Cass. pen., sez. VI, sentenza 24/01/2019, n. 03639
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da A M, nato il 29/03/1963 a Bergamo avverso la sentenza del 28/09/2018 della CORTE d'APPELLO di MILANO sentita la relazione svolta dal consigliere A T;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. P C, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentito il difensore, avv. P M, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di M A interpone tempestiva impugnazione avverso la sentenza con cui la Corte d'appello di Milano ha deliberato in senso favorevole all'accoglimento della domanda di estradizione avanzata nei riguardi del detto cittadino italiano dalle Autorità del Principato di Monaco, tale qualificata ancorché asseritamente basata sul "mandato d'arresto europeo" emesso il 27.02.2018 dal Tribunale di prima istanza - sezione correzionale di Monaco per l'esecuzione della condanna alla pena di anni due di reclusione, inflitta al prevenuto in relazione alla truffa per euro 636.400,00 commessa nel Principato il 05.03.2015. 2. Assume il legale ricorrente, alla stregua dell'art. 606 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., che la Corte territoriale: a) avrebbe erroneamente applicato la normativa in tema di estradizione, laddove il Principato di Monaco, pur non essendo Paese membro dell'Unione europea né parte contraente della Convenzione di Schengen, nondimeno, ha stipulato accordi bilaterali con la Francia, ha "libero accesso al Sistema di Informazione di Schengen" e, "per effetto di tali accordi ... applica norme identiche a quelle degli Stati membri dell'Unione Europea ogni qualvolta la Francia introduce norme che recepiscono direttive europee, adeguando così la normativa monegasca a quella francese": donde la conclusione che, "per i reati commessi da cittadini europei sul territorio monegasco, il Principato di Monaco, recependo gli accordi siglati dall'Unione europea con la Francia, non adotta la procedura di estradizione, bensì ricorre allo strumento del mandato di arresto europeo, proprio come gli altri Paesi appartenenti all'Unione", da ciò discendendo, quale necessitato corollario, il mancato rispetto del termine di legge per la decisione sulla richiesta di consegna, adottata perciò in assenza di potere, e, per l'effetto, la sopravvenuta decadenza della misura cautelare a carico dell'ARIOLI, tratto in arresto il 20 maggio dello scorso anno ed in atto sottoposto all'obbligo di presentazione periodica, due volte alla settimana, alla polizia giudiziaria;
b) avrebbe comunque dovuto rifiutare la consegna a mente dell'art. 18 della legge n. 69 del 2005, con particolare riferimento alle ipotesi contemplate sia dalla lettera g) della succitata norma - per non essere stato asseritamente garantito al ricorrente "un processo equo, essendo stato violato il suo diritto di difesa e non essendo stato esperito un doppio grado di giurisdizione" - sia dalla lettera o) della disposizione medesima, in ragione della pendenza presso la Procura della Repubblica di Bergamo di un procedimento avente ad oggetto gli stessi fatti posti a base del mandato emesso dalle Autorità monegasche, violazioni che sono quindi fatte oggetto di specifiche censure ed ulteriormente illustrate, a dimostrazione del "mancato rispetto dei principi nazionali ed internazionali dell'equo processo e del diritto di difesa", a prescindere dalla procedura da applicarsi. Viene inoltre rappresentato che, ove si volesse ravvisare l'applicabilità, nella presente fattispecie, della "procedura di conversione del mandato di arresto europeo in domanda di
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. P C, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentito il difensore, avv. P M, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di fiducia di M A interpone tempestiva impugnazione avverso la sentenza con cui la Corte d'appello di Milano ha deliberato in senso favorevole all'accoglimento della domanda di estradizione avanzata nei riguardi del detto cittadino italiano dalle Autorità del Principato di Monaco, tale qualificata ancorché asseritamente basata sul "mandato d'arresto europeo" emesso il 27.02.2018 dal Tribunale di prima istanza - sezione correzionale di Monaco per l'esecuzione della condanna alla pena di anni due di reclusione, inflitta al prevenuto in relazione alla truffa per euro 636.400,00 commessa nel Principato il 05.03.2015. 2. Assume il legale ricorrente, alla stregua dell'art. 606 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., che la Corte territoriale: a) avrebbe erroneamente applicato la normativa in tema di estradizione, laddove il Principato di Monaco, pur non essendo Paese membro dell'Unione europea né parte contraente della Convenzione di Schengen, nondimeno, ha stipulato accordi bilaterali con la Francia, ha "libero accesso al Sistema di Informazione di Schengen" e, "per effetto di tali accordi ... applica norme identiche a quelle degli Stati membri dell'Unione Europea ogni qualvolta la Francia introduce norme che recepiscono direttive europee, adeguando così la normativa monegasca a quella francese": donde la conclusione che, "per i reati commessi da cittadini europei sul territorio monegasco, il Principato di Monaco, recependo gli accordi siglati dall'Unione europea con la Francia, non adotta la procedura di estradizione, bensì ricorre allo strumento del mandato di arresto europeo, proprio come gli altri Paesi appartenenti all'Unione", da ciò discendendo, quale necessitato corollario, il mancato rispetto del termine di legge per la decisione sulla richiesta di consegna, adottata perciò in assenza di potere, e, per l'effetto, la sopravvenuta decadenza della misura cautelare a carico dell'ARIOLI, tratto in arresto il 20 maggio dello scorso anno ed in atto sottoposto all'obbligo di presentazione periodica, due volte alla settimana, alla polizia giudiziaria;
b) avrebbe comunque dovuto rifiutare la consegna a mente dell'art. 18 della legge n. 69 del 2005, con particolare riferimento alle ipotesi contemplate sia dalla lettera g) della succitata norma - per non essere stato asseritamente garantito al ricorrente "un processo equo, essendo stato violato il suo diritto di difesa e non essendo stato esperito un doppio grado di giurisdizione" - sia dalla lettera o) della disposizione medesima, in ragione della pendenza presso la Procura della Repubblica di Bergamo di un procedimento avente ad oggetto gli stessi fatti posti a base del mandato emesso dalle Autorità monegasche, violazioni che sono quindi fatte oggetto di specifiche censure ed ulteriormente illustrate, a dimostrazione del "mancato rispetto dei principi nazionali ed internazionali dell'equo processo e del diritto di difesa", a prescindere dalla procedura da applicarsi. Viene inoltre rappresentato che, ove si volesse ravvisare l'applicabilità, nella presente fattispecie, della "procedura di conversione del mandato di arresto europeo in domanda di
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