Cass. pen., SS.UU., sentenza 03/09/2018, n. 39608
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Business Partner Italia s.c.p.a., in persona dei procuratori speciali, quale mandataria di Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. avverso l'ordinanza del 10/12/2014 - 28/10/2015 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal componente A M A;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 15 marzo 2001, la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (di seguito indicata come "BNL") ha concesso alla Igea Costruzioni s.r.l. un mutuo dell'importo di C 516.456,90, la cui restituzione è stata garantita dalla mutuataria mediante iscrizione, eseguita il 19 marzo 2001, di ipoteca su di un complesso immobiliare di cui era proprietaria. Con atto di compravendita del 18 dicembre 2003, la Igea Costruzioni s.r.l. ha venduto ad A D la proprietà di parte di tale complesso immobiliare ed il compratore si è accollato una quota residua di mutuo, pari ad C 75.000,00, con conseguente frazionamento dell'ipoteca. In ragione del mancato pagamento di complessivi C 67.319,05 da parte di D, BNL, dopo avere notificato atto di precetto il 26 maggio 2011, intimando al debitore il pagamento di tale somma di denaro, ha iniziato contro lo stesso una procedura di espropriazione forzata, mediante trascrizione di atto di pignoramento sull'immobile ipotecato, eseguita il 4 ottobre 2011. Il precedente 15 ottobre 2008 su tale immobile era stato, peraltro, trascritto, nei confronti del D e di J J S, coniuge del primo in regime di comunione dei beni, il provvedimento di sequestro di prevenzione emesso in data 4 maggio 2001 dal Tribunale di Palermo. La proprietà di tale immobile ha formato, successivamente, oggetto di confisca di prevenzione, disposta con decreto n. 109 del 2010 emesso dal Tribunale di Palermo, divenuto definitivo il 10 gennaio 2012;
al riguardo, non risulta che la proprietà dell'immobile sia stata trasferita ovvero aggiudicata a terzi dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (di seguito indicata come "Agenzia").
1.1. Con ricorso depositato il 28 gennaio 2014, BNL ha chiesto al Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, di ammettere il proprio credito nei confronti di D al passivo della procedura di liquidazione di tale immobile. Nel procedimento originato da tale domanda, l'Agenzia non si è costituita.
1.2. Con ordinanza emessa il 10 dicembre 2014 e depositata il 28 ottobre 2015, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha dichiarato inammissibile la domanda, rilevando che: a) la confisca di prevenzione dell'immobile sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia della restituzione del mutuo era divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore della legge n. 228 del 2012;
b) con riferimento a tale ipotesi, l'art. 1, connma 199, della stessa legge prevede espressamente che le domande di ammissione del credito al passivo del procedimento di liquidazione del bene confiscato vadano proposte, a pena di decadenza, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della stessa legge, avvenuta il 1 gennaio 2013, onde la domanda di ammissione del credito avrebbe dovuto essere presentata entro il 30 giugno 2013;
c) invece, il ricorso contenente tale domanda era stato depositato il 28 gennaio 2014, sicché la banca ricorrente era decaduta dal diritto di ammissione del credito.
2. Avverso l'ordinanza la Business Partner Italia s.c.p.a., quale mandataria di BNL, ha proposto, in data 29 gennaio 2016, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge ex art. 606, comnna 1, lettera b), cod. proc. pen., con riferimento all'art. 1, comnna 206, legge 24 dicembre 2012, n. 228, nella parte in cui dispone che l'Agenzia, «entro dieci giorni dall'entrata in vigore della presente legge, ovvero dal momento in cui la confisca diviene definitiva, comunica ai creditori di cui al comma 198, a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile e, in ogni caso, mediante apposito avviso inserito nel proprio sito internet: a) che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del credito ai sensi dei commi 199 e 205;
b) la data di scadenza del termine entro cui devono essere presentate le domande di cui alla lettera a);
c) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda». Secondo la ricostruzione della ricorrente, con la richiamata legge n. 228 del 2012 (art. 1, commi da 194 a 206), è stata espressamente disciplinata la tutela dei terzi in riferimento ai beni confiscati a definizione di procedimenti di prevenzione patrimoniali per i quali (come quello nei confronti di Dolcennascolo) non trova applicazione la disciplina dettata dal d.lgs. n. 159 del 2011 ("Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione");
sulla base di tale disciplina, i creditori del prevenuto, a favore del quale sia stata iscritta ipoteca sul bene confiscato prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, possono presentare domanda di accertamento del proprio credito nell'ambito della procedura di liquidazione entro 180 giorni dall'entrata in vigore di tale legge (art. 1, comma 199) se la confisca è divenuta definitiva prima di tale giorno;
peraltro, il successivo comma 206 dello stesso art. 1 fa espressamente obbligo all'Agenzia di dare ai creditori del prevenuto le comunicazioni sopra indicate. Tale essendo il quadro normativo, la ricorrente lamenta che l'interpretazione data dal Tribunale al precetto contenuto nell'art. 1, comma 199, non tiene conto delle disposizioni recate dal successivo comma 206 e della necessità di operare in via interpretativa un coordinamento con queste ultime. In particolare, nel caso concreto, nessuna comunicazione era stata inviata dall'Agenzia a BNL in adempimento dell'obbligo prescritto da tale ultima disposizione e nulla era stato pubblicato sul sito internet della stessa Agenzia: tale omissione non poteva non riverberare i propri effetti sulla stessa decorrenza del termine decadenziale in esame, posto che la creditrice non era stata posta in condizione di poter esercitare l'unico mezzo di tutela previsto dall'ordinamento per il soddisfacimento delle proprie legittime ragioni.
2.2. Con un secondo motivo, la ricorrente deduce che l'ordinanza sarebbe viziata da inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità ex art. 606, connma 1, lettera c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 178 dello stesso codice, 4 della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio in data 24 febbraio 2005 e 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012. Richiamato il contenuto della predetta decisione quadro, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, con particolare riferimento all'art. 3, commi 2, lettera c), e 3, concernenti i presupposti sostanziali per l'adozione di un provvedimento di confisca, la ricorrente valorizza il contenuto precettivo del successivo art. 4, a tenore del quale «ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie ad assicurare che le persone cui si applicano le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 dispongano di effettivi mezzi giuridici a tutela dei propri diritti», nonché le disposizioni oggetto della proposta di direttiva n. 2012/0036/COD, relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione Europea presentata il 12 marzo 2012 dalla Commissione Europea al Parlamento UE. In particolare, si richiamano l'art. 8, comma 1, il quale prevede che ciascuno Stato membro adotti «le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e che gli indagati godano del diritto a un giudice imparziale», e il comma 6, a tenore del quale, quando la confisca colpisca beni di un terzo «questi o il suo difensore sono informati del procedimento che può portare ad un provvedimento di confisca di tali beni e possono partecipare al procedimento nella misura necessaria a preservare efficacemente i diritti dell'interessato. Tale persona gode quanto meno del diritto di essere ascoltata, del diritto di porre domande e del diritto di fornire prove prima che sia adottato un provvedimento definitivo di confisca»;
si richiama, altresì, la giurisprudenza della Corte EDU, con particolare riferimento alla decisione del 26/06/2001, C.M. c. Francia, in causa 28078/95. In tale quadro, la ricorrente sostiene che la garanzia del proprio diritto alla partecipazione al procedimento di prevenzione, nel rispetto della disciplina comunitaria e della CEDU, possa essere assicurata esclusivamente dal rigoroso rispetto della procedura prevista dal citato art. 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012, nella specie non avvenuto.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta in data 23 gennaio 2018, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso in ragione della sua manifesta infondatezza, a tal fine richiamando espressamente il principio di diritto affermato in subiecta materia da Sez. 1, n. 20479 del 12/02/2016, Banco Popolare soc. coop., Rv. 266891, ribadito da Sez. 1, n. 36626 del 12/04/2016, Banca Monte dei Paschi di Siena, Rv. 267609. 4. Il procedimento è stato assegnato alla Prima Sezione penale, per l'udienza del 18 luglio 2017, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria, con cui afferma che, alla luce del precetto recato dall'art. 1, comma 194, della legge n. 228, l'unica forma di tutela del terzo in buona fede titolare di diritti sul bene confiscato è assicurata dalla conoscenza del termine per potere esercitare il proprio diritto all'ammissione al passivo della procedura di liquidazione del bene confiscato e che, nella specie, tale conoscenza è mancata per non avere l'Agenzia
sentita la relazione svolta dal componente A M A;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 15 marzo 2001, la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (di seguito indicata come "BNL") ha concesso alla Igea Costruzioni s.r.l. un mutuo dell'importo di C 516.456,90, la cui restituzione è stata garantita dalla mutuataria mediante iscrizione, eseguita il 19 marzo 2001, di ipoteca su di un complesso immobiliare di cui era proprietaria. Con atto di compravendita del 18 dicembre 2003, la Igea Costruzioni s.r.l. ha venduto ad A D la proprietà di parte di tale complesso immobiliare ed il compratore si è accollato una quota residua di mutuo, pari ad C 75.000,00, con conseguente frazionamento dell'ipoteca. In ragione del mancato pagamento di complessivi C 67.319,05 da parte di D, BNL, dopo avere notificato atto di precetto il 26 maggio 2011, intimando al debitore il pagamento di tale somma di denaro, ha iniziato contro lo stesso una procedura di espropriazione forzata, mediante trascrizione di atto di pignoramento sull'immobile ipotecato, eseguita il 4 ottobre 2011. Il precedente 15 ottobre 2008 su tale immobile era stato, peraltro, trascritto, nei confronti del D e di J J S, coniuge del primo in regime di comunione dei beni, il provvedimento di sequestro di prevenzione emesso in data 4 maggio 2001 dal Tribunale di Palermo. La proprietà di tale immobile ha formato, successivamente, oggetto di confisca di prevenzione, disposta con decreto n. 109 del 2010 emesso dal Tribunale di Palermo, divenuto definitivo il 10 gennaio 2012;
al riguardo, non risulta che la proprietà dell'immobile sia stata trasferita ovvero aggiudicata a terzi dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (di seguito indicata come "Agenzia").
1.1. Con ricorso depositato il 28 gennaio 2014, BNL ha chiesto al Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, di ammettere il proprio credito nei confronti di D al passivo della procedura di liquidazione di tale immobile. Nel procedimento originato da tale domanda, l'Agenzia non si è costituita.
1.2. Con ordinanza emessa il 10 dicembre 2014 e depositata il 28 ottobre 2015, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha dichiarato inammissibile la domanda, rilevando che: a) la confisca di prevenzione dell'immobile sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia della restituzione del mutuo era divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore della legge n. 228 del 2012;
b) con riferimento a tale ipotesi, l'art. 1, connma 199, della stessa legge prevede espressamente che le domande di ammissione del credito al passivo del procedimento di liquidazione del bene confiscato vadano proposte, a pena di decadenza, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della stessa legge, avvenuta il 1 gennaio 2013, onde la domanda di ammissione del credito avrebbe dovuto essere presentata entro il 30 giugno 2013;
c) invece, il ricorso contenente tale domanda era stato depositato il 28 gennaio 2014, sicché la banca ricorrente era decaduta dal diritto di ammissione del credito.
2. Avverso l'ordinanza la Business Partner Italia s.c.p.a., quale mandataria di BNL, ha proposto, in data 29 gennaio 2016, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge ex art. 606, comnna 1, lettera b), cod. proc. pen., con riferimento all'art. 1, comnna 206, legge 24 dicembre 2012, n. 228, nella parte in cui dispone che l'Agenzia, «entro dieci giorni dall'entrata in vigore della presente legge, ovvero dal momento in cui la confisca diviene definitiva, comunica ai creditori di cui al comma 198, a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile e, in ogni caso, mediante apposito avviso inserito nel proprio sito internet: a) che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del credito ai sensi dei commi 199 e 205;
b) la data di scadenza del termine entro cui devono essere presentate le domande di cui alla lettera a);
c) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda». Secondo la ricostruzione della ricorrente, con la richiamata legge n. 228 del 2012 (art. 1, commi da 194 a 206), è stata espressamente disciplinata la tutela dei terzi in riferimento ai beni confiscati a definizione di procedimenti di prevenzione patrimoniali per i quali (come quello nei confronti di Dolcennascolo) non trova applicazione la disciplina dettata dal d.lgs. n. 159 del 2011 ("Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione");
sulla base di tale disciplina, i creditori del prevenuto, a favore del quale sia stata iscritta ipoteca sul bene confiscato prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, possono presentare domanda di accertamento del proprio credito nell'ambito della procedura di liquidazione entro 180 giorni dall'entrata in vigore di tale legge (art. 1, comma 199) se la confisca è divenuta definitiva prima di tale giorno;
peraltro, il successivo comma 206 dello stesso art. 1 fa espressamente obbligo all'Agenzia di dare ai creditori del prevenuto le comunicazioni sopra indicate. Tale essendo il quadro normativo, la ricorrente lamenta che l'interpretazione data dal Tribunale al precetto contenuto nell'art. 1, comma 199, non tiene conto delle disposizioni recate dal successivo comma 206 e della necessità di operare in via interpretativa un coordinamento con queste ultime. In particolare, nel caso concreto, nessuna comunicazione era stata inviata dall'Agenzia a BNL in adempimento dell'obbligo prescritto da tale ultima disposizione e nulla era stato pubblicato sul sito internet della stessa Agenzia: tale omissione non poteva non riverberare i propri effetti sulla stessa decorrenza del termine decadenziale in esame, posto che la creditrice non era stata posta in condizione di poter esercitare l'unico mezzo di tutela previsto dall'ordinamento per il soddisfacimento delle proprie legittime ragioni.
2.2. Con un secondo motivo, la ricorrente deduce che l'ordinanza sarebbe viziata da inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità ex art. 606, connma 1, lettera c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 178 dello stesso codice, 4 della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio in data 24 febbraio 2005 e 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012. Richiamato il contenuto della predetta decisione quadro, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, con particolare riferimento all'art. 3, commi 2, lettera c), e 3, concernenti i presupposti sostanziali per l'adozione di un provvedimento di confisca, la ricorrente valorizza il contenuto precettivo del successivo art. 4, a tenore del quale «ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie ad assicurare che le persone cui si applicano le disposizioni di cui agli artt. 2 e 3 dispongano di effettivi mezzi giuridici a tutela dei propri diritti», nonché le disposizioni oggetto della proposta di direttiva n. 2012/0036/COD, relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione Europea presentata il 12 marzo 2012 dalla Commissione Europea al Parlamento UE. In particolare, si richiamano l'art. 8, comma 1, il quale prevede che ciascuno Stato membro adotti «le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e che gli indagati godano del diritto a un giudice imparziale», e il comma 6, a tenore del quale, quando la confisca colpisca beni di un terzo «questi o il suo difensore sono informati del procedimento che può portare ad un provvedimento di confisca di tali beni e possono partecipare al procedimento nella misura necessaria a preservare efficacemente i diritti dell'interessato. Tale persona gode quanto meno del diritto di essere ascoltata, del diritto di porre domande e del diritto di fornire prove prima che sia adottato un provvedimento definitivo di confisca»;
si richiama, altresì, la giurisprudenza della Corte EDU, con particolare riferimento alla decisione del 26/06/2001, C.M. c. Francia, in causa 28078/95. In tale quadro, la ricorrente sostiene che la garanzia del proprio diritto alla partecipazione al procedimento di prevenzione, nel rispetto della disciplina comunitaria e della CEDU, possa essere assicurata esclusivamente dal rigoroso rispetto della procedura prevista dal citato art. 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012, nella specie non avvenuto.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta in data 23 gennaio 2018, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso in ragione della sua manifesta infondatezza, a tal fine richiamando espressamente il principio di diritto affermato in subiecta materia da Sez. 1, n. 20479 del 12/02/2016, Banco Popolare soc. coop., Rv. 266891, ribadito da Sez. 1, n. 36626 del 12/04/2016, Banca Monte dei Paschi di Siena, Rv. 267609. 4. Il procedimento è stato assegnato alla Prima Sezione penale, per l'udienza del 18 luglio 2017, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria, con cui afferma che, alla luce del precetto recato dall'art. 1, comma 194, della legge n. 228, l'unica forma di tutela del terzo in buona fede titolare di diritti sul bene confiscato è assicurata dalla conoscenza del termine per potere esercitare il proprio diritto all'ammissione al passivo della procedura di liquidazione del bene confiscato e che, nella specie, tale conoscenza è mancata per non avere l'Agenzia
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