Cass. pen., sez. I, sentenza 16/01/2020, n. 01628
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CELA AO nato a SANT'AGATA DI PUGLIA il 19/11/1937 avverso l'ordinanza del 24/04/2019 della CORTE APPELLO di MILANOudita la relazione svolta dal Consigliere M B;
letteke.atite le conclusioni del PG O scLtA-e d4;,54. oteP Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 24 aprile 2019 la Corte di appello di Milano, pronunciando quale giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta da A C, volta ad ottenere la revoca della sentenza, emessa nei suoi confronti dalla medesima Corte di appello in data 7/07/2006, irrevocabile il 27/09/2007. A fondamento della decisione la Corte di appello affermava l'irrilevanza dell'intervenuta modifica del regime di procedibilità dell'azione penale in ordine al delitto di cui all'art. 646 cod. pen. ad opera del D.Lgs. n. 36/2018 dopo la formazione del giudicato di condanna, sia perché, trattandosi di norma processuale, T la stessa i incide sui giudicati di condanna già formatisi, sia in quanto nel caso specifico la querela da parte della persona offesa era stata presentata.
2. Ricorre per cassazione il C per il tramite del suo difensore, il quale deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello non ha considerato che, secondo la più recente giurisprudenza (Cass. sez. 2, n. 225 dell'08/11/2018), la querela ha natura "ibrida", sia processuale, che sostanziale, condizionando tanto la procedibilità dell'azione penale, quanto la punibilità della condotta. La natura prevalentemente sostanziale della querela può essere desunta dalla disciplina codicistica in ordine alla legittimazione, all'esercizio, all'estensione,a1 termine ed all'estinzione del diritto di querela (artt.120 -127 cod. pen.). E, sebbene la querela non costituisca elemento essenziale del reato, vi si debbono riferire gli stessi principi di riserva di legge, tassatività e di irretroattività, discendenti da quello di legalità, valevoli per la prescrizione, compresa la collocazione nell'ambito del diritto penale sostanziale. Pertanto, deve trovare applicazione anche al caso la disposizione dell'art. 2, comma 2, cod. pen. con le conseguenti esclusione della fattispecie di reato e revoca della sentenza di condanna. Erroneamente il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che fosse stata presentata querela nei confronti del ricorrente, nonostante fosse stata sporta soltanto una denuncia relativa a fatti privi di fondamento, ossia alla illegittima sostituzione della denunciante vedova C ad opera della deliberazione assembleare del 30/11/1995, adottata a seguito di votazione nulla ai sensi dell'art.2359-bis cod.civ., senza fosse stata rappresentata nessuna azione di appropriazione indebita di denaro societario, condotta che piuttosto era stata compiuta dalla stessa denunciante nell'ambito dell'attività gestoria dalla stessa svolta, come riconosciuto anche nella sentenza emessa nel giudizio di rinvio dalla Corte di appello di Milano. Lo stesso giudice nell'ordinanza del 24/04/2019 ha poi osservato che l'abrogazione del 3° comma dell'art. 646 cod.pen. ad opera dell'art. 10 del D.Lgs. n. 36/2018 abbia riguardato la procedibilità del reato con effetti soltanto ex nunc in virtù del principio "tempus regit actum", negato fosse intervenuta una esplicita abrogazione intervenuta una esplicita abrogazione di una norma incriminatrice. Infatti, il nuovo articolo 649-bis cod. pen., introdotto dal D.Lgs. n. 36/2018, ha mantenuto la procedibilità d'ufficio per il reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n.11 cod. pen., ma subordina l'incriminazione al ricorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, prevedendo una fattispecie penale del tutto diversa da quella abrogata e che non è individuabile nel caso in esame per l'insussistenza di siffatte circostanze. Quanto alla condotta di falso in bilancio, la chiesta revoca della sentenza di condanna è stata
letteke.atite le conclusioni del PG O scLtA-e d4;,54. oteP Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 24 aprile 2019 la Corte di appello di Milano, pronunciando quale giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta da A C, volta ad ottenere la revoca della sentenza, emessa nei suoi confronti dalla medesima Corte di appello in data 7/07/2006, irrevocabile il 27/09/2007. A fondamento della decisione la Corte di appello affermava l'irrilevanza dell'intervenuta modifica del regime di procedibilità dell'azione penale in ordine al delitto di cui all'art. 646 cod. pen. ad opera del D.Lgs. n. 36/2018 dopo la formazione del giudicato di condanna, sia perché, trattandosi di norma processuale, T la stessa i incide sui giudicati di condanna già formatisi, sia in quanto nel caso specifico la querela da parte della persona offesa era stata presentata.
2. Ricorre per cassazione il C per il tramite del suo difensore, il quale deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello non ha considerato che, secondo la più recente giurisprudenza (Cass. sez. 2, n. 225 dell'08/11/2018), la querela ha natura "ibrida", sia processuale, che sostanziale, condizionando tanto la procedibilità dell'azione penale, quanto la punibilità della condotta. La natura prevalentemente sostanziale della querela può essere desunta dalla disciplina codicistica in ordine alla legittimazione, all'esercizio, all'estensione,a1 termine ed all'estinzione del diritto di querela (artt.120 -127 cod. pen.). E, sebbene la querela non costituisca elemento essenziale del reato, vi si debbono riferire gli stessi principi di riserva di legge, tassatività e di irretroattività, discendenti da quello di legalità, valevoli per la prescrizione, compresa la collocazione nell'ambito del diritto penale sostanziale. Pertanto, deve trovare applicazione anche al caso la disposizione dell'art. 2, comma 2, cod. pen. con le conseguenti esclusione della fattispecie di reato e revoca della sentenza di condanna. Erroneamente il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che fosse stata presentata querela nei confronti del ricorrente, nonostante fosse stata sporta soltanto una denuncia relativa a fatti privi di fondamento, ossia alla illegittima sostituzione della denunciante vedova C ad opera della deliberazione assembleare del 30/11/1995, adottata a seguito di votazione nulla ai sensi dell'art.2359-bis cod.civ., senza fosse stata rappresentata nessuna azione di appropriazione indebita di denaro societario, condotta che piuttosto era stata compiuta dalla stessa denunciante nell'ambito dell'attività gestoria dalla stessa svolta, come riconosciuto anche nella sentenza emessa nel giudizio di rinvio dalla Corte di appello di Milano. Lo stesso giudice nell'ordinanza del 24/04/2019 ha poi osservato che l'abrogazione del 3° comma dell'art. 646 cod.pen. ad opera dell'art. 10 del D.Lgs. n. 36/2018 abbia riguardato la procedibilità del reato con effetti soltanto ex nunc in virtù del principio "tempus regit actum", negato fosse intervenuta una esplicita abrogazione intervenuta una esplicita abrogazione di una norma incriminatrice. Infatti, il nuovo articolo 649-bis cod. pen., introdotto dal D.Lgs. n. 36/2018, ha mantenuto la procedibilità d'ufficio per il reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n.11 cod. pen., ma subordina l'incriminazione al ricorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, prevedendo una fattispecie penale del tutto diversa da quella abrogata e che non è individuabile nel caso in esame per l'insussistenza di siffatte circostanze. Quanto alla condotta di falso in bilancio, la chiesta revoca della sentenza di condanna è stata
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