Cass. pen., sez. III, sentenza 11/01/2024, n. 14631

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Sentenza
11 gennaio 2024
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Sentenza
11 gennaio 2024

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La nullità degli atti introduttivi di giudizio definito con sentenza irrevocabile, che abbia determinato un'errata dichiarazione di contumacia o di assenza, non rientra in alcuno dei casi per cui è consentita la revisione, ma, concorrendone le altre condizioni, può essere fatta valere con il rimedio della restituzione del termine di cui all'art. 175 cod. proc. pen. (nella versione vigente antecedentemente alle modifiche introdotte dall'art. 11 legge 28 aprile 2014, n. 67), in caso di sentenza contumaciale o con quello della rescissione del giudicato di cui all'art. 629-bis cod. proc. pen., in caso di sentenza pronunciata in assenza.

In tema di reati edilizi, non è consentita la revisione parziale della sentenza di condanna, intesa come relativa ad alcune porzioni soltanto dell'immobile abusivamente realizzato, posto che il reato commesso è unico. (Fattispecie in cui la Corte, a fronte della dedotta condonabilità di una mera frazione dell'edificio, asseritamente ultimata entro il 31 marzo 2003, ha escluso l'esperibilità di tale rimedio straordinario sul rilievo dell'avvenuta realizzazione abusiva di opere ulteriori in epoca successiva e della necessaria riferibilità della sanatoria all'immobile nella sua interezza).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 11/01/2024, n. 14631
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14631
Data del deposito : 11 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

monivers 14631-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da: LUCA RAMACCI Presidente - Sent. n. sez. 38/2024 UP - 11/01/2024 DONATELLA GALTERIO R.G.N. 31320/2023 ALDO ACETO - Relatore - LUCA SEMERARO ALESSANDRO MARIA ANDRONIO ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: LL AN nato a [...] il [...] ZZ IN nato a [...]( GERMANIA) il 06/12/1962 ZZ MA nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto COSTANTINI, Procuratore generale AN che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
letta la memoria del 3 gennaio 2024 dell'AVV. CARLO ALVANO che ha insistito per l'accoglimento dei ricorsi. Ricorso trattato ai sensi ex art.23 comma 8 D.L. n. 137/20. Depositata in Cancelleria Oggi, -9 APR. 2024 A E R P Luana March U B 31320/2023 RITENUTO IN FATTO 1.I sigg.ri AN IL, IN NO e MA NO ricorrono per l'annullamento della sentenza del 18 aprile 2023 della Corte di appello di Roma che ha rigettato la richiesta di revisione della sentenza del 23 marzo 2010 della Corte di Napoli (irr. il 6 marzo 2012) che, pronunciando in sede rescissoria, li aveva definitivamente condannati alla pena di tre anni e otto mesi di reclusione e 780,00 euro di multa per i reati di cui ai capi A (artt. 81, 110 cod. pen., 44, lett. c, d.P.R. n. 380 del 2001), B (artt. 81, 110 cod. pen., 64 e 71, 65 e 72, d.P.R. n. 380 del 2001), D (artt. 81, 110 cod. pen., 181, d.lgs. n. 42 del 2004) ed F (artt. 81, 110, 349, secondo comma, cod. pen.) della rubrica. Premettono in fatto che: (i) il 29 luglio 1984, AN IL, rientrata in patria dopo essere emigrata, aveva acquistato un casale colonico facente parte dell'antica Masseria Pinto, sita in una selva boschiva periferica all'interno del villaggio Arenella, passato dal Comune di Chiaiano a quello di Napoli;
(ii) il 3 agosto 1984 agenti del Corpo Forestale dello Stato avevano accertato, a seguito di sopralluogo, che i due figli della donna si trovavano sul tetto intenti a eliminare le superfetazioni vegetali mentre la madre stava dando fuoco ai tralci buttati a terra;
la scena era stata riportata nel verbale e riprodotta fotograficamente;
la donna, invitata a mettersi in regola, il giorno dopo aveva presentato regolare istanza al municipio;
(iii) il 15 dicembre 1986 la IL aveva stipulato un atto notarile per regolare i confini con i vicini;
(iv) il 13 agosto 2003 la Polizia Municipale aveva effettuato un sopralluogo rilevando lavori per la sistemazione del muro di confine e dell'area circostante senza riscontrare lavori in corso o operai al lavoro;
(v) dai successivi accertamenti era emerso che era stato chiesto il cd. "condono-ter" e che il fabbricato non risultava esistente in un rilievo datato 12 maggio 2003 estratto dal programma Google Earth;
(vi) il Comune, però, affermando di aver effettuato un sorvolo con mezzi propri aveva intrapreso la demolizione del fabbricato, sospesa e poi annullata dal Consiglio di Stato previo incarico peritale al Ministero delle Infrastrutture;
(vii) il documento originale, benché richiesto dalla Commissione incaricata dal Consiglio di Stato di svolgere gli accertamenti, non era stato prodotto né rinvenuto negli atti depositati presso l'Ufficio Antiabusivismo del Comune di Napoli;
(viii) il Consiglio di Stato, oltre alla data di ultimazione delle opere, aveva anche chiesto di accertare se e quali vincoli gravassero sull'area e se fossero tali da precludere la condonabilità delle opere;
la Commissione aveva risposto negativamente;
(ix) a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, previa diffida inutilmente inviata al Comune il 24 luglio 2017, avevano provveduto al ripristino in proprio dello stato dei luoghi ed avevano avviato l'azione di recupero delle somme occorse;
(x) medio tempore, con ulteriore decisione era stata annullata l'iscrizione a ruolo delle spese di demolizione ed il Comune condannato a supportare gli oneri di giudizio;
(xi) tratti a giudizio in sede penale, i ricorrenti erano stati irrevocabilmente condannati per la violazione dei vincoli ambientali ma assolti per il reato di truffa correlato al rilascio dei condoni edilizi;
(xii) in sede di revisione avevano sostenuto: - di non aver preso parte a nessuna delle fasi processuali per mancanza di notifica degli atti introduttivi;
nel merito, ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.: - che l'area sulla quale insiste l'abitazione non è quella oggetto di giudizio;
-che quella effettiva non è vincolata e che la costruzione di epoca rurale, che si erano limitati a rendere abitabile senza alcuna variazione, risale a tempo immemore;
che a seguito della scoperta di nuove prove con metodologie all'epoca non esistenti, un tecnico, da loro incaricato, invece di sanare i fabbricati rurali "fantasma", ha erroneamente chiesto il condono per ciascuno dei tre occupanti, errore poi riparato provvedendo al relativo adempimento;
-che nella sentenza di primo grado si afferma che la costruzione rientra nel piano territoriale "Agano-Camaldoli" del Comune di Napoli, perimetrato ai sensi del D.M. 25 gennaio 1958; -che, in realtà, il decreto si limita ad indicare le misure trigonometriche da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale;
solo nel 2004 è stata varata la normativa che vincola l'area così misurata;
->che l'area "Agnano-Camaldoli” nella quale, secondo la sentenza di primo grado (che ciò affermava in base al parere di un dirigente del Comune di Napoli mai ritrovato in atti), sarebbe stata realizzata l'opera è in realtà quella di "Selva di Chiaiano" che comprende un raggruppamento di casali rurali appartenuti al Comune autonomo di Chiaiano divenuto più recentemente la VIII municipalità del Comune di Napoli, area perimetrata diversamente con il DM 21 gennaio 1997; ché, anzi, l'area densamente abitata sulla quale insiste la costruzione non rientra nemmeno in tale perimetrazione, tant'è vero che ad oggi sarebbero possibili nuovi insediamenti;
2 эх - che, in ultima analisi, sono stati condannati per violazioni normative non esistenti nell'anno 2003 perché entrate in vigore nel 2004, in epoca cioè successiva al sopralluogo del 13 agosto 2003; che dall'esame di un atto di divisione del 1929, tutto scritto a mano, è stato possibile individuare in forma specifica i beni immobili che costituivano il complesso della Masseria Pinto di cui faceva parte il casale che, in base alla copia cartacea della cd. "canapina" borbonica del 1891 della mappa di Chiaiano riferita alla particella 47, era composta da vari fabbricati tra i quali quello dei ricorrenti;
che un notaio aveva accertato le preesistenze che, essendo rurali, non - erano accatastate e quindi non erano citate nell'atto di trasferimento, provvedendo così ad integrare l'atto di acquisto del 1984; che a mezzo di georadar era stato possibile indagare la malta ed i componenti della struttura per prelevare campioni dal sottosuolo ai fini della geodatazione;
-che le impronte impresse sulla canapina per fini fiscali avevano consentito, a mezzo del "metaverso", la ricostruzione virtuale della Masseria e delle sue strutture coloniche;
- che, utilizzando un drone, era stata effettuata un'avioripresa che aveva consentito di visualizzare l'area perimetrata indicata in sentenza e come l'abitazione ne fosse collocata all'esterno; che erano state acquisite presso l'Istituto Geografico Militare tutte le riprese aeree della zona dal 1943 al 2003 ed attraverso appositi programmi di lettura era stato possibile dimostrare l'esistenza del fabbricato rurale, inizialmente oscurato dalla fitta vegetazione;
che era stata prodotta copia del verbale del Corpo Forestale dello Stato, con relative fotografie, a testimonianza dello stato del fabbricato nel 1984, nel corso dei lavori di disboscamento occorsi per mettere a nudo la casa sepolta nella selva da secoli di abbandono;
-che un pool di tecnici qualificati aveva effettuato accurate sovrapposizioni e confronti con documenti ufficiali ed erano pervenuti, per campi diversi di specializzazione, alle medesime conclusioni con due diverse consulenze giurate che scagionavano i ricorrenti;
-che anche l'intelligenza artificiale ChatGPT aveva confermato che l'area in questione non era soggetta a vincoli;
ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.: -che due sentenze della Corte di appello di Napoli, divenute irrevocabili successivamente alla condanna impugnata, avevano annullato la demolizione ed ordinato la restituzione dell'immobile per le identiche imputazioni;
- che, in particolare, con sentenza n. 8369/2014, irr. il 18/02/2015, la Corte di appello di Napoli, nel giudicare i medesimi reati, compreso quello della 3 violazione dei vincoli, aveva dichiarato il reato estinto per prescrizione, revocando di conseguenza l'ordine di demolizione e autorizzando la rimessione in pristino con restituzione dei beni avvenuta 1'8/07/2015; che analoga decisione era stata presa con sentenza n. 7475/2014, irr. I'11/04/2015, pronunciata dalla Corte di appello nei confronti dei due figli;
ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. d), cod. proc. pen.: che si era fatto ricorso alla dichiarazione rilasciata in sede di indagini difensive da uno dei tre agenti che non avevano testimoniato in giudizio;
(xiii) la Corte di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, ha ritenuto inammissibili le istanze presentate ai sensi delle lettere a) e d) dell'art. 630 cod. proc. pen., ed ha respinto quella proposta ai sensi della lettera c). Tanto premesso in fatto, deducono, in diritto, i seguenti motivi.

1.1.Con il primo deducono la violazione dell'art. 495, commi 1 e 3, cod. proc. pen., nella parte in cui non è stata disposta l'ammissione di prove decisive a sostegno dell'eccepita omessa notificazione del decreto di citazione a giudizio.

1.2.Con il secondo motivo, relativo alla nomina del perito e al

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