisto della nuda proprietà di N G. A detta prima decisione del Giudice di primo grado seguivano, in successione, la sentenza 9 febbraio 1988-18 gennaio 1989 della Corte di appello di Roma, che - in parziale riforma della precedente sentenza - ordinava a N G di conferire alla massa relitta dal de cuius la somma di L. quattro milioni a lui donata dal defunto genitore per l'acquisto della nuda proprietà del fabbricato in contestazione con i relativi interessi legali decorrenti dalla data di apertura della successione;
la decisione n. 9282 del 5 agosto 1992 delle SS.UU. di questa Corte, la quale affermava che oggetto della donazione e del conseguente conferimento era, ex art. 737 c.c., l'immobile e non il denaro impiegato per l'acquisto del medesimo;
la sentenza, in esito al conseguente giudizio di rinvio, della Corte di Appello di Roma del 25 luglio 1994 con la quale veniva ordinato il conferimento alla massa ereditaria della sola nuda proprietà dell'immobile suddetto, sentenza di poi impugnata in sede di legittimità ed annullata, in punto, dal questa Corte (che in data 3 maggio 1997, respingendo il ricorso della D P, accoglieva i ricorsi delle germane N per la parte in cui era stato, dal giudice del merito, ordinato il conferimento alla massa ereditaria della sola nuda proprietà) ed, a sua volta, seguita dalla pronuncia della Corte distrettuale capitolina del 27 dicembre 2000, con la quale - in riforma della prima sentenza, non definitiva, di primo grado - si disponeva il conferimento alla massa ereditaria, da parte della D P, della piena proprietà dell'edificio di Vicolo delle Vacche. A questo punto il Tribunale di Roma, proseguendo il giudizio non definito a seguito della citata impugnata sentenza parziale del 23 settembre 1985 provvedeva alla riunione dell'originario giudizio con altro nelle more avviato, con citazione del 1995, dalle sorelle N nei confronti della D P per sentire accertato e dichiarato che la quota spettante alla convenuta ed al suo dante causa non poteva superare quella di 2/9 riservata ai legittimari sul presupposto che il fratello G, rifiutando l'accettazione delle disposizioni testamentarie paterne aveva diritto a conseguire solo quanto riservato per legge (per completezza, in tale ultimo giudizio instaurato la D P resisteva, eccependo l'inammissibilità della domanda delle anzidette germane in quanto già proposta e respinta nel pregresso giudizio di rinvio innanzi alla Corte di Appello). Con sentenza parziale n. 22482/2002 il Tribunale di Roma rigettava l'impugnazione del testamento proposta da N G per incapacità del testatore N Ermenegildo, già deceduto il 29 novembre 1978 lasciando testamento pubblico datato 26 ottobre 1978. Con sentenza definitiva n. 22938/2006 lo stesso Tribunale capitolino condannava D P G a versare a N M la somma di Euro 309.449,62 oltre interessi legali con decorrenza dal 29 novembre 1978 e a N A la somma di Euro 226.995,27 oltre interessi legali dalla medesima decorrenza.
Avverso le anzidette decisioni del Tribunale interponevano appello:
- in via principale, N M, che deducendo la nullità ed erroneità della sentenza, per aspetti formali (violazione dell'art. 132 c.p.c.) e di merito (diversità delle somme da versare ad essa) chiedeva la sua integrale riforma;
- N A, che chiedeva il rigetto per infondatezza dell'appello principale e svolgeva appello incidentale al fine di veder accertata l'esatta consistenza delle somme da restituire per la affermata collazione per imputazione;
- D P G, che instava per l'inammissibilità e comunque il rigetto nel merito dell'appello principale, proponendo appello incidentale al fine di veder accolte le sue già formulate conclusioni di primo grado (dichiarazione di nullità del testamento del defunto per sua incapacità di intendere e volere). All'esito delle conclusioni rassegnate innanzi al Consigliere Istruttore - secondo il rito vigente anteriormente al 1