Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/12/2022, n. 36052

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/12/2022, n. 36052
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36052
Data del deposito : 9 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente ORDINANZA sul ricorso 26507-2021 proposto da: ARTINGHELLI VALENTINO, BRACONI PIETRO, MALORNI GIUSEPPE, DES DURIDES RAOUL, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA ATTILIO REGOLO

12/D, presso lo studio dell'avvocato M F, che li rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 117/2021 della CORTE DEI CONTI - II SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO - ROMA, depositata il 14/04/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2022 dal Consigliere D S;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale R M, il quale chiede alle Sezioni Unite della Corte di dichiarare il ricorso inammissibile e, in ocgni caso, di rigettarlo. Ric. 2021 n. 26507 sez. SU - ud. 08-11-2022 -2- Rilevato che: con sentenza n. 117/2021 del 14.4.2021, la Corte dei Conti - Sezione

II

Giurisdizionale Centraie d'Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza n. 623/2018 con cui la medesima Sezione aveva confermato la sentenza n. 988/2011 della Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, che aveva rigettato la domanda dei predetti -già in servizio presso gli Organismi di Informazione e Sicurezza di cui alla legge n. 801/1977- volta alla riliquidazione del trattamento pensionistico con inclusione dell'indennità di funzione di cui all'art. 18, comma 1 del D.P.C.M. n. 8 del 21.11.1980;
premesso che la richiesta di revocazione era basata sulla circolare del Segretario Generale del Cesis n. 325-26/3136 del 23 gennaio 1998 e richiamato l'art. 202, comma 1, lett. d) del c.g.c., la Corte ha ritenuto che i ricorrenti non avessero «fornito alcuna idonea prova in ordine alla data di rinvenimento del documento ritenuto rilevante e all'incolpevole ignoranza circa la sua esistenza nel corso del giudizio definito con la sentenza revocanda» e, altresì, che la circolare amministrativa costituisse, «per la sua stessa natura, documento non decisivo»;
ha concluso pertanto che «deve escludersi il carattere di decisività della circolare invocata dai ricorrenti così come la non imputabilità ai medesimi della sua mancata produzione nel giudizio di merito» e ha conseguentemente dichiarato l'inammissibilità del ricorso per revocazione;
avverso tale decisione è stato proposto avanti a questa Corte «ricorso per regolamento facoltativo di competenza», con richiesta di «statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia [...] individuandola in capo al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio»;
ha resistito, con controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri;il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo «di dichiarare il ricorso inammissibile e, in ogni caso, di rigettarlo». Considerato che: con l'unico motivo, i ricorrenti denunciano «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1 e 14 D.Lvo 174/2016 c.g.c.;
violazione art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 T.U.P.I.»;
premesso che il loro trattamento di quiescenza era stato liquidato «senza valutare in esso l'indennità di funzione od operativa come percepita in servizio, ritenendo non applicabili [...1 le disposizioni previste dall'art. 2 della legge 8.8.1995, n. 335», i ricorrenti contestano l'orientamento espresso dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con sentenza 2/2018 QM del 29.1.2018, che ha riconosciuto prevalenza alla previsione dell'art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980, considerandola norma speciale rispetto alla legge n. 335/1995;
tanto dedotto, assumono che, «in merito alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto non sussist[o]no dubbi, "ratione temporis", sulla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Ciò in quanto le predette indennità costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell'attività lavorativa, trova la sua causa generativa nella prestazione resa in costanza di servizio e, pertanto, trattasi di materia estranea al trattamento pensionistico e come tale non rientrante nella giurisdizione della Corte dei Conti»;
aggiungono che «tuttavia il criterio del "petiturn" sostanziale al fine di determinare la giurisdizione nelle controversie afferenti al pubblico impiego, laddove vengano in contestazione anche atti amministrativi generali o regolamentari presupposti sembrano far capo all'art. 63 del Dlgs 30/3/2001 n. 165 che devolve al Giudice del Lavoro tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. l / 2° comma, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti»;
concludono chiedendo a questa Corte che, «in accoglimento del proposto gravame ed ai sensi degli artt. 43 e ss. cpc, voglia cassare la sentenza impugnata e così statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia e sul connesso rapporto processuale instauratosi tra i ricorrenti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri in virtù delle statuizioni relative alla natura delle indennità percepite durante il rapporto di impiego individuandola in capo al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio»;
il ricorso è inammissibile;
benché intitolato come «ricorso per regolamento facoltativo di competenza» e benché richiedente di «statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia», il ricorso deduce -nella sostanza- una questione di giurisdizione e (pur compiendo una digressione sulla giurisdizione del giudice del lavoro in materia di pubblico impiego) afferma chiaramente come «in merito alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto non sussistano dubbi, "ratione temporis", sulla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo» (e ciò in quanto le indennità richieste «costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell'attività lavorativa, trova la sua causa generativa nella prestazione resa in costanza di servizio e, pertanto, trattasi di materia estranea al trattamento pensionistico, e come „ tale n,pn , rientrante nella giurisdizione della Corte dei Conti») 5 conclude chiedendo che la «competenza» venga individuata «in capo al Tribunale Amministrativo del Lazio»;
queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare che, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze della Corte dei Conti pronunciate su ricorso per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di rimettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito (così Cass., S.U. 4879/2017, Cass., S.U. n. 32179/2018, Cass., S.U. n. 18670/2019, Cass., S.U. n. 20180/2019, Cass, S.U. n. 28214/2019 e Cass., S.U. n. 31559/2021);
il tutto in conformità con quanto statuito a proposito delle sentenze del Consiglio di Stato rese in sede di revocazione (cfr. Cass., S.U. n. 16754/2014 e Cass., S.U. n. 1520/2016);
nello specifico, tuttavia, i ricorrenti non pongono alcuna questione circa il potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione, ma impugnano la relativa sentenza al solo fine di mettere in discussione, per la prima volta, la giurisdizione sulla controversia concernente la riliquidazione del trattamento pensionistico, che essi stessi avevano proposto avanti alla Corte dei Conti;
così introducendo un tema sul quale -come correttamente evidenziato dal P.M.- era intervenuto giudicato implicito a seguito delle due decisioni di merito;
all'inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite;
sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
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