Cass. pen., sez. II, sentenza 24/06/2019, n. 27817

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 24/06/2019, n. 27817
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27817
Data del deposito : 24 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti nell'interesse di: T D, nato a Maddaloni il 25.7.1984;
C B, nato a Maddaloni il 13.11.1985, contro la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 10.12.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. P C;
udito il PM, nella persona del sostituto procuratore generale dott. S S, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza resa in data 10.12.2015, ha confermato quella con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva riconosciuto D T e B C responsabili del delitto di rapina aggravata in concorso per cui, esclusa la contestata aggravante di cui all'art. 61 n. 4 cod. pen., ritenuta inoltre, per entrambi, la contestata recidiva, li aveva condannati alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 200 di multa, ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali;
il Tribunale aveva applicato ad entrambi le pene accessorie conseguenti e disposto la misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 1;

2. ricorrono per Cassazione sia il T che il C lamentando:

2.1 D T:

2.1.1 violazione di legge processuale con riferimento agli artt. 603 e 604 cod. proc. pen.: premessa la essenzialità del diritto dell'imputato di partecipare al processo al fine di esercitare appieno il diritto di difesa, rileva come egli fosse stato citato in stato di libertà e successivamente tratto in arresto sicché, al momento della celebrazione del processo di primo grado, si trovava ristretto in carcere e, pertanto, in una situazione di impedimento legittimo a comparire in aula, circostanza di cui il Tribunale avrebbe dovuto prendere atto e che risulta in maniera incontrovertibile dalla notificazione dell'estratto contumaciale della sentenza, che era intervenuta presso la matricola della Casa Circondariale di Castrovillari;
osserva che, in tal caso, la presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale deve ritenersi superata rendendosi invece necessario rinnovarla in appello;

2.1.2 vizio di motivazione della sentenza: richiama i poteri del giudice di legittimità in materia di controllo della motivazione e, in particolare, nella ipotesi di travisamento del fatto segnalando che è questo il caso di specie;

2.2 Benito C:

2.2.1 violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata rilevando come la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere la richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale con l'escussione della persona offesa, residente in Germania ed impossibilitata a presentarsi in aula per motivi di salute, oltre che della teste E P, la cui audizione era stata disposta dal Tribunale ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen. ma che non si era resa possibile stante la sua sopravvenuta irreperibilità;

2.2.2 violazione di legge in relazione all'art. 628 cod. pen.: segnala che la Corte di Appello ha confermato la contestazione di rapina laddove lo stesso materiale probatorio versato in atti permetteva di rendersi conto che essi imputati si erano recati presso la abitazione della persona offesa con l'intenzione di parlare con Nicola P ed avendo soltanto approfittato della occasione per prelevare oggetti di scarso valore senza usare alcuna violenza o minaccia nei confronti della D C se non, per l'appunto, al fine farsi dire dove si trovasse il P. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili in quanto articolati su censure manifestamente infondate.

1. Il ricorso nell'interesse di D T 1.1 Con il primo motivo, la difesa del T deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 603 e 604 cod. proc. pen. osservando come egli fosse stato citato a giudizio in stato di libertà e successivamente tratto in arresto sicché, al momento della celebrazione del processo di primo grado, si trovava ristretto in carcere;
segnala che il Tribunale avrebbe dovuto procedere alla verifica della sua situazione che, d'altra parte, risultava dalla notificazione dell'estratto contumaciale della sentenza avvenuta presso la matricola della Casa Circondariale di Castrovillari;
osserva, infine, che, ai sensi dell'art. 603 comma 4, cod. proc. pen., la presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale avrebbe dovuto ritenersi superata con la conseguentemente necessaria rinnovazione in appello. Ebbene, dalla stessa lettura della sentenza di primo grado (oltre che dalla consultazione degli atti, consentita alla Corte alla luce della natura processuale della doglianza), emerge che la questione dello "status" del T, diversamente da quanto era avvenuto per il coimputato C, non era mai stata portata alla attenzione del Tribunale;
il primo giudice, infatti, per quanto concerne il C, aveva disposto gli opportuni accertamenti onde verificare la persistenza dello stato di detenzione che era stato segnalato ed accertando che, in data 10.3.2009, il prevenuto era stato rilasciato dalla Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia ove era detenuto per essere rimesso in libertà. (cfr., pag. 4 della sentenza di primo grado). Il T, invece, era stato regolarmente e ritualmente citato in stato di libertà ed altrettanto ritualmente dichiarato contumace mentre, come risulta dallo stesso tenore del ricorso, il suo stato di detenzione era sopravvenuto rispetto all'inizio del processo di primo grado e, soprattutto, non era stato dedotto o segnalato al Tribunale. È consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui la detenzione dell'imputato per altra causa, sopravvenuta dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, se non desumibile dagli atti ed in ogni caso non comunicata al giudice, neppure al momento della celebrazione dell'udienza, non determina la nullità di quest'ultima e legittima la dichiarazione di contumacia dell' imputato stesso (cfr., Cass. Pen., 2, 14.3.2017 n. 30.258, Minguzzi;
conf., Cass. Pen., 2, 9.4.2015 n. 17.810, Milani;
Cass. Pen., 4, 1.2.2012 n. 14.416, Rega). D'altra parte, la (non contestata) regolarità della notificazione del provvedimento dispositivo del giudizio di primo grado e, comunque, la (altrettanto incontestata) ritualità ed effettività della notificazione dell'estratto contumaciale, esclude che possa darsi rilievo ed invocarsi il principio di cui al comma 4 dell'art. 603 cod. proc. pen. norma (ancora) applicabile al caso di specie "ratione temporis";
tale norma, infatti, prevede(va) la rinnovazione della istruttoria dibattimentale, al di fuori dei limiti di cui ai commi 2 e 3 dello stesso art. 603 cod. proc. pen., nel caso in cui l'imputato, già dichiarato contumace che abbia potuto dimostrare di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore ovvero di non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che ciò sia avvenuto non per sua colpa. Se non ché, la "colpa" dell'imputato è ravvisabile proprio fatto che, una volta regolarmente citato in stato di libertà, sarebbe stato suo preciso quello di segnalare tempestivamente il suo sopravvenuto stato di detenzione e la sua volontà di partecipazione al processo (cfr., Cass. Pen., 4, 29.9.2003 n. 46.001, L;
Cass. Pen., 4, 13.7.2005 n. 36.916, C) non potendo, "a posteriori", invocare la rinnovazione della istruttoria dibattimentale per non aver potuto partecipare al processo.
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