Cass. civ., SS.UU., sentenza 04/02/2009, n. 2634
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In tema di appalto di lavori pubblici, la cauzione provvisoria, prevista dall'art. 30 della legge n. 109 del 1994 (al pari della garanzia fideiussoria da cui può essere sostituita), oltre a svolgere la funzione di garantire la serietà dell'offerta - con la conseguenza che ove l'aggiudicatario non stipuli il contratto decade dall'aggiudicazione e la stessa viene incamerata dall'appaltante - si configura come caparra confirmatoria, e non come clausola penale o come pegno irregolare. Conseguentemente, diversamente dalla clausola penale, dove il danno sopportato dal creditore viene risarcito solo con la promessa di una prestazione di una somma di denaro o cose fungibili, e dal pegno irregolare, dove il danno è risarcito con l'assegnazione, sino a concorrenza, del pegno ad opera del giudice, al contraente beneficiario è consentito, non solo di incamerare immediatamente le somme oggetto della cauzione, ma anche di richiedere il risarcimento del maggior danno da inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva ritenuto che l'incameramento della cauzione non esauriva il diritto dell'Amministrazione al risarcimento del danno per aver dovuto affidare i lavori ad altra impresa a maggior costo).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M S - Primo Presidente f.f. -
Dott. E A - Presidente di Sezione -
Dott. P R - Presidente di Sezione -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5164/2007 proposto da:
F F, titolare della Impresa omonima, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICCARDO GRAZIOLI LANTE 76, presso lo studio dell'avvocato I S, rappresentato e difeso dagli avvocati PROCACCINI ERNESTO, V D, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
C D C D C, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RICCARDO GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell'avvocato B, rappresentato e difeso dall'avvocato P S, per procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 13/2006 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 24/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2009 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
uditi gli avvocati Arturo RIANNA per delega dell'avvocato Ernesto Procaccini, Silvia PACCIARINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, in subordine per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 2 maggio 2000 il comune di Città di Castello citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia il sig. F Francesco, titolare di un'omonima impresa di costruzioni stradali. Premesso che a detta impresa era stato aggiudicato un appalto per lavori di imbrecciatura di strade comunali ma che essa si era poi rifiutata di procedere all'esecuzione delle opere appaltate lamentando l'inadeguatezza del corrispettivo, l'attore chiese che il contratto fosse risolto e che il convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento. Instauratosi il contraddittorio, il sig. F si difese eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito e chiese, in via subordinata, che le domande proposte dal comune fossero dichiarate inammissibili o rigettate. Avanzò inoltre, a propria volta, domande riconvenzionali tese sia a far annullare il contratto d'appalto, per l'errore essenziale in cui egli lamentava di essere incorso in ordine al costo dei materiali occorrenti per eseguire le opere appaltate, sia ad ottenere la restituzione della somma a suo tempo versata a titolo di cauzione.
Il tribunale, con sentenza del 21 marzo 2003, dopo aver l rigettato l'eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, accolse le domande proposte dal comune, pronunciò la risoluzione del contratto d'appalto per inadempimento del convenuto, respinse le domande riconvenzionali di quest'ultimo e lo condannò al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 8.805,59 (oltre agli accessori ed alle spese di causa).
Il sig. F interpose gravame, ma la decisione di primo grado fu integralmente confermata dalla Corte d'appello di Perugia, con sentenza depositata il 24 gennaio 2006. Detta corte, infatti, premesso che, secondo la normativa vigente al tempo dell'aggiudicazione definitiva dei lavori all'impresa F (16 febbraio 1999), tale aggiudicazione implicava il perfezionamento del rapporto contrattuale tra le parti, assumendo la successiva stipulazione del contratto d'appalto una funzione meramente riproduttiva, osservò che, dopo l'entrata in vigore del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, è solo invece con la formale stipulazione che
sorge il vincolo contrattuale, ma che resta nondimeno fissata al momento dell'aggiudicazione definitiva la conclusione del procedimento "ad evidenza pubblica" nel cui ambito si radica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
onde, con riguardo alle vicende successive a tale momento, qualora si discuta dell'inadempimento dell'aggiudicatario all'obbligo di sottoscrivere il contratto e del conseguente diritto all'incameramento della cauzione da parte dell'amministrazione, senza che venga in questione l'esercizio di alcun potere di autotulela a quest'ultima spettante, si verte in materia di diritti soggettivi rimessi alla giurisdizione del giudice ordinario.
Quanto al merito, la corte umbra rilevò che il vizio del volere denunciato dal sig. F era insussistente, avendo egli a suo tempo rilasciato una dichiarazione di conoscenza delle condizioni del progetto e dei prezzi dell'appalto;
e che, contrariamente a quel che l'appellante aveva sostenuto, l'incameramento della cauzione ad opera dell'amministrazione appaltante non esauriva il diritto al risarcimento dei danni a quest'ultima spettante per aver dovuto affidare in via d'urgenza i lavori in questione ad altra impresa sobbarcandosi ad un maggior costo.
Avverso tale sentenza il sig. F ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati poi anche con memoria, ai quale il comune di Città di Castello ha replicato con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il comune controricorrente ha eccepito l'inammissibilità dei dedotti motivi di ricorso per l'inadeguata formulazione dei quesiti di diritto richiesti dall'art. 366 bis c.p.c.. L'eccezione è però