Cass. civ., sez. V trib., sentenza 17/03/2021, n. 07429
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iato la seguente SENTENZA sul ricorso 9467-2017 proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;- ricorrente - 2020 Nonché da: 747 SANTANGELO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell'avvocato P P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato A M giusta procura a margine;- controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 11792/2016 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 23/12/2016;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. A M F;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G G che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;udito per il ricorrente l'Avvocato C G che ha chiesto l'accoglimento;udito per il controricorrente l'Avvocato M A che ha chiesto il rigetto e l'accoglimento del ricorso incidentale condizionato;R.G.N. 9467-17 FATTI DI CAUSA Con atto del 24.6.2015, registrato in data 1.7.2015, rogito del notaio S S, L V donava, separatamente ed in parti uguali, ai figli P, F e F il 24,50% del capitale sociale della Immobilfin S.p.A.. Con il contratto le parti chiedevano l'applicazione del beneficio previsto dall'art. 3 comma 4 ter del d.lgs. 346 del 1990, ossia l'esenzione fiscale per i trasferimenti effettuati an- che tramite patti di famiglia. L'Agenzia delle entrate notificava a Stefa- no Santangelo, notaio rogante, l'avviso di accertamento di maggior imposta di donazione n. 15007047754, ai sensi dell'art. 57, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, non ritenendo sussistere i requisiti per la concessione dell'esenzione, atteso che tale beneficio trovava applica- zione limitatamente alle partecipazioni mediante le quali era acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. (mag- gioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria). Stefano Santange- lo impugnava l'atto impositivo e la Commissione Tributaria Provincia- le di Napoli, con sentenza n. 7113 del 2016, rigettava il ricorso, sulla base del rilievo che con il patto di famiglia non era rispettata la condi- zione della prosecuzione di attività di impresa o di controllo per cin- que anni. Il notaio rogante appellava la pronuncia, denunciando l'erronea valutazione dei fatti di causa e rilevando che il potere di con- trollo si era trasferito congiuntamente in capo ai donatari, nella stessa consistenza già sussistente in capo al donante, come confermato dalla stipula di un patto parasociale accessorio, restando peraltro salva la R.G.N. 9467-17 "ratio" dell' agevolazione tributaria. La Commissione Tributaria Re- gionale della Campania, con sentenza n. 11792/32/16, accoglieva l'appello, ritenendo sussistente, nella specie, il presupposto per l'applicazione dell'esenzione, posto che il contratto era stato accompa- gnato dalla stipula di un patto parasociale accessorio con cui i tre figli avevano convenuto, con l'approvazione del padre, di adottare gestione e decisioni all'unanimità per cinque anni rinnovabili alla scadenza, con reciproco divieto di alienare azioni, sicchè era evidente la volontà delle parti di porre in essere un controllo societario esclusivamente congiun- to. I giudici di appello, pur accogliendo l'appello, per errore materiale, nel dispositivo rigettavano il gravame. In considerazione di tale errore, S S, con istanza del 3.2.2017, formulava domanda di correzione di errore materiale ai sensi dell'art. 288 c.p.c., che veniva accolta con ordinanza n. 989 del 2017. L'Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo un unico motivo, illustrato con memorie. S S si è costituito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato ad un'unica censura. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Per ragioni di priorità logica va esaminato il ricorso incidentale con- dizionato proposto da S S, con il quale si denuncia nullità della sentenza per contraddittorietà tra motivazione e dispositi- vo, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. Il ricorrente propone il mezzo solo nel caso in cui si dovesse ritenere non esatta la procedura di correzione dell'errore materiale della sentenza della Commissione Regionale della Campania n. 11792/32/16 (conclusa con ordinanza n.R.G.N. 9467-17 989 del 2017) nella quale sarebbe evidente l'errore del dispositivo in contraddizione con la motivazione, per effetto di una mera svista ma- teriale del giudicante. 1.1. Il motivo è infondato. E' stato, infatti, precisato con riferimento alle pronunce di questa Corte - ma il principio è applicabile anche alla fattispecie in esame, che riguarda una pronuncia del giudice tributario - che: "Il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo di una pronuncia della Corte di Cassazione e quanto dichiarato in motivazione, non incidendo sull'idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibili il contenuto della statuizione giudiziale, non integra un vizio attinente alla portata concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, correggibile ai sensi degli artt. 287 e 397 bis c.p.c., trat- tandosi di ovviare ad un difetto di corrispondenza tra Pideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, rilevabile "ictu oculi" dal testo del provve- dimento, senza che venga in rilievo un'inammissibile attività di specificazione o di intopretazione della sentenza di legittimità". (Cass. n. 668 del 2019;Cass. n. 15321 del 2012). 2. Ciò premesso, con l'unico motivo di ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 4 — bis n. 346 del 1990, dell'art. 20 d.P.R. n. 131 del 1986 e delle norme in materia di in- terpretazione dei contratti, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Con il patto di famiglia stipulato in data 24.6.2015, il disponente, L V, ha attribuito ai discendenti, ai sensi deiQ /arty. 768 bis c.c., come anticipi della propria successione, parte delle sue azioni possedu- te nella società "Immobilfin s.p.a.". Con il contratto, le parti hanno R.G.N. 9467-17 chiesto l'applicazione del beneficio previsto dall'art. 3 comma 4 ter del d.lgs. 346 del 1990, ossia l'esenzione fiscale per i trasferimenti effettua- ti anche tramite patti di famiglia. L'Agenzia delle entrate lamenta che trattandosi di cessione di azioni, l'esenzione è subordinata al mantenimento del controllo societario a mente dell'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c., mentre il patto non rispette- rebbe il requisito previsto, disponendo la donazione delle azioni in parti uguali. A tale proposito, si precisa che sia in dottrina che in giurisprudenza è accreditata la natura dell'imposta di registro, cui è assimilabile per co- munanza di principi l'imposta di successione, come "imposta d'atto", pertanto, per stabilire i presupposti ed i criteri di tassazione occorre- rebbe fare riferimento al contenuto e agli effetti che emergono dall'atto stesso (art. 20 d.P.R. n. 131 del 1986) a nulla rilevando, a tale fine il "patto parasociale", stipulato successivamente in data 25.6.2015. Secondo l'Ufficio ricorrente, i giudici di appello non si sarebbero con- formati agli enunciati principi, ritenendo che il controllo societario po- tesse essere assicurato mediante la stipulazione di un patto parasociale accessorio del 25 giugno 2015, di cui l'Agenzia ha avuto conoscenza solo nel corso del giudizio. Al contrario l'agevolazione avrebbe potuto trovare applicazione solo nel caso in cui V L avesse donato il pacchetto azionario ai suoi tre figli in comproprietà tra loro: in tal ca- so, in base all'art. 2347 c.c., i diritti dei comproprietari sarebbero stati esercitati da un rappresentante comune, che avrebbe avuto a disposi- zione la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria. Il pat- to di famiglia non può ritenersi "integrato" da un patto successivo, di cui non si sa nemmeno se sia stato registrato.R.G.N. 9467-17 2.1.11 motivo è fondato, per i principi di seguito enunciati. a)Non è contestato che con il patto di famiglia, stipulato in data 24 giugno 2015, L V, titolare del 99% del capitale sociale della soc. Immobilfin s.p.a., ha ceduto ai tre figli P, F e F Visconti, il 74% del capitale sociale, attribuendo precisamente a P e F il 24,5% ciascuno ed a F Visconti il 25% dello stesso. Il giorno dopo la stipulazione del patto di famiglia, in data 25 giugno 2015, le parti hanno stipulato un patto parasociale accessorio (v. pag. 4 controricorso), con il quale hanno convenuto che: a) qualunque atto di ordinaria e/o straordinaria amministrazione e qualsiasi decisione nelle assemblee e negli organi amministrativi della società Immobilfin S.p.a. avrebbero dovuto essere prese all'unanimità tra gli stessi figli;b) l'impegno a non recedere dal patto per sua intera durata, fissata nel massimo previsto dalla legge pari a cinque anni, alla cui scadenza le parti avrebbero potuto rinnovare il patto;e) il divieto di alienare tutte o parte delle azioni detenute nella società Immobilfin S.p.a. per tutto il tempo in cui avrebbe avuto efficacia il patto parasociale;d) di comune accordo tra loro, nel caso in cui uno dei tre fratelli si fosse determinato a vendere tutte o parte delle partecipazioni ricevute dal padre nella so- cietà Immobilfin S.p.a. entro il termine di cinque anni decorrente dalla cessazione dell'efficacia del divieto di alienazione, lo stesso sarebbe rimasto obbligato a preferire, a parità di condizioni, gli altri due fratelli rispetto a qualunque altro acquirente. Ciò premesso in fatto, la questione all'esame della Corte è se debba es- sere riconosciuta l'esenzione prevista dall'art. 3, comma 4 ter, del d.lgs. n. 246 del 1990, in fattispecie, come quella in esame, in cui il patto di famiglia prevede la cessione del capitale sociale in parti uguali ai legit- timari, senza che sia possibile, per tale ragione, assicurare il controllo R.G.N. 9467-17 societario ai sensi dell'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c., che le parti hanno inteso comunque garantire mediante un patto parasociale accessorio, non registrato (ma siglato in data 25.6.2015 v. pag. 3 controricorso) con cui si impone, inter alia, che qualunque atto di ordinaria e/o straordinaria amministrazione e qualsiasi decisione nelle assemblee e negli organi amministrativi della società debbano essere presi all'unanimità tra gli stessi beneficiari. b) Ai fini dell'esame della questione, si impone l'illustrazione del qua- dro normativo di riferimento. Con lo scopo di adeguare il diritto successorio alle esigenze del sistema economico, la legge 14 febbraio 2006, n. 55, ha introdotto nel libro II ("Delle successioni") al titolo IV del Codice Civile, un nuogo capo V- bis rubricato "Patto di Famiglia", composto dagli articoli da 768- bis a 768 — octies. Il patto di famiglia è il contratto con il quale l'imprenditore trasferisce in tutto o in parte la propria azienda (o, in tutto o in parte, le proprie quote di partecipazione) ad uno o più discendenti, specificamente in- dividuati dal soggetto disponente, nel rispetto delle disposizioni civili- stiche concernenti l'impresa familiare e la disciplina delle società. Per consentire il controllo del passaggio generazionale dell'impresa, con il patto di famiglia si concede all'imprenditore -per atto inter vivos imme- diatamente efficace — di individuare nella cerchia dei propri discenden- ti il soggetto o i soggetti ritenuti più idonei a proseguire l'attività im- prenditoriale, pur non pregiudicando gli altri discendenti, i quali hanno il diritto a vedere liquidata la quota assegnata ad altri con un equivalen- te in denaro.R.G.N. 9467-17 Il patto di famiglia deve avere ad oggetto una partecipazione che con- senta (anche solo potenzialmente) al cessionario di continuare ad eser- citare nell'azienda quel potere gestionale già presente in capo al ceden- te o, comunque, di influire sulle scelte gestionali della società. Median- te il patto, il Legislatore ha voluto prestare tutela all'attività imprendi- toriale, non esclusivamente nell'interesse dell'imprenditore e della sua famiglia, ma anche ai fini di tutela di interessi superindividuali alla con- servazione di efficienza delle unità produttive e non già per rafforzare la posizione del disponente. Infatti, la legge ha introdotto un contratto a struttura rigida evente ad oggetto beni produttivi e che necessita, per il perfezionamento, della partecipazione di tutti i legittimari. Lo strumento negoziale del patto di famiglia realizza dunque l'obiettivo di garantire l'univicità del controllo e della leadership dell'azienda, evitando qualsivoglia forma di frammentazione del com- plesso produttivo che potrebbe eziologicamente essere determinata per effetto dell'apertura della successione ereditaria in via ordinaria. Con l'istituto, il Legislatore ha inteso, altresì, prevenire liti tra gli eredi, che potrebbero compromettere l'assetto organizzativo predisposto dall'imprenditore per la propria azienda, così evitando il fenomeno della c.d."deriva generazionale", ossia il fallimento della società con- nesso ad un'errata gestione dei profili legati alla successione nell'impresa. In tal modo, si garantisce la stabilità del passaggio gene- razionale dell'azienda familiare, con un'anticipazione temporale delle vicende legate all'apertura della futura successione. Tale stabilità è ga- rantita dal fatto che, una volta stipulato il patto, selezionati i discen- denti idonei a proseguire l'attività di impresa e liquidati gli altri legitti- mari, questi ultimi non potranno più modificare la situazione successo- ria dell'azienda, come voluta e cristallizzata dall'imprenditore. Agli altri R.G.N. 9467-17 legittimari, rispetto ai beni di impresa oggetto del patto di famiglia, è preclusa l'azione di riduzione (art. 553 e ss. c.c.) o la richiesta di colla- zione. Il patto di famiglia si caratterizza essenzialmente per l'effetto preclusivo di ogni possibile contestazione e revisione dell'operazione al momento dell'apertura della successione. c)Con il patto parasociale successivo ( stipulato il giorno dopo) gli as- segnatari hanno concordato le sopra richiamate pattuizioni accessorie (v. sub.
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