Cass. pen., sez. III, sentenza 26/08/2021, n. 32237

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 26/08/2021, n. 32237
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32237
Data del deposito : 26 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P G, nato a Fagnano Olona il 30/05/1950 avverso la sentenza del 2§/06/2020 della Corte d'appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere E G;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L G, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano con cui l'imputato era stato condannato, alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, in relazione al reato di cui all'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché quale legaltfe1Taociét11ercurio srl, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava nelle dichiarazioni dei redditi relative all'anno di imposta 2010, elementi passivi fittizi contabilizzando fatture per operazioni inesistenti emesse da Euro Team s.a.s., per l'importo di C 296.160,00,00, da Video Data System srl, per l'importo di C 252.720,0 e da Global Consulting s.a.s, per l'importo di C 264.240,00. In Milano il 29/09/2011 quanto alla dichiarazione dell'Iva e in data 27/03/2012 quanto alla dichiarazione Ires.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall'art. 173 disp. att. cod.proc.pen.

2.1. Col primo motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all'erronea applicazione dell'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e art. 110 cod.pen. per la dichiarazione Ires presentata in data 27/03/2012 dal legale rappresentante. Premette il ricorrente che in data 20 dicembre 2011, la società Mercurio srl era stata sciolta e posta in liquidazione, che l'imputato cessava la qualifica di amministratore, essendogli subentrato quale liquidatore G P, figlio dell'imputato, che la sede sociale veniva trasferita e che tale dato sarebbe stato travisato in quanto erroneamente era stata ritenuta, dai giudici del merito, l'effettiva sottoscrizione olografa della dichiarazione Ires da parte dell'imputato non essendo ciò evincibile dallo stesso modulo dichiarativo tramesso dall'intermediario per conto della società e non essendo più, l'imputato Gianfranco P, il legale di questa. Il delitto di cui all'art. 2 cit. in quanto reato proprio sarebbe ascrivibile solo al legale rappresentante alla data di presentazione della dichiarazione a nulla rilevando che le false fatture contestate siano state contabilizzate in epoca precedente allorchè l'amministratore della società era soggetto diverso. Nè potrebbe configurarsi il concorso dell'extraneus nel delitto in questione come avrebbe ritenuto la corte territoriale sulla erronea affermazione che l'imputato era stato amministratore negli anni precedenti alla cessazione della carica sociale, non ravvisandosi i presupposti individuati dalla giurisprudenza di legittimità sul concorso ex art. 110 cod.pen. nei reati propri, cosi come non sarebbe neppure punibile il fatto quale delitto tentato a mente dell'art. 6 del medesimo decreto.

2.2. Col secondo motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all'art. 521, 522 cod.proc.pen., art. 178 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. e art. 125 cod.proc.pen. Argomenta il ricorrente che a seguito dell'immutazione del fatto, la corte territoriale avrebbe escluso la violazione dell'art. 521 cod.proc.pen. nel caso in cui, contestato a taluno un reato uti singuli se ne sia affermata la responsabilità in concorso con altri. La corte territoriale avrebbe ritenuto che non vi fosse una trasformazione essenziale del fatto addebitato avendo l'imputato potuto espletare in maniera piena e completa il diritto di difesa. Tale conclusione sarebbe errata in diritto poiché nel caso in esame si verserebbe in una ipotesi di radicale trasformazione della contestazione di un reato proprio in una ipotesi di concorso in un reato commesso da altri. 2 7u-ex 2.3. Col terzo motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all'art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 e art. 1 comma 4, d.P.R. 322 del 22 luglio 1998. Premesso che la corte territoriale avrebbe ritenuto che la dichiarazione Ires, inviata telematicamente il 27 marzo 2012, indicava quale relativo e apparente firmatario l'odierno ricorrente, che alla data della presentazione non era più il legale rappresentante, tale dichiarazione non potrebbe essere considerata validamente presentata perché presentata senza il rispetto delle modalità previste dal d.P.R. 322 del 1998, e sarebbe nulla in quanto firmata da persone diversa dal legale rappresentante della società contribuente che, in caso di persone giuridiche, è il legale rappresentante della stessa e tale dichiarazione nulla non sarebbe sanabile ai sensi del medesimo decreto. Da cui consegue l'assorbimento della fattispecie dichiarativa nell'alveo dell'art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 su cui la corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi.

2.4. Col quarto motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all'art. 191, 195 cod.proc.pen. e art. 220 disp. att. cod.proc.pen., art. 125 cod.proc.pen. Inutilizzabilità in parte qua delle dichiarazioni rese dalla teste T, omessa risposta sulla deduzione della violazione dell'art. 220 disp. att. cod.proc.pen.

2.5. Col quinto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione all'affermazione della responsabilità penale in relazione alla dimostrazione all'effettiva esistenza ed operatività delle società facenti capo a Sergio T e sull'inesistenza delle operazioni indicate nelle fatture.

2.6. Col sesto motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione all'art. 603 cod.proc.pen. in relazione alla ritenuta inammissibilità della richiesta di integrazione istruttoria volta all'assunzione dell'esame ex art. 210 cod.proc.pen. di Sergio T, e all'art. 12 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 in relazione all'impossibilità di procedere in via prioritaria alla confisca diretta del profitto del reato. La difesa ha depositato motivi aggiunti. Con riferimento al primo motivo ha argomentato la carenza di motivazione in relazione agli elementi in>fferenziali per configurare la responsabilità concorsuale, in capo all'amministratore che ha cessato la carica sociale e illegittima estensione della responsabilità ultra termine, avendo fondato la responsabilità penale sulla circostanza che era il dominus della società. Con riguardo al quarto motivo di ricorso ha ribadito l'inutilizzabilità delle prove, ex art. 234, 238 e 238 bis cod.proc.pen., e segnatamente delle dichiarazioni della teste T che avrebbe riferito circostanze apprese da terzi e da documenti non acquisiti e la carenza di motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso va rigettato in ragione dell'infondatezza del primo motivo di ricorso;
gli altri motivi appaiono inammissibili.

4. Il primo motivo di ricorso e collegato motivo aggiunto, non sono fondati sulla base delle seguenti ragioni. Va premesso che il Tribunale di Milano aveva ritenuto responsabile l'imputato P G, quale legale rappresentante e firmatario della dichiarazione fiscale a fini Ires per l'anno 2011. Investita dell'impugnazione dell'imputato, la corte territoriale, in risposta alla censura difensiva che si appuntava sull'estraneità dell'imputato che aveva documentato di avere cessato dalla carica di amministratore, a far data dal dicembre 2011, e di non essere il legale rappresentante della società e, soprattutto, di non essere il firmatario della
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