Cass. civ., sez. II, sentenza 27/06/2013, n. 16252
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Il legato in sostituzione di legittima, previsto dall'art. 551 cod. civ., è una disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione risolutiva, nel senso che l'eventuale rinuncia determina il venire meno della sostituzione e consente al legittimario di reclamare la quota di riserva spettantegli per legge sui beni ereditari. Ne consegue che il legatario, che abbia rinunciato al legato tacitativo in denaro, può conseguire la quota di legittima in natura, in base alla regola generale dettata dall'art. 718 cod. civ.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O M - Presidente -
Dott. B G A - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. M L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso 16251-2007 proposto da:
R FEDELE RDLFDL34N10I709L elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 435, presso lo studio dell'avvocato G C, rappresentato e difeso dall'avvocato N M con procura notarile rep. 112950 del 13/3/13;
- ricorrente -
contro
R RARDO GIULIO RDLRCR65A01I625J, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell'avvocato DE SANCTIS MANGELLI SIMONETTA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P L;
- controricorrenti -
e contro
R SUSANNA, GIUSSANI MARIA ROSA, R LUCA, R SILVANA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 286/2007 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 2/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. L M;
udito l'Avvocato M N, difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento delle difese;
udito l'Avvocato DE SANCTIS MANGELLI Simonetta, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con testamento olografo in data 6-12-1980, pubblicato il 5-5-1981, Radaelli Riccardo disponeva dei propri beni ripartendoli tra i figli G, S e F, tacitando il diritto di legittima del figlio Mario Primo con un legato di L. 50.000.000 a carico dei coeredi F e G e i diritti della moglie R E con l'usufrutto sul patrimonio immobiliare. R M Primo conveniva in giudizio i fratelli e R E, dichiarando di rinunciare al legato per ottenere la legittima e chiedendo la ricostruzione dell'asse ereditario, con la collazione delle donazioni dirette e indirette fatte dal padre e la riduzione delle stesse nei limiti della lesione della sua quota di legittima.
Con sentenza non definitiva in data 15-10-2001 il Tribunale di Monza dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dagli eredi di R E ed accertava che quest'ultima, beneficiaria di un legato in sostituzione di legittima, era decaduta dalla facoltà concessale dall'art. 551 c.c.;accertava che la quota di legittima spettante a R M ai sensi dell'art. 537 c.c. in ordine alla successione del padre era pari ad un sesto della massa ereditaria;dichiarava che l'acquisto da parte di R S dell'immobile sito in Cesano Maderno, di cui all'atto del 12-7- 1959, costituiva donazione indiretta da parte del de cuius e, pertanto, ne ordinava la riunione fittizia alla massa ereditaria;
respingeva le altre domande proposte dall'attore, volte a riunire all'asse ereditario altri beni venduti in vita dal padre ai figli F e G;determinava il valore della massa ereditaria al momento dell'apertura della successione, ai fini del calcolo della quota di legittima, in L. 500.000.000;determinava in L. 83.300.000 il valore della quota di legittima spettante all'attore, stabilendo, ai sensi dell'art. 528 c.c., comma 1, che tale quota doveva essere ottenuta riducendo in parti uguali i lasciti testamentari in favore di R F e G, con salvaguardia del lascito in favore di R S.
Con sentenza definitiva in data 19-2-2004 il Tribunale disponeva la divisione del complesso immobiliare caduto in successione secondo il progetto divisionale redatto dall'arch. R, assegnando le quote ai condividenti e determinando i frutti dovuti all'attore sulla quota di legittima al medesimo spettante dall'apertura della successione alla data della sentenza nella somma di Euro 56.517,00, che poneva a carico di R F e Radaelli G in parti uguali.
Avverso la predetta decisione proponevano autonomi atti di appello R F, R S - in proprio e quale erede della madre R E -, G M R, R S e R L - quali eredi di Radaelli G, anche nella qualità di erede della madre R E -. Riunite le tre cause, si costituiva R R G, quale erede di R M, proponendo appello incidentale. Con sentenza in data 2-2-2007 la Corte di Appello di Milano rideterminava l'ammontare dei frutti spettanti a R G, nella qualità, in Euro 69.648,94, confermando nel resto la decisione di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso R F, sulla base di sei motivi.
R R G ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al mancato rispetto della volontà manifestata dal de cuius con il testamento olografo del 6-12- 1980, che, a suo dire, non consentiva a R M di chiedere la liquidazione della sua quota di legittima in porzioni immobiliari invece che mediante un conguaglio in danaro.
Il motivo è infondato.
Il legato in sostituzione della legittima, previsto dall'art. 551 c.c., è una disposizione a titolo particolare sottoposta a
condizione risolutiva, nel senso che la vocazione testamentaria rimane priva di efficacia in caso di rinuncia del legatario. Pertanto, mentre l'attribuzione di beni determinati al legatario, in mancanza di rinuncia, esaurisce integralmente i diritti spettanti al legittimario, precludendogli la possibilità di chiedere un supplemento, qualora il valore del legato sia inferiore a quello della legittima, e privandolo della qualità di erede, la rinuncia al legato tacitativo determina il venir meno della sostituzione e consente al legittimario di reclamare la quota di riserva spettategli per legge sui beni ereditari.
Nella specie, di conseguenza, essendo venuta meno, per effetto della rinuncia effettuata dal legatario nell'esercizio dei poteri riconosciutigli dal citato art. 551 c.c., l'efficacia del legato in denaro disposto dal testatore in favore del figlio Mario, la Corte di Appello ha correttamente riconosciuto il diritto di quest'ultimo (e per lui del suo erede Giulio) a conseguire la sua quota di legittima in natura, in base alla regola generale dettata dall'art. 718 c.c.. 2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 720 e 722 c.c. e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta comoda divisibilità degli immobili. Sostiene che il progetto di divisione recepito dai giudici di merito prevede la formazione di porzioni non funzionali e prive di autonomia, impone la costituzione di servitù particolarmente gravose e comporta spese eccessive o quanto meno sproporzionate rispetto al valore dei beni. Deduce, in subordine, che il giudice di merito avrebbe potuto eventualmente dividere gli immobili in tre lotti, da assegnare rispettivamente a F, agli eredi di S ed agli eredi di G, in modo da assicurare alle singole porzioni una certa autosufficienza e di garantire altresì il rispetto della volontà del de cuius.
Il motivo, nella parte in cui denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, è inammissibile, non concludendosi con la formulazione di un quesito di diritto, così come prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame, proposto avverso una sentenza di appello pubblicata dopo l'l-3-2006 e prima del 4-7-2009. Per il resto, il motivo, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, propone sostanziali censure di merito avverso le valutazioni espresse dalla Corte di Appello, la quale, disattendendo con motivazione immune da vizi logici le deduzioni svolte al riguardo dall'appellante, ha ritenuto possibile la formazione in concreto di quattro porzioni immobiliari suscettibili di autonomo e libero godimento, non compromesse da servitù, pesi o limitazioni eccessivi, senza che ciò comporti un sensibile deprezzamento del valore delle porzioni stesse rispetto al valore dell'intero.
Si rammenta, al riguardo, che il giudizio circa la comoda o non comoda divisibità degli immobili si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, ove risulti, come nel caso in esame, adeguatamente motivato.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell'errata valutazione delle relazioni tecniche di parte di R M e Riccardo Giulio (arch. Carmela Nuccia R) e di R F (dott. Oldani Giulio), nonché delle relazioni tecniche d'ufficio. Sostiene che la Corte di Appello, male interpretando o disattendendo i predetti elaborati, ha disposto una divisione che rende privo di ogni possibilità di uso il lotto assegnato a R F. Deduce, in particolare: che il giudice del gravame ha ignorato il motivo di appello con cui R F lamentava il danno derivante al suo lotto dall'accorpamento dell'accesso dotato di scala n. 5 e 16 al lotto assegnato a Radaelli G, con conseguente necessità per R M di costruire una nuova scala di confine;che le censure mosse dall'appellante contenevano suggerimenti per rendere autonomi i lotti, indicando le correzioni da apportare per la loro composizione;che il problema connesso alla mancanza di un regolamento dell'uso della cosa comune non sarebbe esistito in caso di accoglimento delle osservazioni del consulente di parte del ricorrente.
Il motivo deve essere disatteso, risolvendosi nella prospettazione di mere censure di merito, non consentite in questa sede, in ordine all'apprezzamento espresso dalla Corte di Appello, la quale ha disatteso i rilievi svolti dall'appellante con argomentazioni prive di vizi logici, con cui ha rilevato, in particolare: che la questione della scala, così come prospettata, riguarda solo i condividenti Radaelli G e Mario, i quali, però, non se ne sono lamentati;che le doglianze mosse dall'appellante riguardo alle correzioni tecniche da apportare per la composizione dei lotti non risultano motivate;che non è compito del giudicante quello di predisporre un regolamento circa l'uso della cosa comune, dovendo provvedere al riguardo le parti, nell'esercizio della loro autonomia privata.
4) Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1414, 1417 e 2724 c.c., in relazione alla ritenuta mancanza di prova della simulazione dell'atto di disposizione stipulato tra il de cuius e il figlio G. Sostiene che dagli atti emerge la prova che l'immobile aveva un valore notevolmente superiore a quello indicato nell'atto di vendita;che G, al momento della stipula, era molto giovane e privo di capacità reddituale;che lo stesso G e i suoi eredi non hanno mai dimostrato di aver pagato il prezzo.
Il motivo è inammissibile, sia perché non risulta corredato dal quesito di diritto richiesto dal menzionato art. 366 bis c.p.c., sia perché non soddisfa il requisito di specificità richiesto dall'art. 360 c.p.c., n. 4, non indicando nemmeno quale sia l'atto di
disposizione di cui assume la natura simulatoria.
5) Con il quinto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui "in atto di appello la difesa di F non ha evidenziato alcuna specifica motivazione a sostegno della dedotta richiesta istruttoria, nè ha censurato la motivazione con la quale il Tribunale l'ha rigettata". Sostiene che dalla consulenza tecnica d'ufficio e dalla perizia di parte di R F emergevano le spese sostenute dal ricorrente in favore di tutti gli eredi e che la Corte di Appello, ove avesse avuto dubbi, avrebbe dovuto ammettere la prova testimoniale articolata ai fini della conferma della documentazione esibita.
Il motivo, con il quale, al di là della intitolazione, vengono sostanzialmente dedotti vizi di motivazione, difetta di specificità e autosufficienza: esso, infatti, non contiene la trascrizione dei capitoli di prova di cui lamenta la mancata ammissione, non riporta i passaggi degli elaborati tecnici in cui si darebbe atto delle spese affrontate dall'odierno ricorrente nell'interesse comune, non indica gli estremi delle fatture richiamate nel motivo ne' specifica la natura e l'entità degli esborsi asseritamene sostenuti. Le censure mosse in ordine alla mancata ammissione della prova testimoniale, inoltre, non si confrontano con le ragioni della decisione. A pag. 12 della sentenza impugnata, infatti, si da atto che nel giudizio di primo grado, con ordinanza del 13-12-1983, il giudice istruttore aveva concesso alle parti termine perentorio ex art. 244 c.p.c. per deduzioni istruttorie. Orbene, come è stato correttamente rilevato dalla Corte di Appello in conformità del giudizio già espresso dal Tribunale nell'ordinanza collegiale del 17- 12-1984 e nella sentenza non definitiva, la perentorietà del suddetto termine impediva l'ammissione di prove volte a dimostrare l'avvenuto pagamento, da parte di R F, di debiti riferibili alla famiglia o di somme destinate alla ristrutturazione e al miglioramento degli immobili caduti in successione. 6) Con il sesto motivo, infine, il ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto e la contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione ed all'addebito dei frutti. Deduce che la Corte di Appello si è limitata ad accogliere la domanda di R M di aggiornamento dei frutti sul complesso immobiliare in questione, senza rispondere alle censure mosse da Radaelli G, fatte proprie da R F in corso di causa, secondo cui l'onere di pagamento dei frutti doveva gravare anche su R S, nonché alle doglianze mosse dallo stesso R F, secondo cui ai fini della quantificazione dei frutti si doveva tener conto delle spese dal medesimo sostenute per la conservazione dell'immobile caduto in successione.
Il motivo, nella parte in cui deduce violazione di legge, è inammissibile, sia perché non si conclude con la formulazione di un quesito di diritto, sia perché non indica nemmeno le norme di legge asseritamente violate.
Nella parte in cui denuncia la mancata valutazione delle spese sostenute da R F, il motivo non tiene conto delle ragioni della decisione, nella quale è stato dato atto della mancata dimostrazione, da parte dell'odierno ricorrente, della concreta effettuazione di spese necessarie per la conservazione dei beni ereditari.
Quanto all'onere di pagamento dei frutti, si osserva che la sentenza impugnata da atto, a pag. 12, che la questione del relativo addebito anche a R S è stata dedotta in appello solo da Radaelli G, mentre R F ha censurato la determinazione dei frutti effettuata dal Tribunale solo per il fatto che il primo giudice aveva ricompreso nel capitale oggetto del calcolo anche le spese che, a suo dire, erano state sostenute esclusivamente da lui. Il ricorrente, pertanto, non avendo proposto sul punto uno specifico motivo di appello, non può dolersi del mancato esame della questione prospettata da Radaelli G. Nè può assumere rilievo il fatto che il predetto, nel corso del giudizio, abbia fatto propri i motivi di appello da quest'ultimo formulati: con la proposizione dell'appello, infatti, R F ha consumato il suo diritto di impugnazione, con la conseguente inammissibilità di una successiva estensione dei motivi di gravame per relationem.
7) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. Nei confronti degli altri intimati, che non hanno svolto attività difensive, non vi è pronuncia sulle spese.