Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/03/2022, n. 8281
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Testo completo
1. - Con sentenza n. 171/20/13, depositata il 2 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l'appello proposto da E. S.p.a., così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l'impugnazione di un avviso di accertamento col quale il Comune di Piateda aveva recuperato a tassazione l'ICI dovuta dalla contribuente, per l'anno 2008, relativamente a "innumerevoli beni immobili posseduti nel territorio comunale".
1.1 - Il giudice del gravame ha considerato che:
- la contribuente, ai fini della liquidazione dell'imposta comunale sugli immobili, "aveva l'obbligo di dichiarare il valore complessivo industriale, comprendendovi anche il valore delle opere idrauliche e delle componenti elettromeccaniche stabilmente infisse al suolo", nè aveva fondamento "la tesi della non assoggettabilità ad ICI delle opere non dichiarate o non dichiarate fedelmente";
- con riferimento alle opere, e componenti, non dichiarate, l'ente locale aveva correttamente individuato la base imponibile dell'ICI in quanto, nella fattispecie, - in mancanza delle scritture contabili richieste alla contribuente che si era limitata "a fornire solo degli estratti del libro cespiti che non comprendevano le opere idrauliche", era stato legittimamente adottato "il criterio del valore contabile di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3";
- detto valore era stato accertato con una "modalità induttiva ma particolarmente attendibile perchè fondata su altri dati economici direttamente riferiti ai beni in questione";
- in ordine alle sanzioni applicate, l'illecito tributario andava derubricato da omessa dichiarazione a dichiarazione infedele, - posto che la contribuente aveva presentato la prescritta dichiarazione seppur non includendo tutti i beni rilevanti ai fini della liquidazione del tributo, - epperò andava esclusa la buona fede della contribuente ai fini della richiesta disapplicazione.
2. - E. S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di nove motivi di ricorso, illustrati con memoria;
il Comune di Piateda resiste con controricorso anch'esso illustrato da memoria.
Fissato all'udienza pubblica del 5 novembre 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in L. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto D.L. n. 105 del 2021, art. 7, conv. in L. n. 126 del 2021, senza l'intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
Motivi della decisione
1. - Col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), ed al R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5.
Si assume, in sintesi, che, - una volta emesso avviso di accertamento in relazione all'ICI dovuta per il possesso degli opifici produttivi (centrali di produzione dell'energia elettrica di Venina, Vedello e Zappello), - del tutto illegittima rimaneva la (ulteriore) attività accertativa (formalizzata dal distinto avviso di accertamento, n. 22 del 2011) con la quale l'ente locale aveva liquidato l'imposta con riferimento ad opere idrauliche che, - afferendo a detti opifici quali beni serventi e, in quanto tali, insuscettibili di autonoma valutazione a fini catastali, - non integravano la nozione di unità immobiliare, - rilevante ai fini ICI (art. 2, comma 1, lett. a), citi ed a quelli catastali (art. 5, cit.), - e, per l'appunto, costituivano, secondo il loro obiettivo stato, beni imprescindibilmente legati alle esigenze produttive delle centrali idroelettriche e, così, sprovvisti di ogni autonomia funzionale.
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., assumendo la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare su specifico motivo di appello col quale essa esponente aveva dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss..
Nello specifico si assume, quindi, che i motivi di gravame involgenti l'applicazione di dette disposizioni sostanziali radicavano la censura relativa al criterio regolatore della base imponibile dell'imposta che l'Ente locale aveva illegittimamente ricavato dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3 (cd. valore contabilizzato dell'unità immobiliare) laddove avrebbe dovuto trovare applicazione il (diverso) criterio di cui all'art. 5, cit., comma 2 (rendita risultante in catasto) in relazione agli effetti della procedura, attivata dal Comune con richiesta del 24 novembre 2005 (lettera prot. n. 8314), cui essa esponente aveva dato seguito con dichiarazioni, presentate con procedura Docfa (in data 27 novembre 2009), che espressamente erano state formate in applicazione della L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 336;
e posto che, - risultando la richiesta del Comune formalizzata con riferimento agli anni dal 2000 al 2005, - le conseguenti rendite catastali dichiarate, a seguito di detta richiesta del comune, dovevano trovare applicazione (retroattiva) "a decorrere dal 10 gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune" (art. 1, comma 337, cit.).
Il terzo, ed il quarto motivo di ricorso, formulati ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, - sotto il parametro di censura dell'omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio ovvero, ed in relazione alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, cit., dell'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, - ripropongono la quaestio iuris appena ripercorsa, con riferimento al secondo motivo di ricorso, e quanto, dunque, al fatto decisivo costituito dagli effetti della procedura (in tesi) attivata dall'Ente locale e definitasi ai sensi della L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 336 e ss..
Col quinto motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento (sempre) al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, ed alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e ss., così, in buona sostanza, riproponendo la questione di diritto relativa all'individuazione del (corretto) criterio legale di determinazione della base imponibile dell'imposta (secondo la rendita risultante in catasto) in ragione della retroattività degli effetti delle dichiarazioni Docfa presentante secondo la procedura delineata dalla L. n. 311 del 2004, cit., art. 1, comma 337.
Il sesto motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, reca la denuncia di violazione dell'art. 115 c.p.c., assumendo la ricorrente che, - qualora interpretato il riferimento, svolto dalla gravata sentenza, al (non assolto) obbligo di dichiarazione catastale delle opere idrauliche, serventi delle centrali elettriche, quale ragione ostativa all'applicazione retroattiva delle rendite catastali dichiarate, con procedura docfa, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 336 e s., - siffatto accertamento doveva ritenersi manifestamente in contrasto con l'applicazione del principio processuale di non contestazione, e posto che, per l'appunto, non risultava controverso, per come riconosciuto da controparte e, del resto, anche accertato dallo stesso giudice di prime cure, - che le dichiarazioni presentate da essa esponente nel 2009 avevano avuto ad oggetto (anche) tutte le opere idrauliche che erano state riprese a tassazione a fini ICI. Col settimo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, deducendo, in sintesi, che la base imponibile dell'imposta era stata, nella fattispecie, illegittimamente determinata sulla base di una perizia di stima (allegata ad atto di conferimento societario avente ad oggetto l'impianto idroelettrico) e, così, su valori non rispondenti al criterio legale posto dall'art. 5, comma 3, cit., che, - non ammettendo criteri di computo equipollenti, - doveva essere fondato sui valori di bilancio dei beni.
Soggiunge la ricorrente che l'erroneità dei valori di acquisto, così, determinati dall'Ente impositore aveva trovato riscontro, altresì, nella documentazione prodotta nel secondo grado del giudizio (relazione accompagnatoria predisposta dal Direttore Amministrativo della società) alla cui stregua emergeva un complessivo valore delle tre centrali idroelettriche (pari ad Euro 118.277.273,61) di gran lunga inferiore ai valori da controparte accertati (in Euro 260.707.025,07) per le opere idrauliche e (in Euro 83.930.543,77) per la parte immobiliare delle tre centrali.
L'ottavo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1, sull'assunto che, - rilevando, nella fattispecie, il criterio legale di determinazione della base imponibile dell'imposta costituito dal valore contabilizzato dei beni, - il giudice del gravame, - dovendo, a sua volta, escludere la possibilità di ricorrere a criteri alternativi di liquidazione, - avrebbe dovuto attingere ai suoi poteri officiosi ordinando, così, ad essa esponente il deposito, ovvero l'esibizione, delle scritture contabili rilevanti, e decisive, ai fini della definizione del giudizio.
Col nono motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, ed alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, deducendo, in sintesi,