Cass. pen., sez. III, sentenza 14/03/2023, n. 10730
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da C G, nato a Lodi il 10-06-1963, avverso la sentenza del 20-01-2022 della Corte di appello di Milano;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere F Z;lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. R G, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020, che ha chiesto di rigettare il ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 18 marzo 2022, la Corte di appello di Milano confermava la decisione del 15 febbraio 2021, con cui il Tribunale di Milano aveva condannato G C, con i doppi benefici di legge, alla pena di 4 mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 10 ter del d. Igs. n. 74 del 2000, a lui contestato, perché, quale amministratore unico della società C.L.H. s.r.I., con sede in Milano, ometteva di versare l'iva per l'anno 2016, per un importo complessivo di euro 512.141,00;in Milano il 27 dicembre 2017. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello meneghina, C, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con il quale la difesa deduce l'erronea applicazione degli art. 51 cod. pen. e 13 del d. Igs. n. 74 del 2000, in relazione agli art. 10 ter del medesimo decreto, osservando che l'imputato, pur avendo in corso un pagamento rateizzato con l'Erario, pur adempiendo regolarmente il pagamento delle rate e pur avendo accantonato liquidità per il pagamento del debito relativo a diverse annualità, si era trovato nell'impossibilità non solo di estinguere il debito prima della apertura del dibattimento, ma financo di concordare un diverso piano di pagamento con l'Erario, versando in uno stato di crisi che gli ha consentito di accedere alla definizione agevolata con riferimento alla totalità delle imposte da versare, tra cui l'iva del 2016, beneficiando della possibilità di estinguere i debiti iscritti a ruolo al netto delle sanzioni e degli interessi di mora, con un piano concordato in 18 rate, dal 31 luglio 2019 al 30 novembre 2023. Tuttavia, la definizione agevolata ha permesso agli altri creditori di perseguire un soddisfacimento maggiore, mentre, qualora C avesse provveduto al pagamento integrale dell'iva 2016 prima dell'apertura del dibattimento, comprensivo di sanzioni e interessi, avrebbe violato la par condicio creditorum. Risulterebbe dunque chiaro il contrasto tra l'attuale formulazione dell'art. 13 del d. Igs. n. 74 del 2000 e i nuovi strumenti posti a disposizione del contribuente per l'adempimento dei debiti tributari, per cui, alla luce del principio di non contraddittorietà dell'ordinamento, deve ritenersi che il piano di pagamento per la definizione agevolata concluso tra C e l'Amministrazione costituisca uno strumento idoneo all'estinzione del debito tributario, rappresentando una delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributaria, menzionate dall'art. 13 del d. Igs. n. 74 del 2000. Del resto, non si poteva esigere da C l'estinzione del debito tributario secondo le formalità previste dall'art. 13, posto che, con l'apertura della procedura di fallimento, l'imprenditore non può liberamente procedere al pagamento integrali di alcuni debitori, dovendo seguire le modalità delle procedure concorsuali. Di qui la necessità di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma.CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato.
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