Cass. civ., sez. I, sentenza 27/06/2022, n. 20546
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ostazione del fondo rischi, sul rilievo che i fatti che giustificavano quell’accantonamento erano antecedenti all’inizio della direzione. Infine, la Corte d’Appello ha rigettato l’appello incidentale condizionato di CNA, osservando che la modifica dell’art. 7 dello statuto non aveva determinato alcuna modifica sostanziale della clausola di prelazione poiché il trasferimento infra grupponon aveva mutato il centro decisionale cui faceva capo la partecipazione del socio e, anche ove fosse mutato, sarebbe scattatol’obbligo di ritrasferire la partecipazione. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione principale C.N.A. Servizi e Consulenze s.r.l. ,affidandolo a quattro motivi. LaProdurre Pulito s.r.l. ha resistito in giudizio con controricorso , proponendo, altresì, ricorso incidentalecondizionato. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2497 quater primo comma lett c) cod. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.. Espone la ricorrente che, ai fini dell’esercizio del recesso di cui alla norma in esame, non è indispensabile che l’inizio della direzione e coordinamento abbia prodotto un’immediata alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento, essendo sufficiente l’esistenza di una mera potenzialità modificativa delle stesse.La ricorrente deduce, altresì, che la prova della concreta attitudine a modificare in peius le condizioni dell’investimento può essere soddisfatta allegando in giudizio circostanze successive, quando siano in grado di rendere percepibili all’esterno gli effetti derivati dall’inizio del potere di direzione e coordinamento, come le risultanze del primo bilancio successivo all’inizio dell’attività di direzione e coordinamento. D’altra parte, dovendo il recesso in esame esercitarsi necessariamente entro trenta giorni dall’inizio dell’attività di direzione e coordinamento, è l’esigenza di equilibrio del sistema ad imporre di consentire al socio che recede di utilizzare, come elementi di prova dell’attitudine modificativa (in peius) dell’investimento fatti successivi alla dichiarazione. 2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2497 quater primo comma lett c) , 2497 sexies, 2727 e 2729 cod. civ. nonché degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ, dell’art. 2424 bis terzo comma cod. civ.. La ricorrente contesta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui la maggiore appostazione del fondo rischi per la gestione della discarica di Sesto, chiusa negli esercizi precedenti,non costituirebbe espressione di discrezionalità gestoriae che i fatti che giustificavano quell’accantonamento erano antecedenti all’inizio della direzione. Sul punto, rileva la ricorrente che l’incremento del fondo rischi era stato abnorme, pari al 450% rispetto all’esercizio precedente, con una decisione che non era affatto dovuta, ma che costituiva chiara espressione di discrezionalità imprenditoriale. Peraltro, il riferimento della sentenza alle perizie era avvenuto in violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., avendo la Corte d’Appello valorizzato documenti dichiarati non utilizzabili dal Tribunale, in quanto allegati solo alla terza memoria ex art.183 cod. proc. civ.. In ogni caso, l’esistenza di tali perizie era comunque inconferente. 3. Il primo ed il secondo motivo, da esaminarsi unitariamente, attenendo entrambi all’accertamento del recesso esercitato dalla CNA ex art. 2497 quater primo comma lett c) c.c. 2, sono inammissibili.Non vi è dubbio che, affinchè possa ritenersi integrato il secondo requisito della causa di recesso prevista dall’art. 2497 quater lett c) cod. civ., si condivide, in linea di principio, l’impostazione della ricorrente secondo cui non è indispensabile che l’inizio della direzione e coordinamento abbia già prodotto un’immediata alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento, essendo, invece, sufficiente l’esistenza di una potenzialità modificativa (in peius) delle stesse, e che la prova di tale alterazione possa essere fornita valorizzando circostanze successive alla dichiarazione di recesso. Va, tuttavia, osservato che la Corte d’Appello ha, in modo assorbente, comunque esaustivamente argomentato come l’incremento dell’appostazione del fondo rischi, nel bilancio 2013 di Produrre Pulito , non avesse determinato un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento in quanto svincolato da nesso di causalità con la modifica della direzione e controllo. In particolare, la Corte d’Appello ha motivatamente escluso che l’ incremento della posta “accantonamento per rischi e oneri futuri” costituisse attività gestoria discrezionale riconducibile alla direzione e coordinamento della nuova controllante, atteso che i fatti generatori della perdita erano antecedenti alla gestione della nuova società e l’incremento era stato imposto dalle risultanze delle due consulenze tecniche. Non vi è dubbio che la ricorrente, con l’apparente deduzione della violazione degli art. 2727 e 2729 cod. civ. , in relazione alla supposta mancata valorizzazione da parte della Corte di merito di circostanze integranti indizi, gravi precisi e concordanti(modifica dell’organo amministrativo di Produrre Pulito ed incremento dedotto come “abnorme” del fondo rischi) non fa che svolgere censure di merito, e come tali inammissibili, in quanto dirette a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello, attività non consentita in sede di legittimità, spettando l’accertamento in fatto esclusivamente al giudice di merito. Inoltre, è inammissibile per difetto di autosufficienza la dedotta violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.. In proposito, posto che la ricorrente ha dedotto che la Corte d’Appello, nel valorizzare le perizie in questione , sarebbe incorsa in un error in procedendo , per avere dato rilievo a documenti dichiarati non utilizzabili dal Tribunale, è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 23834 del 25/09/2019), in tema di ricorso per cassazione, che l'esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte, ove sia denunciato un "error in procedendo", presuppone l'ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'"iter" processuale senza compiere generali verifiche degli atti. Nel caso di specie, la ricorrente non ha adempiuto al proprio onere di allegazione, non avendo riportato neppure un estratto del verbale d’udienza nel quale il Tribunale di Firenze avrebbe dichiarato non utilizzabili le perizie, né altri elementi idonei ad individuare il vizio lamentato.
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