Cass. pen., sez. II, sentenza 15/02/2023, n. 06380
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Testo completo
ato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: SPV Project 131 SRL, parte civile nel procedimento a carico di: 1) B F, nato a Pavia il 23/08/1963, 2) B A, nato in Germania il 07/03/1964, 3) F A M, nata a Pavia il 18/06/1968, 4) B L G M, nato a Milano il 09/04/1960, avverso la sentenza del 04/03/2021 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere G S;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale S T, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito il difensore della parte civile, avv. V M, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
sentiti i difensori degli imputati, avv. S P e G D S, che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano emessa il 6 giugno 2019: - applicava all'imputato B G la pena concordata in appello, ex art. 599- bis cod.pen. in relazione al reato di favoreggiamento reale di cui al capo 5;
- dichiarava inammissibile l'appello proposto dalla parte civile SPV Project 131 srl avverso la pronuncia di non doversi procedere per difetto di querela in relazione al reato di appropriazione indebita di cui al capo 1 contestato a B F e F A;
- rigettava l'appello della medesima parte civile inerente alla declaratoria di prescrizione del reato di false comunicazioni sociali ex art. 2621 cod. civ. nella formulazione introdotta dalla legge 262 del 2005 di cui al capo 2 (così riqualificata dal Tribunale l'originaria imputazione di cui all'art. 2622 cod.civ.) contestato a B F e Tosi Franco;
- rigettava l'appello della stessa parte civile inerente alla pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste pronunciata nei confronti di B F e B A Luca in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti ai capi 3 e 4 (indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori e illecita influenza sull'assemblea, artt. 2633 e 2636 cod.civ.).
2. I fatti di causa sono relativi ad una complessa vicenda nella quale era stato contestato a B F e F A il reato di appropriazione indebita di somme di danaro per oltre 10 milioni di euro della Wega Italia Finanziaria s.p.a. (WIF, già Gondrand Finanziaria s.p.a. in amministrazione controllata). Inoltre, B F e Tosi Franco erano stati accusati del reato di false comunicazioni sociali in danno delle società„ dei soci e dei creditori, di cui all'art.2622 cod. civ. e di quelli di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori e di illecita influenza sull'assemblea (artt. 2633 e 2636 cod. civ.). Nei confronti della Gondrand Finanziaria s.p.a., della quale il B era presidente del consiglio di amministrazione, erano state avanzate in sede civile delle richieste di pagamento degli interessi maturati a decorrere dall'inizio della amministrazione straordinaria, durata trent'anni e fino al pagamento del capitale cui conseguiva la chiusura della procedura. Tali pretese creditorie, per quella parte che qui interessa, provenivano anche da J-invest s.p.a. (cessionaria dei crediti vantati da banche insinuatesi al passivo di Gondrand Finanziaria s.p.a.), la quale, a sua volta, in data 16 maggio del 2013, aveva ceduto il proprio vantato credito per interessi alla odierna parte civile.
3. Ricorre per cassazione la SPV Project 131 SRL, deducendo:1) violazione di legge per avere la Corte dichiarato inammissibile l'appello della medesima parte civile contro la sentenza di non doversi procedere per difetto di querela quanto al reato di appropriazione indebita di cui al capo 1. L ricorrente sostiene che la Corte non avrebbe correttamente valutato il suo interesse concreto ed attuale a coltivare l'impugnazione avverso la decisione di primo grado, tenuto conto che tanto sarebbe consentito dall'art. 576 cod. proc. pen. ed anche in considerazione della necessità di non disperdere le prove acquisite nel processo penale di primo grado interamente celebratosi e durato circa due anni, secondo quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità richiamata dalla sentenza impugnata (il riferimento è a Sez. Li, n. 35599 del 2012, D M ed alle decisioni successive che si sono poste sul medesimo solco) e da una recente pronuncia delle Sezioni Unite (la n. 28911 del 2019) che si è occupata della questione dell'interesse della parte civile ad impugnare una sentenza di proscioglimento per prescrizione, situazione che andrebbe assimilata a quella di cui si discute. L ricorrente si sofferma anche sulle conseguenze che avrebbe comportato la decisione della Corte di ritenere ammissibile l'appello, comportanti l'esame della questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 36 del 2018 che aveva introdotto, eccedendo dai limiti della delega ricevuta dal Parlamento, la procedibilità a querela per il reato di appropriazione indebita anche in presenza di un danno di rilevante gravità (cfr. fgg. 13-20 del ricorso);
2) difetto assoluto di motivazione con riferimento al secondo motivo di appello con il quale era stata criticata quella parte della sentenza di primo grado nella quale il Tribunale non aveva ritenuto sussistente il credito vantato dalla parte civile, considerando inapplicabile l'art. 120 Legge Fallimentare alla procedura di amministrazione straordinaria;
3) vizio della motivazione per avere la Corte ritenuto, accogliendo la tesi dell'appellante parte civile, che il credito da essa vantato non fosse prescritto (dovendosi far decorrere il dies a quo dalla chiusura dell'amministrazione straordinaria e non dalla apertura) senza, tuttavia, trarne le dovute conseguenze giuridiche;
4) vizio della motivazione per avere la Corte ritenuto che la parte civile non fosse stata danneggiata dalle false comunicazioni sociali di cui al capo 2, pur ritenute sussistenti, senza tenere conto che la norma di cui all'art. 2622 cod.civ. nella sua formulazione ante riforma del 2015, prevedeva che le falsità in essa contemplate fossero idonee ad indurre in errore "i destinatari" delle false informazioni, sicché poteva non esservi identità tra il soggetto danneggiato ed il soggetto ingannato. Si dà atto che
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: SPV Project 131 SRL, parte civile nel procedimento a carico di: 1) B F, nato a Pavia il 23/08/1963, 2) B A, nato in Germania il 07/03/1964, 3) F A M, nata a Pavia il 18/06/1968, 4) B L G M, nato a Milano il 09/04/1960, avverso la sentenza del 04/03/2021 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere G S;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale S T, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito il difensore della parte civile, avv. V M, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
sentiti i difensori degli imputati, avv. S P e G D S, che hanno concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano emessa il 6 giugno 2019: - applicava all'imputato B G la pena concordata in appello, ex art. 599- bis cod.pen. in relazione al reato di favoreggiamento reale di cui al capo 5;
- dichiarava inammissibile l'appello proposto dalla parte civile SPV Project 131 srl avverso la pronuncia di non doversi procedere per difetto di querela in relazione al reato di appropriazione indebita di cui al capo 1 contestato a B F e F A;
- rigettava l'appello della medesima parte civile inerente alla declaratoria di prescrizione del reato di false comunicazioni sociali ex art. 2621 cod. civ. nella formulazione introdotta dalla legge 262 del 2005 di cui al capo 2 (così riqualificata dal Tribunale l'originaria imputazione di cui all'art. 2622 cod.civ.) contestato a B F e Tosi Franco;
- rigettava l'appello della stessa parte civile inerente alla pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste pronunciata nei confronti di B F e B A Luca in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti ai capi 3 e 4 (indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori e illecita influenza sull'assemblea, artt. 2633 e 2636 cod.civ.).
2. I fatti di causa sono relativi ad una complessa vicenda nella quale era stato contestato a B F e F A il reato di appropriazione indebita di somme di danaro per oltre 10 milioni di euro della Wega Italia Finanziaria s.p.a. (WIF, già Gondrand Finanziaria s.p.a. in amministrazione controllata). Inoltre, B F e Tosi Franco erano stati accusati del reato di false comunicazioni sociali in danno delle società„ dei soci e dei creditori, di cui all'art.2622 cod. civ. e di quelli di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori e di illecita influenza sull'assemblea (artt. 2633 e 2636 cod. civ.). Nei confronti della Gondrand Finanziaria s.p.a., della quale il B era presidente del consiglio di amministrazione, erano state avanzate in sede civile delle richieste di pagamento degli interessi maturati a decorrere dall'inizio della amministrazione straordinaria, durata trent'anni e fino al pagamento del capitale cui conseguiva la chiusura della procedura. Tali pretese creditorie, per quella parte che qui interessa, provenivano anche da J-invest s.p.a. (cessionaria dei crediti vantati da banche insinuatesi al passivo di Gondrand Finanziaria s.p.a.), la quale, a sua volta, in data 16 maggio del 2013, aveva ceduto il proprio vantato credito per interessi alla odierna parte civile.
3. Ricorre per cassazione la SPV Project 131 SRL, deducendo:1) violazione di legge per avere la Corte dichiarato inammissibile l'appello della medesima parte civile contro la sentenza di non doversi procedere per difetto di querela quanto al reato di appropriazione indebita di cui al capo 1. L ricorrente sostiene che la Corte non avrebbe correttamente valutato il suo interesse concreto ed attuale a coltivare l'impugnazione avverso la decisione di primo grado, tenuto conto che tanto sarebbe consentito dall'art. 576 cod. proc. pen. ed anche in considerazione della necessità di non disperdere le prove acquisite nel processo penale di primo grado interamente celebratosi e durato circa due anni, secondo quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità richiamata dalla sentenza impugnata (il riferimento è a Sez. Li, n. 35599 del 2012, D M ed alle decisioni successive che si sono poste sul medesimo solco) e da una recente pronuncia delle Sezioni Unite (la n. 28911 del 2019) che si è occupata della questione dell'interesse della parte civile ad impugnare una sentenza di proscioglimento per prescrizione, situazione che andrebbe assimilata a quella di cui si discute. L ricorrente si sofferma anche sulle conseguenze che avrebbe comportato la decisione della Corte di ritenere ammissibile l'appello, comportanti l'esame della questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 36 del 2018 che aveva introdotto, eccedendo dai limiti della delega ricevuta dal Parlamento, la procedibilità a querela per il reato di appropriazione indebita anche in presenza di un danno di rilevante gravità (cfr. fgg. 13-20 del ricorso);
2) difetto assoluto di motivazione con riferimento al secondo motivo di appello con il quale era stata criticata quella parte della sentenza di primo grado nella quale il Tribunale non aveva ritenuto sussistente il credito vantato dalla parte civile, considerando inapplicabile l'art. 120 Legge Fallimentare alla procedura di amministrazione straordinaria;
3) vizio della motivazione per avere la Corte ritenuto, accogliendo la tesi dell'appellante parte civile, che il credito da essa vantato non fosse prescritto (dovendosi far decorrere il dies a quo dalla chiusura dell'amministrazione straordinaria e non dalla apertura) senza, tuttavia, trarne le dovute conseguenze giuridiche;
4) vizio della motivazione per avere la Corte ritenuto che la parte civile non fosse stata danneggiata dalle false comunicazioni sociali di cui al capo 2, pur ritenute sussistenti, senza tenere conto che la norma di cui all'art. 2622 cod.civ. nella sua formulazione ante riforma del 2015, prevedeva che le falsità in essa contemplate fossero idonee ad indurre in errore "i destinatari" delle false informazioni, sicché poteva non esservi identità tra il soggetto danneggiato ed il soggetto ingannato. Si dà atto che
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