Cass. civ., sez. III, sentenza 08/02/2019, n. 3709
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Nel caso di sequestro penale o confisca disposti ex l. n. 575 del 1965 su un bene immobile oggetto di espropriazione forzata, l'interesse dello Stato a confiscare il bene prevale, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 194, della l. n. 228 del 2012, su quello del creditore a soddisfarsi sull'immobile, ma è sempre recessivo rispetto a quello del terzo che si sia reso aggiudicatario del bene, anche in via provvisoria, in data anteriore all'entrata in vigore della stessa l. n. 228 del 2012 (1° gennaio 2013), restando irrilevante la circostanza che l'erario abbia proposto opposizione di terzo con ricorso depositato anteriormente all'aggiudicazione, qualora la procedura esecutiva non sia stata tempestivamente sospesa.
Sul provvedimento
Testo completo
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: E N CALCE ANNOTAZIONE 3709--2019 O L I
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REPUBBLICA ITALIANA R
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In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Oggetto: espropriazione Composta da immobiliare e confisca ex legge n. 575/1965
R V Presidente -
F D S Consigliere - R.G.N. 11393/2017
M R Consigliere - Cron. 3709
A T Consigliere - UP 14/09/2018
Cosimo D'Arrigo Consigliere Rel.
a pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11393/2017 R.G. proposto da:
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro
tempore
Agenzia del demanio, in persona del Direttore pro tempore;
Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in persona del
Direttore pro tempore;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello
Stato, nei cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi n.
12;
ricorrente -
2018 contro
2234 doBank s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, nella qualità di mandataria di Arena NPL One s.r.l., rappresentata e difesa dall'Avv. E L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alberico II, n. 33;
- controricorrente -
C Luciana, rappresentata e difesa dagli Avv.ti G S
e V P, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via G. Pisanelli, n. 2;
- controricorrente -
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore;
A G;
C M, in proprio e quale erede di S V e
C P;
- intimati -
avverso la sentenza del Tribunale di Roma pubblicata il 26 ottobre
2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 settembre
2018 dal Consigliere Cosimo D'Arrigo;
uditi l'Avvocato dello Stato Marco La Greca, per le parti ricorrenti, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso e l'Avv. Vincenzo
Pompa nell'interesse di C Luciana, che ha chiesto che il ricorso
sia respinto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Anna Maria Soldi, che ha concluso chiedendo che il ricorso, dichiarato ammissibile, venga rigettato.
FATTI DI CAUSA
Costituisce oggetto della procedura esecutiva n. 91063/96 pendente innanzi al Tribunale di Roma, cui sono state riunite quelle
iscritte ai nn. 990 e 94029 del 2002, un immobile sito in Roma,
località Giustiniana. Il medesimo immobile, ai sensi dell'art.
2-bis
della legge n. 575 del 1965 («Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso»), è stato dapprima sequestrato dal medesimo Tribunale con decreto del 17 giugno 1998 e poi
2 definitivamente confiscato con decreto del 14 giugno 2000,
confermato in appello con decreto del 31 luglio 2001.
In ragione di quanto esposto, il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) e l'Agenzia del demanio (cui, in virtù del d.l. n. 4 del
2010, sarebbe succeduta in corso di causa l'Agenzia nazionale per
l'amministrazione e la destinazione dei sequestrati e confiscati -
ANBSC) depositavano, in data 17 luglio 2006, due distinti ricorsi in opposizione ai sensi dell'art. 619 cod. proc. civ., di identico contenuto, volti a far valere l'inopponibilità all'erario dei crediti e dei diritti reali di garanzia vantati sull'immobile dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e dalla Banca di Roma s.p.a. (cui ora, a seguito di molteplici passaggi e di cambi di denominazione, si è sostituita doBank s.p.a., nella qualità di mandataria della Arena
NPL One s.r.l.).
Il giudice dell'esecuzione rigettava la richiesta di sospensione
della procedura esecutiva con decreto inaudita altera parte, confermato con ordinanza del 20 febbraio 2007. Avverso detta
ordinanza era proposto reclamo, ai sensi degli artt. 624 e 669- terdecies cod. proc. civ., in esito al quale il collegio, con ordinanza del 12 dicembre 2007, disponeva la sospensione della procedura esecutiva opposta.
Nel frattempo, con atto di citazione notificato il 14 maggio
2007, gli enti opponenti introducevano nel merito le due
opposizioni di terzo. Le cause di merito venivano rigettate dal
Tribunale di Roma con le sentenze nn. 15768/2008 e 4654/2009,
avverso le quale il MEF e l'ANBSC ricorrevano per la cassazione.
Le Sezioni unite della Corte di cassazione, con due sentenze
"gemelle" pubblicare con i nn. 10532 e 10533 del 2013, cassavano con rinvio i provvedimenti impugnati.
I giudizi venivano riassunti innanzi al Tribunale di Roma che, riunite le due cause, con sentenza n. 19994 del 2016, rigettava
l'opposizione.
Avverso tale decisione il MEF e l'ANBSC hanno proposto
3 nuovamente ricorso cassazione, articolato in sette motivi.
Hanno resistito con separato controricorso Luciana C e doBank s.p.a.;
quest'ultima ha depositato and memorie ex art.
378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va affrontato, in via preliminare, un aspetto problematico concernente l'ammissibilità del ricorso.
L'Avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per cassazione, una prima volta, avverso le sentenze pronunciate dal Tribunale di
Roma nel 2008 e nel 2009. All'epoca il ricorso straordinario ex art.
111, settimo comma, Cost. costituiva il corretto mezzo di
impugnazione. Infatti, a seguito delle modifiche introdotte dalla
legge 17 febbraio 2006, n. 52, la sentenza resa sull'opposizione di terzo all'esecuzione - attraverso il rinvio operato dall'art. 619, terzo comma, cod. proc. civ. all'art. 616 del medesimo codice doveva
-
ritenersi non impugnabile nei modi ordinari e, come tale, soggetta al solo ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. (Sez. 3, Ordinanza 20392 del n.
Rv. 609472;
Sez. 3, Sentenza n. 18261 del 22/09/2009,
26/08/2014, Rv. 632080).
Le modifiche all'ultimo periodo dell'art. 616 cod. proc. civ. apportate dall'art. 14, legge 24 febbraio 2006, n. 52, si applicano, però, alle sole sentenze pubblicate successivamente al 1° marzo
2006 e fino al 4 luglio 2009. Infatti, l'art. 49, comma 2, legge 18 giugno 2009, n. 69, ha soppresso l'ultimo periodo dell'art. 616 cod. proc. civ., così ripristinando dell'esperibilità dell'appello come
mezzo ordinario di impugnazione delle sentenze pronunciate sull'opposizione all'esecuzione (art. 615 cod. proc. civ.) e
sull'opposizione di terzo (art. 619 cod. proc. civ.).
A seguito di giudizio di rinvio, il Tribunale di Roma ha pronunciato la sentenza oggi impugnata, pubblicata il 26 ottobre
2016, ossia quando la previsione di non impugnabilità delle sentenze pronunciate sulle opposizioni proposte ai sensi degli artt.
4 616 e 619 cod. proc. civ. era stata già abrogata.
Nondimeno, tale sentenza è stata impugnata nuovamente con ricorso straordinario.
Occorre, dunque, verificare se, nel giudizio di rinvio, il regime delle impugnazioni dovesse tenere conto delle novità legislative nel frattempo sopravvenute.
Si tratta di una questione già affrontata dalle Sezioni unite, secondo cui, nell'ipotesi di cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo ed unico grado, la sentenza del giudice di rinvio (salvo il caso di rinvio c.d. restitutorio) è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, senza che rilevi l'intervenuta modifica,
sopravvenuta nelle more, del regime di impugnabilità della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello
originario (Sez. U, Sentenza n. 11844 del 09/06/2016, Rv.
639945).
Dunque, hanno ben operato i ricorrenti che hanno impugnato la sentenza resa dal tribunale a seguito di cassazione con rinvio, proponendo direttamente ricorso per cassazione, cioè adottando il medesimo regime di impugnazione vigente all'epoca del primo
ricorso, senza tener conto delle sopravvenute novità legislative.
Pertanto, il ricorso deve essere ritenuto ammissibile in quanto
ritualmente proposto.
2. Una seconda questione preliminare riguarda il decorso del termine per impugnare e la tempestività dell'impugnazione.
Il problema si pone in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata il 26 ottobre 2016 e notificata a mezzo PEC il 28 ottobre
2016, mentre il ricorso è stato consegnato all'ufficiale giudiziario per la notificazione il 26 aprile 2017, quindi nel rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 327 cod. proc. civ., ma ben oltre la scadenza del termine c.d. "breve" di cui agli artt. 325 e 326 cod.
proc. civ.
5 Sostiene l'Avvocatura dello Stato che la notificazione a mezzo
PEC sarebbe inefficace, in quanto spedita ad un indirizzo elettronico inidoneo a ricevere le notifiche telematiche. Si tratta, infatti, di un
indirizzo risultante dall'l'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta
Elettronica Certificata (INI-PEC), ma non registrato al Registro
Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della Giustizia. In particolare, l'indirizzo elettronico in questione viene utilizzato dall'Avvocatura dello Stato per scopi amministrativi
e non giudiziali.
Si tratta di una questione che questa Corte ha già avuto modo
di affrontare con alcune recenti pronunce, pervenendo alla conclusione che, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al
Consiglio dell'Ordine di appartenenza, la notificazione dell'impugnazione va eseguita all'indirizzo PEC del difensore
costituito risultante dal ReGIndE;
poiché solo quest'ultimo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'organizzazione preordinata all'effettiva difesa, non è idonea a determinare la decorrenza del termine breve di cui all'art. 326 c.p.c. la
notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo di PEC
ふ
diverso da quello inserito nel ReGIndE (Sez. 6
- 3, Ordinanza n.
- L, Ordinanza n. 30139 del 14/12/2017, Rv. 647189;
Sez. 6
13224 del 25/05/2018, Rv. 648685).
In continuità con il citato orientamento va affermato il seguente
principio di diritto:
"Il domicilio digitale previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in I. n. 221 del 2012, come modificato
dal d.l. n.