Cass. pen., sez. IV, sentenza 06/02/2023, n. 04948

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 06/02/2023, n. 04948
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04948
Data del deposito : 6 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ROTOLO ROCCO nato a GIOIA TAURO il 23/06/1967 avverso l'ordinanza del 05/10/2021 della CORTE APPELLO di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere M B;
lette/s ite le conclusioni del PG

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5/10/2021, la Corte di appello di Roma ha rigettato l'istanza di equa riparazione presentata da R R per la dedotta ingiusta detenzione sofferta in carcere dall'11/12/2014 al 20/7/2017, nell'ambito di un procedimento penale in cui era chiamato a rispondere di partecipazione ad una associazione di tipo mafioso, radicata in Roma e zone limitrofe, comunemente detta "Mafia capitale". La Corte territoriale, nel rigettare la domanda, ha riconosciuto una causa ostativa alla concessione dell'indennizzo ravvisando comportamenti gravemente colposi in capo al ricorrente, suscettibili di avere contribuito all'adozione ed al mantenimento della misura a carico del richiedente.

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione l'interessato, a mezzo di difensore, articolando due motivi di ricorso. I) Violazione di legge in relazione alla colpa grave;
travisamento ed omessa valutazione dei fatti sulla base dei quali è stata ritenuta sussistente la colpa grave;
contraddittorietà della motivazione. La difesa lamenta che la Corte di merito, nel rigettare la richiesta riparatoria, avrebbe fatto riferimento ad argomentazioni inesistenti, travisando le risultanze del procedimento di merito ed esprimendo una motivazione contraddittoria. Secondo la Corte di Appello: "Vi è stato quindi un comportamento che appare gravemente colposo, sostanziandosi in azioni contigue ad associazioni criminali, e che ha oggettivamente, non chiarendo tali circostanze, relative a comportamenti dubbi e anzi indizianti, determinato il mantenimento della custodia, anche se dalla lettura dell'ordinanza di custodia e della sentenza del Tribunale non emerge, come sostiene correttamente la difesa, che vi fosse piena consapevolezza da parte dello stesso ROTOLO dell'operato di BUZZI in quanto componente della associazione a delinquere operante a Roma denominata convenzionalmente Mafia Capitale". Ebbene, la Corte di Cassazione, con sentenza del 12/6/2020, ha escluso il carattere mafioso dell'associazione contestata agli altri imputati del processo "Mondo di mezzo" e ha riaffermato l'esistenza, già ritenuta nel processo di primo grado, di due distinte associazioni per delinquere semplici, l'una dedita a reati di estorsione, l'altra ad attività di corruzione nei confronti di funzionari e politici. La Corte di merito pone in evidenza che il prevenuto si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia. Ciò non può valere ad escludere l'indennizzo per ingiusta detenzione. Invero, il diritto al silenzio rientra nel generale diritto di difesa sancito dalla Costituzione. Peraltro l'ordinanza di custodia cautelare notificata al R si componeva di sole 45 pagine, a fronte della ben più corposa ordinanza che aveva riguardato l'indagine "Mondo di mezzo", costituita da oltre 700 pagine, soltanto menzionata nel provvedimento notificato al ricorrente. Si spiega in tal modo la decisione del ricorrente di avvalersi della facoltà di non rispondere in interrogatorio, avendo egli appreso solo in modo parziale i fatti posti a fondamento delle accuse che lo riguardavano. Contraddittorio è il passaggio motivazionale nel quale il giudice della riparazione addebita comportamenti gravemente colposi al richiedente, pur prendendo atto, in motivazione, che egli non avesse piena consapevolezza dell'operato di B quale componente dell'organizzazione convenzionalmente conosciuta con il nome di "Mafia capitale". Tale passaggio renderebbe evidente come il R non potesse fornire alcuna spiegazione in ordine ai comportamenti addebitatigli. Il lungo e articolato iter dibattimentale, che ha caratterizzato la celebrazione del processo sui fatti dell'indagine "Mondo di mezzo", ha palesato l'inesistenza di rapporti o cointeressenze fdrIscari del ricorrente con esponenti di consorterie mafiose. Si è accertato nel processo un fenomeno di collusione generalizzata, diffusa e sistemica, non accompagnato da alcun metodo intimidativo e mafioso (cfr. sentenza della Corte di Cassazione del 20/6/2020). La Corte territoriale non si confronta con il contenuto delle sentenze che hanno riguardato la posizione del R e con gli atti del dibattimento celebrato a carico di questi. Non si è tenuto conto del fatto che il R, in sede dibattimentale, ha reso spontanee dichiarazioni, spiegando chiaramente di non avere intrattenuto rapporti di rcélCun tipo con i parenti calabresi. II) Violazione di legge in relazione all'art. 314 cod. proc. pen.;
omessa valutazione in ordine alla gravità della colpa. La Corte di merito ha ritenuto di individuare nel comportamento serbato dal ricorrente una forma di contiguità con esponenti di associazioni criminali. Tale affermazione troverebbe netta smentita in atti. Dal contenuto di tutte le intercettazioni telefoniche ed ambientali risulta come R fosse totalmente disinteressato alla costituzione della società "Santo Stefano", reputandola antieconomica. Sotto questo profilo appare fortemente contraddittoria l'ordinanza impugnata nella parte in cui ritiene confermato che egli fosse d'accordo sulla costituzione della suddetta società. R, nato in Calabria, viveva da decenni a Roma, dove conobbe B, il quale, inserito nel circuito delle cooperative, offriva prospettive lavorative nella fase dell'esecuzione della pena a coloro che aspiravano ad un reinserimento sociale. Lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale ha ampiamente chiarito che il tenore dei dialoghi intercettati - che il provvedimento impugnato riporta ampiamente alle pagg. 3, 4 e 5 - non corrispondeva alla realtà delle cose. Si tratta di dialoghi intervenuti nell'ambito di un contesto nel quale i colloquianti - pregiudicati anche per reati gravi, avviati sul percorso di attività lavorative lecite - trascorrendo intere giornate insieme, spesso si schernivano sulle vicende che avevano provocato le loro problematiche giudiziarie. Questo tono caratterizzava anche i dialoghi di B, il quale, nell'ambito della "Cooperativa 29 giugno", chiamava scherzosamente i lavoratori "ndranghetisti ", "camorristi" e "mafiosi". Lo stesso tono era adoperato nei confronti di C Salvatore (anch'egli in passato rimasto coinvolto in vicende criminali per le quali aveva riportato condanna). Il confronto con i dati documentali e lo scrutinio dell'intero compendio intercettivo ha consentito, nelle fasi di merito, di accertare l'inesistenza di rapporti della "Cooperativa 29 giugno" con realtà criminali meridionali e la stessa artificiosità di molti dialoghi captati. La Corte di appello annota che B, già negli anni 2007-2008 aveva gestito, nei pressi dei luoghi ove operava la cosca dei Mancuso, a Cropani, un centro di accoglienza per richiedenti asilo. Si tratterebbe di un errore evidente, in quanto Cropani Marina appartiene alla provincia di Catanzaro, mentre i Mancuso operano a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. Peraltro, riguardo ai fatti del 2007/2008, non emerge alcun coinvolgimento del R. La Corte di appello ometterebbe di considerare il dato inequivocabile che R inizia a lavorare nelle "Cooperativa 29 giugno" nell'anno 2012;
B già conosceva all'epoca C, pertanto non avrebbe avuto alcun bisogno di avvalersi dell'intermediazione di Rocco R.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi