Cass. pen., SS.UU., sentenza 29/11/2019, n. 48590
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul conflitto di competenza sollevato dal Tribunale di Genova in composizione collegiale con ordinanza del 17/05/2018 nei confronti del Tribunale di Genova in composizione monocratica nel procedimento nei confronti di 1. S C, nato a Genova il 17/07/1955;
2. C P, nato a Genova il 09/02/1958;
3. D'Alema Pietro Antonio, nato a Milano il 09/07/1970;
4. B M, nato a Genova il 20/07/1961;
5. F P, nata a Milano il 20/01/1956;
6. B C, nata a Genova il 12/02/1957;
7. A.M.I.U. Genova S.p.A. visti gli atti e i provvedimenti del giudice in conflitto;
udita la relazione svolta dal componente S M;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale aggiunto F M I, che ha concluso per la dichiarazione di competenza del giudice monocratico di Genova.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Genova in composizione collegiale ha, con ordinanza del 17 maggio 2018, sollevato conflitto ai sensi dell'art. 28, comma 2, cod. proc. pen. in riferimento al provvedimento in data 22 febbraio 2018 con il quale lo stesso Tribunale in composizione monocratica ha ritenuto che la cognizione del procedimento nei confronti di S C, C P, D'Alema Pietro Antonio, F P, B M e B C - imputati dei reati loro rispettivamente contestati, commessi nella gestione della discarica di S - appartenesse al Tribunale in composizione collegiale ed ha conseguentemente disposto la trasmissione degli atti al collegio. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova aveva chiesto il rinvio a giudizio dei suddetti imputati per plurimi illeciti contravvenzionali in materia ambientale;
F P era invece accusata anche del delitto di abuso di ufficio. L'azione penale è stata esercitata con richiesta di rinvio a giudizio, in applicazione dell'art.551 cod. proc. pen., sulla base della ravvisata esistenza di connessione tra l'imputazione di cui all'art. 323 cod. pen. ascritta alla sola Fontanella, comportante la cognizione del tribunale in composizione collegiale e la celebrazione dell'udienza preliminare, e tutte le altre imputazioni. In data 30 giugno 2016 il giudice dell'udienza preliminare ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere per il reato di cui all'art. 323 cod. pen. e, ritenendo che tale pronuncia avesse determinato il venir meno della cognizione del tribunale in composizione collegiale, ha ordinato il rinvio a giudizio per i residui capi di imputazione dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Con ordinanza del 22 febbraio 2018, il tribunale in composizione monocratica ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale in composizione collegiale, ritenendo che l'attribuzione della cognizione derivante da connessione divenga definitiva con la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio, sicché l'attribuzione al collegio non viene meno per effetto della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere in relazione al reato che ha determinato l'attrazione dell'intero procedimento alla cognizione del tribunale collegiale. A fronte di tale decisione, il tribunale in composizione collegiale ha, con l'ordinanza sopra citata, sollevato conflitto ai sensi dell'art. 28, comma 2, cod. proc. pen., contestando il principio secondo cui la competenza per connessione si radica nel momento in cui il pubblico ministero esercita l'azione penale e ritenendo che, almeno nel caso in cui l'azione penale viene esercitata con richiesta di rinvio a giudizio ed è sottoposta, prima del dibattimento, a vaglio giurisdizionale, gli effetti della connessione sulla composizione del giudice si producono definitivamente solo a partire dalla conclusione dell'udienza preliminare, di tal che, se all'esito dell'udienza preliminare interviene il proscioglimento per il reato attributo al collegio, il rinvio a giudizio va disposto per le restanti imputazioni dinanzi al tribunale in composizione monocratica, anche qualora per i reati residui sia prevista la citazione diretta. 2 E 2. La Prima Sezione Penale, cui il ricorso è stato assegnato, ha in primo luogo dato atto dell'ammissibilità del conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica e collegiale, atteso che il contrasto tra due organi giurisdizionali in ordine al riparto di attribuzione determina una stasi processuale riconducibile ad uno dei casi analoghi disciplinati dall'art. 28, comma 2, cod. proc. pen. Ha poi rilevato l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla portata dell'art.33-quater cod. proc. pen., osservando che sono state date soluzioni difformi al quesito se la norma in questione è istitutiva di un criterio originario ed autonomo di attribuzione della cognizione, irrevocabile dopo l'esercizio dell'azione penale e quindi indifferente al venir meno della connessione in conseguenza di decisioni adottate dal giudice dell'udienza preliminare, ovvero se ha una portata più limitata ed è operante solo qualora la connessione tra reati attribuiti al tribunale in diversa composizione permanga anche all'esito dell'udienza preliminare. L'ordinanza di rimessione richiama in primo luogo l'orientamento - affermato da Sez. 1, n. 69 del 17/10/2013 - dep. 2014, confl. comp. in proc. Mone, Rv. 258395 - secondo cui l'attribuzione dei procedimenti alla cognizione del giudice collegiale, determinata da ragioni di connessione, diviene definitiva ed irrevocabile per effetto dell'esercizio dell'azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio nella cancelleria del giudice, in applicazione del principio di perpetuati° iurisdictionis. Questa lettura della disposizione in esame non è condivisa da altra e più risalente decisione di questa Corte (Sez. 6, n. 38298 del 09/07/2003, Gastaldello, Rv. 227047), secondo cui la forza attrattiva della competenza del tribunale in composizione collegiale, prevista dall'art. 33 -quater cod. proc. pen., viene meno qualora il giudice dell'udienza preliminare ritenga - a seguito dell'attribuzione al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa ovvero del venir meno delle ragioni di connessione - di essere stato erroneamente investito della richiesta di rinvio a giudizio in relazione ad un reato per il quale è prevista la citazione diretta, dovendo egli disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 33 -sexies cod. proc. pen., perché quest'ultimo emetta il decreto di citazione a giudizio nei confronti degli imputati per diverso reato attribuito al tribunale in composizione monocratica. La Sezione rimettente individua un primo profilo problematico con riferimento alla rilevanza o meno delle decisioni assunte all'esito dell'udienza preliminare in ordine al riparto di attribuzione tra la cognizione del giudice collegiale e monocratico. Qualora tale quesito dovesse essere risolto nel senso che la cognizione si stabilisce definitivamente solo all'esito dell'udienza preliminare e, quindi, tenendo conto anche di quelle decisioni che possono far venir meno la cognizione del tribunale in composizione collegiale, la Prima Sezione chiede di stabilire se, in tal caso, in presenza di reati di competenza monocratica per i quali non sarebbe stata necessaria la celebrazione dell'udienza preliminare, il giudice debba disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché proceda con la citazione a giudizio, ovvero possa disporre ugualmente il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica.Sulla base del rilevato contrasto il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite.
3. Con decreto del 28 gennaio 2019, il Primo Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini : "Se gli effetti della connessione sull'attribuzione monocratica o collegiale si determinano al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero del rinvio a giudizio da parte del giudice dell'udienza preliminare e se, a seguito di tale udienza, qualora venga meno la connessione per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento, il giudice possa disporre il rinvio a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica anche nel caso in cui residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio ovvero debba restituire gli atti al pubblico ministero". La questione, così come prospettata nell'ordinanza della Prima Sezione, si compone di due nuclei problematici, collegati tra loro, rispettivamente relativi alla portata dell'art. 33 -quater cod. proc. pen. e alla sua articolazione con i successivi articoli del codice di rito in materia di inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. Il primo aspetto del problema attiene alla determinazione del momento nel quale gli effetti della connessione sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale assumono carattere definitivo e irreversibile. Il secondo, eventualmente consequenziale, profilo della questione riguarda l'individuazione del provvedimento che il giudice dell'udienza preliminare deve adottare allorché, all'esito di tale udienza, la connessione prefigurata nella richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero venga meno per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento e residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio.
2. Correttamente la Sezione rimettente ha registrato un contrasto interpretativo, peraltro limitato a due sole pronunce, circa il momento in cui l'attribuzione della cognizione al tribunale in composizione collegiale o monocratica per ragioni di connessione diviene irrevocabile.
2.1. L'orientamento più recente radica la cognizione con riferimento al momento in cui viene esercitata l'azione penale (Sez. 1, n. 69 del 17/10/2013 - dep. 2014, Confl. comp. in proc. Mone, Rv. 258395). Chiamata a risolvere il conflitto tra il tribunale in composizione monocratica e quello in composizione collegiale sorto dopo che per il
2. C P, nato a Genova il 09/02/1958;
3. D'Alema Pietro Antonio, nato a Milano il 09/07/1970;
4. B M, nato a Genova il 20/07/1961;
5. F P, nata a Milano il 20/01/1956;
6. B C, nata a Genova il 12/02/1957;
7. A.M.I.U. Genova S.p.A. visti gli atti e i provvedimenti del giudice in conflitto;
udita la relazione svolta dal componente S M;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale aggiunto F M I, che ha concluso per la dichiarazione di competenza del giudice monocratico di Genova.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Genova in composizione collegiale ha, con ordinanza del 17 maggio 2018, sollevato conflitto ai sensi dell'art. 28, comma 2, cod. proc. pen. in riferimento al provvedimento in data 22 febbraio 2018 con il quale lo stesso Tribunale in composizione monocratica ha ritenuto che la cognizione del procedimento nei confronti di S C, C P, D'Alema Pietro Antonio, F P, B M e B C - imputati dei reati loro rispettivamente contestati, commessi nella gestione della discarica di S - appartenesse al Tribunale in composizione collegiale ed ha conseguentemente disposto la trasmissione degli atti al collegio. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova aveva chiesto il rinvio a giudizio dei suddetti imputati per plurimi illeciti contravvenzionali in materia ambientale;
F P era invece accusata anche del delitto di abuso di ufficio. L'azione penale è stata esercitata con richiesta di rinvio a giudizio, in applicazione dell'art.551 cod. proc. pen., sulla base della ravvisata esistenza di connessione tra l'imputazione di cui all'art. 323 cod. pen. ascritta alla sola Fontanella, comportante la cognizione del tribunale in composizione collegiale e la celebrazione dell'udienza preliminare, e tutte le altre imputazioni. In data 30 giugno 2016 il giudice dell'udienza preliminare ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere per il reato di cui all'art. 323 cod. pen. e, ritenendo che tale pronuncia avesse determinato il venir meno della cognizione del tribunale in composizione collegiale, ha ordinato il rinvio a giudizio per i residui capi di imputazione dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Con ordinanza del 22 febbraio 2018, il tribunale in composizione monocratica ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale in composizione collegiale, ritenendo che l'attribuzione della cognizione derivante da connessione divenga definitiva con la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio, sicché l'attribuzione al collegio non viene meno per effetto della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere in relazione al reato che ha determinato l'attrazione dell'intero procedimento alla cognizione del tribunale collegiale. A fronte di tale decisione, il tribunale in composizione collegiale ha, con l'ordinanza sopra citata, sollevato conflitto ai sensi dell'art. 28, comma 2, cod. proc. pen., contestando il principio secondo cui la competenza per connessione si radica nel momento in cui il pubblico ministero esercita l'azione penale e ritenendo che, almeno nel caso in cui l'azione penale viene esercitata con richiesta di rinvio a giudizio ed è sottoposta, prima del dibattimento, a vaglio giurisdizionale, gli effetti della connessione sulla composizione del giudice si producono definitivamente solo a partire dalla conclusione dell'udienza preliminare, di tal che, se all'esito dell'udienza preliminare interviene il proscioglimento per il reato attributo al collegio, il rinvio a giudizio va disposto per le restanti imputazioni dinanzi al tribunale in composizione monocratica, anche qualora per i reati residui sia prevista la citazione diretta. 2 E 2. La Prima Sezione Penale, cui il ricorso è stato assegnato, ha in primo luogo dato atto dell'ammissibilità del conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica e collegiale, atteso che il contrasto tra due organi giurisdizionali in ordine al riparto di attribuzione determina una stasi processuale riconducibile ad uno dei casi analoghi disciplinati dall'art. 28, comma 2, cod. proc. pen. Ha poi rilevato l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla portata dell'art.33-quater cod. proc. pen., osservando che sono state date soluzioni difformi al quesito se la norma in questione è istitutiva di un criterio originario ed autonomo di attribuzione della cognizione, irrevocabile dopo l'esercizio dell'azione penale e quindi indifferente al venir meno della connessione in conseguenza di decisioni adottate dal giudice dell'udienza preliminare, ovvero se ha una portata più limitata ed è operante solo qualora la connessione tra reati attribuiti al tribunale in diversa composizione permanga anche all'esito dell'udienza preliminare. L'ordinanza di rimessione richiama in primo luogo l'orientamento - affermato da Sez. 1, n. 69 del 17/10/2013 - dep. 2014, confl. comp. in proc. Mone, Rv. 258395 - secondo cui l'attribuzione dei procedimenti alla cognizione del giudice collegiale, determinata da ragioni di connessione, diviene definitiva ed irrevocabile per effetto dell'esercizio dell'azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio nella cancelleria del giudice, in applicazione del principio di perpetuati° iurisdictionis. Questa lettura della disposizione in esame non è condivisa da altra e più risalente decisione di questa Corte (Sez. 6, n. 38298 del 09/07/2003, Gastaldello, Rv. 227047), secondo cui la forza attrattiva della competenza del tribunale in composizione collegiale, prevista dall'art. 33 -quater cod. proc. pen., viene meno qualora il giudice dell'udienza preliminare ritenga - a seguito dell'attribuzione al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa ovvero del venir meno delle ragioni di connessione - di essere stato erroneamente investito della richiesta di rinvio a giudizio in relazione ad un reato per il quale è prevista la citazione diretta, dovendo egli disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 33 -sexies cod. proc. pen., perché quest'ultimo emetta il decreto di citazione a giudizio nei confronti degli imputati per diverso reato attribuito al tribunale in composizione monocratica. La Sezione rimettente individua un primo profilo problematico con riferimento alla rilevanza o meno delle decisioni assunte all'esito dell'udienza preliminare in ordine al riparto di attribuzione tra la cognizione del giudice collegiale e monocratico. Qualora tale quesito dovesse essere risolto nel senso che la cognizione si stabilisce definitivamente solo all'esito dell'udienza preliminare e, quindi, tenendo conto anche di quelle decisioni che possono far venir meno la cognizione del tribunale in composizione collegiale, la Prima Sezione chiede di stabilire se, in tal caso, in presenza di reati di competenza monocratica per i quali non sarebbe stata necessaria la celebrazione dell'udienza preliminare, il giudice debba disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché proceda con la citazione a giudizio, ovvero possa disporre ugualmente il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica.Sulla base del rilevato contrasto il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite.
3. Con decreto del 28 gennaio 2019, il Primo Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini : "Se gli effetti della connessione sull'attribuzione monocratica o collegiale si determinano al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero del rinvio a giudizio da parte del giudice dell'udienza preliminare e se, a seguito di tale udienza, qualora venga meno la connessione per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento, il giudice possa disporre il rinvio a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica anche nel caso in cui residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio ovvero debba restituire gli atti al pubblico ministero". La questione, così come prospettata nell'ordinanza della Prima Sezione, si compone di due nuclei problematici, collegati tra loro, rispettivamente relativi alla portata dell'art. 33 -quater cod. proc. pen. e alla sua articolazione con i successivi articoli del codice di rito in materia di inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. Il primo aspetto del problema attiene alla determinazione del momento nel quale gli effetti della connessione sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale assumono carattere definitivo e irreversibile. Il secondo, eventualmente consequenziale, profilo della questione riguarda l'individuazione del provvedimento che il giudice dell'udienza preliminare deve adottare allorché, all'esito di tale udienza, la connessione prefigurata nella richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero venga meno per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento e residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio.
2. Correttamente la Sezione rimettente ha registrato un contrasto interpretativo, peraltro limitato a due sole pronunce, circa il momento in cui l'attribuzione della cognizione al tribunale in composizione collegiale o monocratica per ragioni di connessione diviene irrevocabile.
2.1. L'orientamento più recente radica la cognizione con riferimento al momento in cui viene esercitata l'azione penale (Sez. 1, n. 69 del 17/10/2013 - dep. 2014, Confl. comp. in proc. Mone, Rv. 258395). Chiamata a risolvere il conflitto tra il tribunale in composizione monocratica e quello in composizione collegiale sorto dopo che per il
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