Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/06/2003, n. 9001

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

In tema di indebito previdenziale, l'Inps, salvo il diritto di avvalersi dell'azione di ripetizione di cui all'art 2033 cod. civ, può recuperare gli indebiti e le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo di pensione: tale principio opera anche con riguardo agli arretrati di pensione o di trattamento minimo, ne' incide su di esso l'art 6 comma 11 quinquies del D.L. 463/83, da riferire esclusivamente alla indebita percezione della integrazione al minimo e pertanto non contenente una deroga ai limiti vigenti, indicati dall'art. 69 della legge 30 aprile 1969 n. 153.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/06/2003, n. 9001
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9001
Data del deposito : 5 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. D'

ANGELO

Bruno - Consigliere -
Dott. D L M - Consigliere -
Dott. L F - Consigliere -
Dott. C A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRIGOLO LUCIA, elettivamente domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato B C, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati C D A, M D L, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 309/00 del Tribunale di NOVARA, depositata il 27/06/00 R.G.N. 24/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/03 dal Consigliere Dott. A C;

udito l'Avv. F. Dell'Erba per delega B C;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M M che ha concluso per per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 10 novembre 1998 il Pretore di Novara, accogliendo la domanda proposta da Lucia G nei confronti dell'INPS, dichiarava l'irripetibilità dell'indebito di lire 16.724.065, corrisposto alla ricorrente a titolo di pensione del Fondo di previdenza dazieri a partire dal 1^ aprile 1984.
L'appello dell'INPS, che si doleva della applicazione dell'art. 1, comma 260, della legge n. 662/96 anche all'importo (L. 11.040.320)
già recuperato in data 22.12.1987, mediante trattenuta degli arretrati maturati dalla signora G su altra pensione di reversibilità, veniva accolto dal Tribunale di Novara con sentenza del 24 maggio/27 giugno 2000. I giudici di secondo grado osservavano che, secondo l'orientamento di questa Corte, la normativa del citato art. 1, comma 260, non si applica all'indebito già recuperato prima della entrata in vigore della nuova disciplina.
Escludevano, poi, la violazione dell'art. 69 della legge n. 153 del 1969, ritenendo che la limitazione ad un quinto della pensione
pignorabile non riguardasse i ratei arretrati.
Dichiaravano, pertanto, legittimo il recupero della somma di lire 11.040.320.
Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando un unico motivo di censura, Lucia G.
L'INPS resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La difesa della ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e succ. modificazioni, nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c).
Ricordato che l'indebito di lire 16.725.065 riguardava la pensione a carico del fondo dazieri, per il periodo dal 1^ aprile 1984 al 31 dicembre 1985, e che l'INPS aveva liquidato l'integrazione al trattamento minimo su altra pensione di reversibilità a carico dell'A.G.O., per il periodo 1.7.1981/30.11.1986, ai sensi della sentenza n. 314/85 della Corte Costituzionale, trattenendo però tale importo (pari a lire 11.040.920) a parziale compensazione dell'indebito sull'altra pensione, la difesa della ricorrente deduce che i giudici di appello, non riconoscendo alcuna limitazione alla facoltà dell'Istituto di recuperare l'indebito mediante la trattenuta di arretrati, hanno violato la disciplina di cui all'art. 69 della legge n. 153/69, non tenendo conto del fatto che, anche in
relazione a crediti dell'INPS, le pensioni possono essere cedute, sequestrate o pignorate nei limiti del quinto, con l'ulteriore limite della salvezza del trattamento minimo.
Sostiene che non può neppure invocarsi l'art. 6, comma 11 quinquies, del d.l. 463/83, convertito dalla legge 638/83, in quanto
la deroga da esso disposta opera limitatamente al caso della doppia integrazione al minimo, mentre resta ferma, per gli altri casi, la disciplina generale dettata dall'art. 69 citato.
Il ricorso è fondato.
L'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) dispone al primo comma che le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti a carico dell'INPS, così come gli assegni di cui all'art. 11 della legge n. 1115 del 1968, "possono essere ceduti, sequestrati
e pignorati, nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l'Istituto nazionale della previdenza sociale derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive, escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative".
Il secondo comma fa comunque salvo, per le pensioni ordinarie, l'importo corrispondente al trattamento minimo.
Il significato delle disposizioni è chiaro: l'INPS, salvo il diritto di avvalersi, come ogni creditore, dell'azione di ripetizione di cui all'art. 2033 c.c., può recuperare gli indebiti o le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo della pensione (Cass., 4 aprile 1978 n. 1532;
23 gennaio 1989 n. 383
). Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Novara, il principio opera anche sugli arretrati di pensione o di trattamento minimo.
Diversamente argomentando, il pensionato che non riceva la pensione nella misura spettante per un periodo più o meno lungo, e che per ciò stesso subisce un danno (potendo essere costretto, al limite, a ricorrere al credito per sopperire alle proprie necessità), verrebbe ad essere ulteriormente danneggiato per il fatto che la somma finalmente riconosciutagli e liquidatagli a titolo di arretrati pensionistici gli potrebbe essere interamente pignorata o trattenuta;

nel mentre il pensionato che ha sempre percepito la pensione nella misura corretta potrebbe essere assoggettato a pignoramento o trattenuta della stessa solo nei limiti del quinto e con salvezza del trattamento minimo.
Quanto all'art. 6, comma 11 quinquies, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, come convertito con la legge 11 novembre 1983, n. 638,
trattasi di disposizione che, seppure formulata in termini generali ("Le gestioni previdenziali possono procedere al recupero sul trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza anche in deroga ai limiti posti dalla normativa vigente"), è sempre stata interpretata, per la sua collocazione, come riferita esclusivamente alla indebita percezione della integrazione al minimo: Cass., S.U., 22 febbraio 1995 n. 1965, Sez. Lavoro, 10 dicembre 1996 nn. 11009 e 11010. E, pur nell'ambito limitato sopra precisato, la interpretazione costituzionalmente corretta della norma, onde evitare contrasti con l'art. 38 della Costituzione, impone di ritenere che la deroga alla normativa vigente, in essa prevista, non riguarda i limiti indicati dall'art. 69 della legge 30 aprile 1969, n. 153;
la diversa interpretazione, infatti, potrebbe incidere sui mezzi occorrenti al pensionato per soddisfare i bisogni primari suoi e della sua famiglia (Corte Cost., 24 maggio 1996 n. 166). Per tutto quanto esposto il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con la dichiarazione di irripetibilità della intera somma di lire 16.724.065, indebitamente corrisposta alla signora G, a titolo di pensione a carico del Fondo dazieri, dall'aprile 1984 al dicembre 1985.
La somma di lire 11.040.320, infatti, riguarda, come deduce l'assicurata in ricorso senza che l'INPS nulla obietti, gli arretrati liquidati alla pensionata, in forza della sentenza della Corte Costituzionale n. 314 del 1985, a titolo di integrazione al trattamento minimo, per il periodo dal 1^ luglio 1981 al 30 novembre 1986.
Si tratta, in altri termini, delle differenze fra la pensione non integrata, corrisposta nel ricordato periodo, e il trattamento minimo.
Ne consegue che tale importo non può, per il disposto dell'art. 69, commi 1 e 2, della legge n. 153 del 1969, essere ceduto, sequestrato, pignorato o trattenuto in compensazione. Quanto al residuo importo di lire 5.683.745, è pacifico che lo stesso non è soggetto a ripetizione ai sensi dell'art. 1, commi 260 e seguenti, della legge n. 662/96, e che, per questo, è stato abbandonato dall'INPS.
L'alterno esito dei due gradi del giudizio di merito giustifica la compensazione, fra le parti, delle spese processuali relative. Le spese di questo giudizio di legittimità vanno poste a carico dell'Istituto soccombente e li liquidano come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi