Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/04/2011, n. 7586

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In tema di ripetizione d'indebito oggettivo, l'espressione "domanda" di cui all'art. 2033 cod. civ. non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale ma ha valore di atto di costituzione in mora, che, ai sensi dell'art. 1219 cod. civ., può anche essere stragiudiziale, dovendosi considerare l'"accipiens" (in buona fede) quale debitore e non come possessore, con conseguente applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni e non di quelli relativi alla tutela del possesso di buona fede ex art. 1148 cod. civ.. Ne consegue che, in caso di obbligazioni periodiche, ove si deduca con la richiesta extragiudiziale di restituzione delle somme indebitamente corrisposte anche la corretta interpretazione del titolo costitutivo dell'obbligazione, contestando l'unica "causa solvendi" a cui tutti i pagamenti si riferiscono, gli interessi, nonché l'ulteriore risarcimento ex art. 1224, secondo comma, cod. civ., decorrono dalla data dell'istanza stessa quanto agli importi già versati, mentre, quanto ai ratei non ancora scaduti, spettano dal giorno di scadenza di ciascuna rata, senza necessità di una ulteriore specifica richiesta di rimborso, che resta utile per ottenere la condanna alla restituzione delle somme successivamente versate (se non compresa nell'originaria istanza) ma non è necessaria per la decorrenza degli accessori legali. (Fattispecie relativa a indebito previdenziale in ordine alla domanda di restituzione delle differenze dei contributi mensili per assegni familiari versati ai soci lavoratori di una cooperativa).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/04/2011, n. 7586
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 7586
Data del deposito : 1 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Presidente -
Dott. S P - Consigliere -
Dott. C D C G - Consigliere -
Dott. M U - rel. Consigliere -
Dott. A R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10122/2010 proposto da:
COOPERATIVA DI VIGILANZA PRIVATA "TERRA DI LAVORO" S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 1, presso lo studio dell'avvocato P F, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati M L, S A, C L, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1978/2 0 09 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/04/2009 R.G.N. 8824/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/03/2011 dal Consigliere Dott. U M;

udito l'Avvocato P F;

udito l'Avvocato D'ALOISIO CARLA per delega M L e C L;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CESQUI Elisabetta, che ha concluso per accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO

1. La Cooperativa di Vigilanza Privata Terra del Lavoro si rivolgeva al Tribunale di S. Maria Capua Vetere per ottenere la condanna dell'INPS alla restituzione di L. 799.172.045, oltre a rivalutazione e interessi, a titolo di differenze per assegni familiari versati ai soci lavoratori per gli anni 1987 - 1991 ed illegittimamente non '"conguagliati" dall'Istituto. Quest'ultimo, nel costituirsi in giudizio, riconosceva il diritto della cooperativa e deduceva di avere corrisposto l'importo richiesto, oltre agli, interessi. Con sentenza del 10 febbraio 2005 il Tribunale, all'esito di c.t.u., dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla somma capitale e, nel resto, accoglieva parzialmente la domanda condannando l'Istituto al pagamento degli interessi maturati dal 3 maggio 1988, data della istanza di restituzione.

2. Tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Napoli, che, con la sentenza qui impugnata, pur riconoscendo la idoneità della predetta istanza a configurare una domanda amministrativa ai fini della decorrenza degli interessi ai sensi dell'art. 2033 c.c., rilevava che essa poteva valere come messa in mora solo per gli importi indebitamente versati dalla cooperativa nel periodo anteriore a tale domanda (1987 maggio 1988), mentre per il periodo successivo gli interessi andavano calcolati a decorrere dalla ulteriore domanda amministrativa di rimborso, in data 4 giugno 1998;

non spettava, invece, alcuna somma a titolo di rivalutazione monetaria, mancando la prova del maggior danno derivante dall'inflazione e considerando che nel periodo in questione la svalutazione della moneta, calcolata in base ai dati dell'ISTAT sull'aumento dei prezzi al consumo, era risultata inferiore al tasso ufficiale degli interessi.

3. Di questa sentenza la cooperativa ricorrente domanda la cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria. L'Istituto resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, denunciando vizio di motivazione, la ricorrente deduce che la lettera del 3 maggio 1988 aveva ad oggetto, specificamente, anche i contributi che sarebbero stati versati dopo tale data e, pertanto, la Corte d'appello avrebbe dovuto considerare gli effetti di tale istanza anche per quest'ultimo periodo. 2. 11 secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7, in relazione agli artt. 2033 e 1224 c.c., e all'art. 100 c.p.c.. Si sostiene che, accertata la sussistenza di una domanda amministrativa idonea a far decorrere gli interessi ai sensi dell'art. 2033 c.c., si sarebbero dovuti computare gli interessi dalla data di tale domanda pure in relazione ai contributi versati successivamente.

3. Con il terzo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione delle suddette norme, la ricorrente deduce, richiamando al riguardo la giurisprudenza di legittimità, che i giudici di merito avrebbero dovuto computare gli interessi, per il periodo successivo alla menzionata domanda, a decorrere dai singoli pagamenti indebitamente effettuati.

4. Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2033 c.c., in relazione all'art. 1221 c.c.. Si lamenta che la decisione impugnata abbia escluso la sussistenza del maggior danno da svalutazione monetaria, senza considerare la qualità di imprenditore rivestita dal creditore, idonea a far presumere che le somme indebitamente verste all'INPS sarebbero state reinvestite nell'attività produttiva con conseguente neutralizzazione della svalutazione della moneta.

5. Tali motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati in base alle seguenti considerazioni.

5.1. In ordine agli interessi, la questione posta alla Corte ò se, nel caso di. ripetizione di somme equivalenti a contributi indebitamente pagati e percepiti (mediante il meccanismo del conguaglio degli assegni familiari) dall'ente previdenziale in buona fede (art. 2033 c.c.), vadano calcolati dal giorno della domanda amministrativa proposta all'ente soltanto gli interessi sulle somme già corrisposte oppure anche quelli su somme corrisposte successivamente, e in tal caso dal momento della corresponsione.

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