Cass. civ., sez. III, sentenza 17/09/2005, n. 18441
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L'associazione temporanea di due o più imprese nell'aggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche è fondata su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa "capogruppo", la quale è legittimata a compiere, nei soli rapporti con l'amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall'appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione del rapporto, mentre nei rapporti con i terzi gli effetti degli atti giuridici posti in essere dalla mandataria senza la spendita del nome della mandante non possono ricadere nella sfera giuridica di quest'ultima.
In tema di mandato con rappresentanza, la "contemplatio domini" - che assolve alla duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente tra il rappresentante ed il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l'imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo - deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l'impiego di formule solenni o l'osservanza di un preciso rituale, e può essere manifestata attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell'altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente. Pertanto, se il mandatario, nel concludere il contratto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, per effetto del quale il mandante è direttamente obbligato nei confronti dell'altro contraente, come se l'affare gestito fosse suo proprio, e nessun rapporto si costituisce tra il mandante ed il terzo, anche se il contratto involga interessi esclusivamente propri del mandante, e l'altro contraente non ignori l'esistenza di quest'ultimo. L'accertare poi, in concreto, se vi sia stata o meno la "contemplatio domini", involgendo la necessità di indagini su elementi di fatto, è compito istituzionalmente devoluto al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici o errori di diritto.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D V - Presidente -
Dott. P I - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. P G B - Consigliere -
Dott. D B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ANDREOLA COSTRUZIONI GENERALI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. B A, elettivamente domiciliata in ROMA VIA BENNICELLI 27, presso lo studio dell'avvocato C G che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati L R, A C, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
SOCIETÀ BETON CANDEO SPA, già CALCESTRUZZI &CONGLOMERATI BITUMINOSI PVA S, in persona dell'Amministratore Unico, legale rappresentante pro tempore A C, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SAVERIO MERCADANTE 32, presso lo Studio dell'avvocato DI G V che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati C C, G R, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1192/01 della Corte d'Appello di VENEZIA, sezione terza civile, emessa il 17 settembre 2001, depositata il 28/09/01;RG. 1537/99. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/05 dal Consigliere Dott. I P;
udito l'Avvocato CARMELO ALESSIO (per delega dell'Avvocato G R);
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto n. 1280 del 7 agosto 1995, il Presidente del tribunale di Padova ingiunse ad Andreola Costruzioni Generali S.p.A. ed a Tessarolo Giuseppe s.r.l. di pagare, in via solidale tra loro, a Calcestruzzi e Conglomerati Bituminosi Padova s.r.l. la somma di lire 292.272.256, oltre accessori, a titolo di saldo per forniture di calcestruzzo, quali partecipanti dell'associazione temporanea di impresa, avente come capogruppo la società Co. Ma. Pre. s.p.a.. Con atto di citazione in data 22 settembre 1995, proposero tempestivamente opposizione le due società ingiunte, sostenendo di essere estranee al contratto di somministrazione di calcestruzzo concluso dalla Co. Ma. Pre., senza spendita del nome. Si costituì in giudizio l'opposta, ribadendo la legittimità e la fondatezza della propria iniziativa.
Con sentenza depositata il 30 aprile 1998, il giudice adito rigettò l'opposizione proposta, dichiarando integralmente compensate tra le parti le spese di giudizio.
Avverso tale sentenza propose appello la sola Andreola Costruzioni Generali. La relativa impugnazione, costituitasi l'appellata, fu respinta dalla corte di appello di Venezia, con sentenza in data 28 settembre 2001. Per la cassazione della menzionata sentenza, la società Andreola Costruzioni Generali s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso la società Beton Candeo s.p.a. (già Calcestruzzi e Conglomerati Bituminosi Padova s.r.l.).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme di legge, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), deduce: - che la sentenza impugnata violava le disposizioni di cui all'art. 1387 e segg. c.c. ed era contraddittoria in ordine ad un punto decisivo della controversia, laddove, dopo aver ricordato il principio in virtù del quale la spendita del nome può essere anche implicita agli effetti dell'art. 1388 c.c., attribuiva, peraltro, rilevanza ad elementi affatto
inequivocabili, che avrebbero potuto indifferentemente avvalorare una tesi ed il suo esatto contrario;- che, contestualmente, violava le norme di interpretazione del contratto, laddove ricercava in elementi esterni alla volontà contrattuale, siccome oggettivizzata nell'accordo, l'effettiva spendita del nome di Andreola Costruzioni nel contratto di somministrazione stipulato dalla Co. Ma. Pre. con Calcestruzzi e Conglomerati Bituminosi Padova s.r.l.;infatti gli elementi addotti dalla corte di appello ad indici di una effettiva contemplatio domini non soddisfacevano affatto il requisito dell'inequivocabilità prescritto, al fine di ritenere sussistente una contemplatio domini quanto meno implicita.
Con il secondo motivo, la ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di legge, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, deduce che la corte di appello di Venezia aveva errato nel considerare il mandato speciale con rappresentanza istitutivo dell'ATI come legittimante ad impegnare le imprese mandanti non solo nei confronti della stazione appaltante, ma altresì verso terzi soggetti, atteso che tale interpretazione risultava in contrasto con la ratio e la disciplina dell'Associazione Temporanea di imprese, nonché con la natura giuridica del contratto di mandato speciale con rappresentanza, come previsti e disciplinati dall'art. 22 e segg. d.lgs 19 dicembre 1991, n. 406. Con il terzo motivo, la ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di legge, con particolare riferimento agli art. 1362 e 1369 e. e, deduce che la corte avrebbe dovuto andare oltre il mero dato letterale della clausola contrattuale che prevedeva, tra l'altro, testualmente: "Le imprese come sopra costituite e rappresentate convengono e stipulano quanto segue: di dare mandato collettivo speciale con rappresentanza ai sensi e con gli effetti di cui agli art. 22, 23 25 e 26 del Decreto Legislativo n. 406/1991 alla Vo. Ma. Pre. s.p.a., affinché nella persona del suo Procuratore Speciale o i suoi legali rappresentanti o volontaria in forza della presente procura sia autorizzata in nome e per conto dell'impresa Co. Ma. Pre. s.p.a. e delle mandanti...;stipulare in nome e per conto proprio nonché delle mandanti, con ogni più ampio potere e con promessa di rato e valido sin d'ora, tutti gli atti contrattuali e consequenziali necessari per l'affidamento, la gestione e l'esecuzione dei lavori". Occorreva, al contrario, valutare il contenuto di tale clausola in relazione alle altre clausole contrattuali e, soprattutto, nel dubbio, intenderle nel senso conforme alla natura e all'oggetto del contratto (mandato speciale con rappresentanza ad una tra le imprese riunite, nei confronti della sola stazione appaltante).
I motivi, da esaminare congiuntamente stante la loro connessione, sono fondati.
Con riferimento al primo motivo, si rileva che, nell'ipotesi in cui il mandatario, nel concludere il contratto, non spenda il nome del rappresentato (contemplatio domini), nessun rapporto si costituisce fra il mandante ed il terzo, anche se il contratto involga interessi esclusivamente propri del mandante e l'altro contraente non ignori l'esistenza del mandante. La con-templatio domini - la quale assolve la duplice funzione di esteriorizzare il rapporto di gestione rappresentativa esistente fra il rappresentante e il rappresentato, e di rendere conseguentemente possibile l'imputazione al secondo degli effetti del contratto concluso in suo nome dal primo - deve risultare da una dichiarazione espressa ed univoca, anche se non esige l'impiego di formule solenni o l'osservanza di un preciso rituale;e può essere manifestata attraverso un comportamento del mandatario che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell'altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto concluso sono destinati a prodursi direttamente. Dal che consegue, con ogni evidenza che, se il mandatario, nel concludere il contratto per conto del mandante, non dichiara di agire in nome di costui, si esula dalla fattispecie del mandato con rappresentanza, ed è configurabile soltanto quella del mandato senza rappresentanza, per effetto del quale il mandatario e direttamente obbligato nei confronti dell'altro contraente, come se l'affare gestito fosse suo proprio. L'accertare, poi, in concreto se il mandatario abbia concluso il contratto solo per conto o anche in nome del mandante, e in particolare se vi sia stata o meno la contemplati¸ domini - involgendo la necessità^ di indagini su elementi di fatto - è compito istituzionalmente devoluto al giudice di merito, il cui apprezzamento in proposito è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici o errori di diritto.
Orbene, nel caso di specie, il giudice di merito, dopo avere rilevato e premesso che nel contratto di fornitura per cui è causa non vi fu spendita del nome da parte della mandataria, ha ritenuto che la contem-platio potesse essere dedotta sulla base di una serie di indizi. Al riguardo, osserva questa Corte che è indubbio che rientra nei compiti del giudice del merito il giudizio circa l'opportunità di fondare la decisione sulla prova per presunzioni e circa l'idoneità degli stessi elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit:
il relativo apprezzamento è sottratto al controllo in sede di legittimità, peraltro solo a condizione che sia sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici ed, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricercati in relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale. Inoltre, tenuto conto della dinamica formativa della presunzione, il giudizio di rilevanza delle prove relative ai fatti noti (da cui poi in via presuntiva affermare l'esistenza o l'inesistenza del fatto ignoto) va dato sempre nella medesima ottica della valutazione globale dei fatti (noti) che si vogliono provare, e cioè se essi, valutati globalmente, siano idonei a costituire una prova presuntiva della fondatezza della domanda. In ordine a tale mezzo probatorio, il controllo della cassazione non può riguardare il convincimento del giudice sulla rilevanza probatoria degli elementi indiziari o presuntivi, che costituisce un giudizio di fatto, ma esclusivamente la sua congruenza sul piano logico e sul rispetto dei principi che regolano i mezzi di prova. Orbene, nella fattispecie, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di prova presuntiva, ritenendo raggiunta la prova della spendita del nome cui opera della mandataria sulla base di una serie di circostanze, quali: a) alla data di conclusione del contratto 15 giugno 1992 (appunto quello di somministrazione), il contratto di mandato costitutivo dell'ATI era già stato concluso, prevedendo tra le altre cose espressamente che Co. Ma. Pre. s.p.a. avesse il potere di concludere tutti gli atti necessari alla esecuzione dei lavori successivamente appaltati;b) il contratto di somministrazione 15 giugno 1992 era stato concluso dalla capogruppo per approvvigionare il cantiere dell'appalto in Castelfranco Veneto ove operava l'ATI;c) nel contratto in questione era stata prevista la facoltà di Co. Ma. Pre. di cedere l'intero contratto alla costituenda società consortile Castellana, destinata a sostituire l'ATI, con assenso preventivo della fornitrice, ben al corrente della destinazione della somministrazione all'intera ATI, alla cessione detta a sostituzione effettuata;d) il teste Mazzei aveva confermato che il contratto venne concluso stante l'urgenza di approvvigionamento, ma che il contratto venne stipulato dalla Co. Ma. Pre. in qualità di capogruppo, tanto che venne prevista la clausola di cessione, la quale non avrebbe avuto ragion d'essere se sin dall'inizio controparte non avesse saputo quali erano i suoi effetti debitori. Trattasi di circostanze che, anche se considerate congiuntamente, appaiono del tutto irrilevanti ai fini della prova che in concreto vi fu un comportamento del mandatario, che per univocità e concludenza, potesse ritenersi idoneo a portare a conoscenza dell'altro contraente che egli agiva per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto erano destinati a prodursi direttamente. Per quanto concerne, poi, la seconda censura, rileva questa Corte che, in tema di appalto di opere pubbliche stipulato da un'associazione temporanea di imprese, l'art. 23, comma 9, del D. Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, stabilisce, in applicazione delle direttive comunitarie in materia, che l'impresa capogruppo, in qualità di mandataria delle altre imprese riunite ai sensi del precedente comma 8, ha "la rappresentanza esclusiva, anche processuale, delle imprese mandanti nei confronti del soggetto appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto". L'associazione temporanea di due o più imprese nell'aggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche è fondata, infatti, su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa "capogruppo" legittimata a compiere, nei rapporti con l'amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall'appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all'estinzione del rapporto. Come si evince dal chiaro disposto della menzionata disposizione di legge, il mandato con rappresentanza in questione concerne solo il rapporto della società capogruppo con la P. A., non i rapporti con i terzi. Il che del resto è, in buona sostanza, riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata, laddove si afferma che: "Tutta la normativa prevista dal D. Lgs. 406/1991 riguarda solo il contratto di appalto", per poi, del tutto contraddittoriamente, pervenire alla conclusione che gli effetti giuridici del contratto di somministrazione compiuti dalla mandataria non potevano che ricadere nella sfera giuridica dalla mandante (pag. 9 della sentenza).
Alla luce di quanto precede, appare evidente, con riferimento al terzo motivo, l'assoluta irrilevanza dell'affermazione di cui alla pag. 8 della sentenza impugnata, secondo cui "dall'atto notarile avente ad oggetto il mandato collettivo (di data antecedente al contratto di somministrazione), risulta expressis verbis che la Co. Ma. Pre. aveva il potere di stipulare tutti gli atti necessari all'esecuzione dei lavori anche in nome e per conto delle mandanti". Invero, una volta accertato che, con riferimento al contratto di somministrazione a suo tempo stipulato tra la società Co. Ma. Pre. e la Calcestruzzi e Conglomerati Bituminosi, non vi fu spendita del nome, ad opera della prima e che la contemplatio non poteva nemmeno dedursi attraverso elementi indiziari, appare del tutto inconferente stabilire la sussistenza o meno di un mandato dell'odierna ricorrente a favore della capogruppo Co. Ma. Pre., atteso che ciò concerne esclusivamente i rapporti interni tra tali due società. Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata, assorbiti i residui motivi, va cassata, con rinvio ad altro giudice, designato in dispositivo, che provvedere - a nuovo esame dell'appello a suo tempo proposto dall'odierna ricorrente, oltre che in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.