Cass. civ., sez. I, sentenza 05/09/2018, n. 21662
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Nell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società di capitali, spettante, ai sensi degli artt. 2394 e 2407 c.c., ai creditori sociali, l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti, rilevante ai fini del decorso della prescrizione quinquennale, può risultare dal bilancio sociale che costituisce, per la sua specifica funzione, il documento informativo principale sulla situazione della società non solo nei riguardi dei soci, ma anche dei creditori e dei terzi in genere. Sicché spetta al giudice di merito, con un apprezzamento in fatto insindacabile in cassazione, accertare se la relazione dei sindaci al bilancio che abbia evidenziato l'inadeguatezza della valutazione di alcune voci - a fronte della quale l'assemblea abbia comunque deliberato la distribuzione di utili ai soci, senza rilievi da parte degli organi di controllo -, sia idonea ad integrare di per sé l'elemento della oggettiva percepibilità per i creditori circa la falsità dei risultati attestati dal bilancio sociale.
Sul provvedimento
Testo completo
2 1 662.18 C.B REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto Società di capitali GIULIA IOFRIDA Presidente Responsabilità degli Consigliere ANTONIO PIETRO LAMORGESE amministratori e dei sindaci. Consigliere Rel. LOREDANA NAZZICONE Art. 146 I. fall. GIUSEPPE DE MARZO Consigliere Ud. 02/07/2018 PU PAOLA VELLA Consigliere Cron. 21662 R.G.N. 25456/2013 SENTENZA sul ricorso 25456/2013 proposto da: F B, A A, A F, Regina Vincenzo, C M, G F, G G, L P, B S, M D'Angelo Enrico, tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via Piave n. 52, presso lo studio dell'avvocato C R, rappresentati e difesi dagli avvocati M G, M F, T F, giusta procure speciali per Notaio dott. A T di Castellammare del Golfo Rep.n. 39701 del 30.10.2013 per i primi otto e Rep.n. 39711 del 31.10.2013 per gli ultimi due;
ricorrenti - 1264 1 h 8 201
contro
Fallimento della Cantina Sociale Paladino soc. coop. a r.l., in persona del Curatore avv. P L, elettivamente domiciliato in Roma, Via Lucullo n. 3, presso lo studio dell'avvocato Adragna Nicola, rappresentato e difeso dall'avvocato Colbertaldo Anna Fiorella, giusta procura in calce al controricorso;
controricorrente - e sul ricorso: S I, P D, elettivamente domiciliati in Roma, Via degli Scialoja n. 3, presso lo studio dell'avvocato Vaccaro Francesco (Studio Legalit), rappresentati e difesi dall'avvocato Buttitta Armando, giusta procura a margine di ricorso;
- ricorrenti successivi -
contro
Fallimento della Cantina Sociale Paladino soc. coop. a r.l., in persona del Curatore avv. P L, elettivamente domiciliato in Roma, Via Lucullo n. 3, presso lo studio dell'avvocato Adragna Nicola, rappresentato e difeso dall'avvocato Colbertaldo Anna Fiorella, giusta procura in calce al controricorso;
controricorrente successivo -
contro
Narici Stefano, Mirrione Antonino, Salato Giuseppe;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1154/2013 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 13/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2018 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
2 تال udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l'inammissibilità del secondo ricorso, rigetto del primo ricorso;
udito, per i ricorrenti principali, l'Avvocato F. Tortorici che ha chiesto l'accoglimento;
udito, per il controricorrente Fallimento, l'Avvocato N. Adragna, con delega, che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 6-8 marzo 1998, il Fallimento della Cantina Sociale Paladino soc. coop. a r.l. esercitò l'azione di responsabilità, ai sensi dell'art. 146 I.fall., contro gli ex amministratori e sindaci della società, in relazione ai fatti di mala gestio ed omesso controllo sulla condotta gestoria. La sentenza del Tribunale di Trapani del 28 agosto 2012, respinta la domanda avanzata contro l'ex amministratore Antonino Mirrone, condannò in solido i restanti convenuti al risarcimento del danno, nella misura di € 2.076.088,40, pari alla differenza tra attivo e passivo fallimentare. La Corte d'appello di Palermo con la sentenza del 13 luglio 2013 ha, in riforma della decisione di primo grado, respinto l'azione di responsabilità proposta contro gli ex sindaci Giuseppe Salato e Stefano Narici, mentre ha ridotto il quantum della condanna al risarcimento del danno a carico degli altri convenuti alla misura di € 1.448.719,77, oltre interessi legali dalla sentenza. Ha ritenuto, in via preliminare, infondata l'eccezione di prescrizione sollevata, trattandosi dell'azione prevista dall'art. 2394 cod. civ., esercitata dal fallimento, onde il termine decorre dall'insufficienza patrimoniale oggettivamente conoscibile dai creditori, nella specie ravvisato nella pubblicazione del bilancio 3 20 dell'esercizio chiuso al 31 agosto 1993, approvato dall'assemblea dei soci il 16 gennaio 1994, dal quale era per la prima volta emersa un'ingente perdita. La prescrizione, viceversa, non può farsi decorrere dai bilanci precedenti, perché essi erano in pareggio o, addirittura, attivi, sebbene in forza dei poi riscontrati artifici contabili posti in essere dagli amministratori. Quindi, dopo avere elencato i fatti di mala gestio accertati in capo agli amministratori operativi e gli episodi di inadempimento ai loro doveri in particolare relativi alla errata valutazione degli - ammortamenti e delle immobilizzazioni, operati in violazione dei principi contabili - ha affermato che essi sono stati la conseguenza di scelte errate dell'organo amministrativo e sono stati resi possibili dalla mancanza di un adeguato controllo da parte dei sindaci. In tal modo, è stato prodotto un progressivo impoverimento del patrimonio netto, in misura equivalente alle risorse finanziarie ingenti distribuite ai soci, quali fittizi utili di esercizio, per gli anni 1990 e 1991. instaurazione delCon riguardo all'eccezione di mancata contraddittorio nei confronti dell'ex amministratore M, ha condiviso le valutazioni del tribunale, secondo cui la notificazione dell'atto di citazione introduttivo ha conseguito il suo scopo, ai sensi dell'art. 156, comma 3, cod. proc. civ., e comunque in ragione della efficacia sanante della costituzione del medesimo: invero, egli si è costituito nel procedimento cautelare in corso di causa, conferendo procura al difensore per ogni fase e grado del giudizio, ed ha depositato la comparsa conclusionale, in tal modo confermando la piena partecipazione al giudizio. h Avverso questa sentenza propongono ricorso gli ex amministratori, in una con il sindaco Labruzzo, sulla base di otto motivi, ed autonomo ricorso gli ex sindaci S e P, affidato a sei motivi. Resiste con distinti controricorsi il Fallimento della Cantina Sociale Paladino soc. coop. a r.l. Le parti hanno depositato le memorie di cui all'art. 378 cod. proc. civ. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. — I ricorsi.- 1.1.- I ricorrenti Ferrara ed altri articolano avverso la sentenza impugnata motivi di ricorso, che possono essere come di seguito riassunti: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2392, 2394-bis, 2935 cod. civ., 112 cod. proc. civ. e 146 l.fall., oltre all'omesso esame di fatti decisivi, perché la corte territoriale ha ritenuto esercitata l'azione dei creditori, onde il curatore resta ad essa vincolato: ed i creditori avrebbero potuto rilevare l'insufficienza patrimoniale già dal bilancio del 1988, quando il "patrimonio netto ricostruito" era già pari ad un valore negativo;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2392, 2394-bis, 2435, 2935 cod. civ., 112 cod. proc. civ. e 146 l.fall., oltre all'omesso esame di fatto decisivo, perché la corte territoriale, pur dando atto che nelle osservazioni dei sindaci ai bilanci 1990, 1991 e 1992 si rilevava lo squilibrio patrimoniale, la sottocapitalizzazione, l'indebitamento e l'inadeguatezza dei fondi di ammortamento, non ha su ciò fondato la conoscibilità dell'insufficienza patrimoniale in capo ai creditori, ai fini del decorso della prescrizione;
inoltre, vi è omesso esame di fatto decisivo costituito dalla sentenza penale del Tribunale 5 イ di Palermo n. 242/04, affermando come dalla relazione del collegio sindacale al bilancio 1990 già si evince l'esistenza di alcuni elementi di squilibrio dello stato patrimoniale;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2392, 2394-bis, 2435, 2935, 2941 cod. civ., 112 cod. proc. civ. e 146 l.fall., oltre ad omesso esame di fatti decisivi, perché dai detti bilanci già risultava la condotta anomala degli amministratori, e l'eventuale difficoltà di lettura dei bilanci e dei loro allegati integra un mero impedimento in fatto, irrilevante ai fini di impedire il decorso della prescrizione, dovendo essa qualificarsi pur sempre come causa di sospensione della prescrizione ex art. 2941 cod. civ., per la quale l'ignoranza del fatto generatore del diritto e gli impedimenti soggettivi restano del tutto irrilevanti;
4) violazione degli artt. 2935, 2949 e 2962 cod. civ., 112 cod. proc. civ., in quanto l'impossibilità di leggere proficuamente i bilanci anteriori al 1993, a causa degli stessi asseriti artifici in essi contenuti, costituisce oggetto di eccezione in senso stretto, che la controparte avrebbe dovuto sollevare: in mancanza, vale la presunzione di conoscenza dei bilanci e dei loro allegati erga omnes;
5) violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 1227, 2394 cod. civ., 112 e 132 cod. proc. civ., 146 l.fall., oltre ad omesso esame di fatti decisivi, perché la corte territoriale ha omesso di pronunciare su eccezioni e difese dei convenuti circa la consapevolezza del dissesto da parte della maggior parte dei creditori e circa l'eccezione sollevata dai convenuti di concorso del fatto colposo dei predetti creditori, ex art. 1227, commi 1 e 2, cod. civ.: invero, la corte del merito si è limitata a respingere l'eccezione, senza motivare;
6) violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2049, 2058, 2909 cod. civ., 112 cod. proc. civ. e del principio nominalistico per i 6 debiti di valuta, dato che il danno è stato liquidato in misura pari agli utili apparenti e distribuiti, mentre i singoli crediti sono futuri ed incerti in sede fallimentare, non essendone certa l'ammissione al passivo e potendo essere stati altrimenti soddisfatti alcuni dei creditori;
inoltre, dal momento che il rimborso delle somme distribuite come utili rappresenta un risarcimento in forma specifica ex art. 2058 cod. civ., al riguardo era necessaria apposita richiesta del danneggiato, ma il curatore non risulta l'abbia formulata, limitandosi a richiedere l'equivalente monetario;
infine, trattandosi di somma sin dall'inizio espressa in denaro, essa costituiva debito di valuta ed,ed, infatti, il tribunale non aveva condannato alla corresponsione di rivalutazione ed interessi sulla stessa, con statuizione non impugnata dal fallimento, e, quindi, passata in giudicato;
7) omesso esame su punto decisivo, consistente nell'esistenza di garanzie personali