Cass. civ., sez. II, sentenza 20/03/2023, n. 07965
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a pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 4258-2017 proposto da: P A, elettivamente domiciliata in ROMA via Serradifalco 7, presso lo studio dell’avvocato A F che la rappresenta e difende -ricorrente - contro G E, elettivamente domiciliata in ROMA via Nomentana 91, presso lo studio dell’avvocato G B che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO ROMA n. 481/2016 depositata il 25/01/2016 Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dott. A P che ha chiesto l’accoglimento dell’ottavo motivo e il rigetto o assorbimento degli altri;Udita la relazione della causa svolta dal consigliere L O;RITENUTO IN FATTO 1. Nella controversia relativa ai lavori di rifacimento di un terrazzo sorta tra la committente A P e l’appaltatore A G, il Tribunale di Roma con sentenza n. 6608/2008 rigettò la domanda principale della committente (volta ad ottenere la riduzione del prezzo per i vizi dell’opera e il risarcimento dei danni) e quella avanzata in via riconvenzionale dal G per conseguire il pagamento del saldo del compenso. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 481/2016 resa pubblica il 25.1.2016, ha accolto sia l’impugnazione della committente (sul rigetto della domanda risarcitoria) che quella incidentale dell’appaltatore (sul rigetto della domanda di pagamento del saldo) ed in riforma della decisione di primo grado ha condannato Elisabetta G (erede dell’appaltatore deceduto in corso di causa) al pagamento della somma di €. 17.930,83 oltre IVA, interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento danni in favore della committente P, che, a sua volta, è stata condannata a pagare la somma di €. 3.683,37 per saldo compenso. Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale ha osservato: -che l’intervento proposto dall’appaltatore appariva - secondo quanto accertato dal consulente nominato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo – inidoneo ad eliminare i vizi dell’opera (le infiltrazioni d’acqua), rendendosi invece necessario il rifacimento dell’intera impermeabilizzazione del terrazzo;-che di conseguenza spettava il risarcimento dei danni per la mancata esecuzione dei lavori a regola d’arte, quantificato, secondo la stima del consulente tecnico in €. 14.852,76, somma inferiore a quella di €. 18.039,84 indicata nelle due fatture prodotte dall’appellante ed aventi valore meramente indiziario;- che le spese per il ripristino del soffitto e delle pareti dell’appartamento sottostante, ammontavano a €. 5.542,40, ma l’importo doveva essere decurtato del 50% e quindi fissato in €. 2.771,00 perché la parte danneggiata aveva omesso di adottare gli accorgimenti volti ad evitare l’aggravamento dei danni;-che andava inoltre riconosciuto alla committente un rimborso di €. 317,07 per il costo delle pratiche amministrative relative al rifacimento del terrazzo;-che andava rigettata, per mancanza di prova, l’ulteriore domanda di risarcimento danni per i disagi abitativi;-che spettava invece all’appaltatore il compenso per l’allaccio fognario nella misura di €. 3.683,37 oltre interessi, trattandosi di lavori non attinenti al rifacimento del terrazzo e comunque eseguiti dal G, come comprovato dalle richieste della relativa fattura, avanzate per iscritto dalla committente, non potendosi riconoscere efficacia liberatoria agli assegni per €. 27.000,00 riguardanti i lavori di rifacimento del terrazzo;2. Contro tale sentenza la P ha proposto ricorso per cassazione sulla base di dieci motivi contrastati con controricorso dalla G. Il Sostituto Procuratore Generale dott. A P ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento dell’ottavo motivo e il rigetto o assorbimento degli altri. Le parti hanno depositato memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 Preliminarmente, vanno esaminate le due eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla controricorrente. 1.1.1 Si eccepisce innanzitutto l’inammissibilità per difetto di autosufficienza perché – a dire della controrico rrente – manca la trascrizione della sentenza impugnata e delle risultanze probatorie di cui si lamenta la mancata o errata valutazione da parte della Corte d’Appello. L’eccezione è infondata perché, contrariamente a quanto si assume, il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa. L’errore in cui cade la controricorrente sta nel non considerare che il principio di autosufficienza è soddisfatto anche se le informazioni necessarie vengono fornite nel corpo dei motivi di ricorso. 1.1.2 Si eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire, perché alla ricorrente è stata riconosciuta una somma maggiore rispetto a quella riportata nella dichiarazione di valore. Anche tale eccezione è destituita di fondamento. Con l’atto di citazione introduttiva del giudizio di primo grado (riportato, per la parte di interesse, nello stesso controricorso a pag. 2) i danni “tutti” erano stati richiesti “nella misura che sarebbe stata provata in corso di causa” e quindi non vi era alcuna limitazione al quantum della pretesa, non potendosi di certo attribuire rilievo alla dichiarazione fatta – per ragioni esclusivamente fiscali (cfr. Sez. 2 - , Sentenza n. 9195 del 10/04/2017 Rv. 643738;Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18732 del 22/09/2015 Rv. 636834;Sez. 2, Ordinanza n. 26988 del 20/12/2007 Rv. 601033) – al fine della corresponsione del contributo unificato. 1.1.3 Sempre preliminarmente, va rilevato che la sentenza impugnata per cassazione aveva formato oggetto anche di domanda di revocazione ai sensi dell’art. 395 n. 4 cpc, domanda respinta dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 2756/2022 del 27.4.2022 (prodotta dalla ricorrente in allegato alla memoria).
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