Cass. pen., sez. II, sentenza 26/05/2023, n. 23276

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 26/05/2023, n. 23276
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23276
Data del deposito : 26 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RAKA3 JOZALD nato il 19/02/1981 avverso la sentenza del 18/05/2022 della Corte d'appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale Serrao D'Aquino, che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata;
lette le conclusioni dell'Avv. P C C che ha chiesto accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Roma, decidendo in sede di rinvio all'esito dell'annullamento disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 5 ottobre 2021 n. 38383, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata nei confronti di R J dal Tribunale di Velletri in data 27 febbraio 2020, riducendo le pene inflitte e confermando il giudizio di responsabilità per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale continuata e lesioni aggravate.

1.1. All'imputato era stato contestato di essersi opposto con violenza (cagionando così anche lesioni personali) a militari in servizio presso gli uffici della Procura della Repubblica di Velletri, che dovevano compiere un atto del loro ufficio per verificare le riprese eseguite indebitamente dal R all'interno degli uffici giudiziari. Era stata annullata la decisione di conferma della condanna, mancando la valutazione dei presupposti dell'eventuale scriminante ex art. 393 bis cod. pen. rispetto alle concrete modalità dell'intervento eseguito dai pubblici ufficiali (che avevano ingiunto la consegna del telefono cellulare dell'imputato, al fine di verificare se fossero state effettivamente eseguite delle riprese non consentite) e ai dati riguardanti il contenuto della memoria del telefono.

1.2. La sentenza impugnata, dopo aver dato atto dell'impossibilità di procedere alla verifica sull'apparato cellulare dell'imputato, che era stato restituito senza riuscire ad estrarre copia dei dati ivi conservati e non risultando la concreta possibilità di riottenere la disponibilità del bene, escludeva che nell'attività dei pubblici ufficiali potesse ravvisarsi alcun carattere di arbitrarietà, poiché in quella situazione il telefono nella disponibilità dell'imputato avrebbe potuto costituire corpo del reato di cui all'art. 615 bis cod. pen. sicché la richiesta di consegna dell'apparato non era né persecutoria né sproporzionata in relazione al contesto fattuale. Escludeva, altresì, la configurabilità della scriminante nella forma putativa (che si sarebbe dovuta fondare sulle circostanze del non essere consentito in quella sede il sequestro - in difetto dei presupposti per procedere a perquisizione - e dell'assenza di un difensore che potesse assistere l'imputato), trattandosi di valutazioni sul
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