Cass. civ., sez. III, ordinanza 30/10/2018, n. 27442
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Testo completo
a seguente ORDINANZA sul ricorso 24738-2016 proposto da: A T S , in persona del sig. T V, T V in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
GRACCHI
137, presso lo studio dell'avvocato M F, rappresentati e difesi dall'avvocato A L giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
2018 contro 1502 BANCO POPOLARE SOCIETA' COOPERATIVA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.
DEGLI SCIPIONI
157, presso lo studio dell'avvocato E D C, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2232/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 06/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. M R;R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 Rilevato che:
1. Nel 2006 la società Alias Tag s.r.l. stipulò un contratto di leasing con la Banca Italease s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Banco Polare soc. coop.;
d'ora innanzi, per brevità, "il Banco"). I debiti dell'utilizzatore verso il concedente vennero garantiti con una fideiussione da V T.
2. Nel 2013 la Alias Tag e V T convennero dinanzi al Tribunale di Milano il Banco, esponendo che: (-) il contratto di leasing sopra indicato prevedeva nel caso di inadempimento dell'utilizzatore interessi moratori nella misura dell'8,6°/0 annuo;
(-) tale saggio di interessi era superiore a quello massimo legale (c.d. tasso-soglia) applicabile ratione temporis, pari al 7,86% (il ricorso non precisa se alla data di pattuizione del saggio, a quella di costituzione in mora, ovvero a quella di introduzione del giudizio);
(-) di conseguenza il saggio degli interessi di mora doveva ritenersi usurario, e quindi nullo il relativo patto;
(-) conseguenza della nullità del patto che fissava la misura degli interessi moratori era la liberazione del debitore dal pagamento di qualsiasi interesse, ai sensi dell'art. 1815 c.c.. Gli attori conclusero pertanto chiedendo che fosse dichiarata la nullità del suddetto patto di interessi moratori in misura ultralegale;
che fosse dichiarata l'insussistenza dell'obbligo dell'utilizzatore di pagare interessi;
che fosse dichiarata la liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c., e che il Banco fosse condannato alla restituzione "di quanto indebitamente percepito".
3. Il Banco si costituì eccependo - per quanto qui ancora rileva - che "i/ limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari" (secondo R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 la dizione di cui all'art. 644, comma terzo, c.p.c.), ovvero il tasso-soglia, non fosse applicabile agli interessi di mora.
4. Con sentenza 23.12.2014 n. 15315 il Tribunale di Milano rigettò la domanda, ritenendo che la regola per cui gli interessi eccedenti il tasso-soglia sono usurari e non dovuti non si applicasse agli interessi moratori. La sentenza venne appellata dai soccombenti.
5. La Corte d'appello di Milano, con sentenza 6.6.2016 n. 2232, rigettò il gravame. La Corte d'appello ritenne che: a) gli interessi corrispettivi e quelli moratori sono "ontologicamente" disomogenei, poiché: a') i primi remunerano un capitale, i secondi costituiscono una sanzione convenzionale ed una coazione indiretta per dissuadere il debitore dall'inadempimento, e sono perciò assimilabili alla clausola penale;
a") i primi sono necessari, i secondi eventuali;
a") i primi hanno una finalità di lucro, i secondi di risarcimento;
b) non esiste nessuna norma di legge che commini la nullità degli interessi moratori eccedenti il tasso soglia;
c) tanto si desume dalla circostanza che la rilevazione periodica, da parte del Ministero del Tesoro, degli interessi medi praticati dagli operatori finanziari viene effettuata trascurando quelli moratori;
d) sarebbe stato irrazionale, nel caso di specie, ritenere usurari interessi moratori convenzionali al saggio dell'8,6%, laddove nella stessa epoca la legge contro i ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali tra imprenditori prevedeva, come interesse legale di mora, un saggio del 9,25%.R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 6. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Alias Tag e da V T, con un unitario ricorso fondato su due motivi. Ha resistito il Banco, con controricorso illustrato da memoria. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione della legge 7.3.1996 n. 108 e dell'art.644 c.p.. L'illustrazione del motivo esordisce censurando come "contraddittoria" la sentenza d'appello, nella parte in cui da un lato ha negato che esistano norme che fissino la misura massima degli interessi moratori, e dall'altro ha osservato come non potesse ritenersi usurario un saggio di mora, applicato dal Banco, inferiore a quello previsto dalla legge per il caso di ritardo nell'adempimento delle transazioni commerciali (deve ritenersi, di cui al d. Igs. 9 ottobre 2002, n. 231). Prosegue quindi la difesa dei ricorrenti sostenendo che la I.
7.3.1996 n. 108 (c.d. legge antiusura) non fa nessuna distinzione tra interessi moratori e corrispettivi;
che pertanto anche i primi, come i secondi, possono essere qualificati come "usurari" se eccedenti il tasso soglia;
che tale interpretazione sarebbe imposta, oltre che dalla lettera della legge, anche dalla sua ratio, ovvero prevenire i fenomeni usurari. Corollario di tale interpretazione dovrebbe essere, secondo i ricorrenti, che nel caso di pattuizione di interessi moratori usurari il debitore non è tenuto al pagamento di alcun interesse, ai sensi dell'art.R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 1815, comma secondo, c.c., secondo cui "se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".
1.2. Il motivo è fondato. Gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall'art. 2, comma 4, I.
7.3.1996 n. 108, vanno qualificati ipso iure come usurari, con le conseguenze di cui si dirà più oltre. Questo principio è già stato reiteratamente affermato sia da questa Corte in sede civile e penale, sia dalla Corte costituzionale. Nondimeno la constatazione di come tale principio resti non infrequentemente trascurato da parte dei giudici di merito;
ed il rilievo di come esso appaia sostanzialmente incompreso con riferimento alla prassi seguita da parte degli organi amministrativi preposti a dare attuazione alle prescrizioni di cui all'art. 2 della I.
7.3.1996 n. 108, inducono questa Corte a ripercorrerne il fondamento, la portata e le conseguenze. Da questa disamina si trarranno i princìpi di diritto cui il giudice di rinvio, nel riesaminare l'appello, dovrà attenersi.
1.3. L'art. 2 I. 108/96, cit., vieta di pattuire interessi eccedenti la misura massima ivi prevista. Questa norma s'applica sia agli interessi promessi a titolo di remunerazione d'un capitale o della dilazione d'un pagamento (interessi corrispettivi: art. 1282 c.c.), sia agli interessi dovuti in conseguenza della costituzione in mora (interessi moratori: art. 1224 c.c.). Tale conclusione è l'unica consentita da tutti e quattro i tradizionali criteri di ermeneutica legale: l'interpretazione letterale, R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 l'interpretazione sistematica, l'interpretazione finalistica e quella storica. 1.4. (A) L'interpretazione letterale. Dal punto di vista dell'interpretazione letterale, nessuna delle norme che vietano la pattuizione di interessi usurari esclude dal suo ambito applicativo gli interessi usurari. L'art. 644, comma primo, c.p., stabilisce: "chiunque (..) si fa dare o promettere (..) in corrispettivo di una prestazione di denaro (...) interessi (..) usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000". Il terzo comma della stessa disposizione recita: "la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari". A tali norme ha dato attuazione l'art. 2, comma 4, I.
7.3.1996 n. 108, il quale - nel testo vigente all'epoca della stipula del contratto di leasing oggetto del presente giudizio (2006) - stabiliva che "il limite previsto dal terzo comma dell'art. 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà". Infine, l'art. 1, comma 1, del d.l. 29.12.2000 n. 394 (convertito nella I. 28 febbraio 2001, n. 24), nell'interpretare autenticamente l'art.644 c.p., ha stabilito: "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 del codice penale (..) si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento".R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 1.4.1. Nessuna delle suddette norme distingue tra i vari tipi di interessi. La prime tre parlano genericamente di "interessi" tout court;
la quarta soggiunge che l'usurarietà va valutata al momento della pattuizione "a qualsiasi titolo". Ma quella di pagamento degli interessi è una obbligazione, e il "titolo" dell'obbligazione come noto è costituito dalla qualità giuridica della sua fonte. Poiché dunque gli interessi possono essere pattuiti sia a titolo di corrispettivo della cessione d'un capitale (artt. 820, terzo comma c.c.;
1282 c.c., 1499 c.c.);
sia a titolo della remunerazione d'una prestazione a pagamento differito (arg. ex art. 1714 c.c.);
sia a titolo di mora (art. 1224 c.c.), la previsione secondo cui il giudizio di usurarietà può riguardare gli interessi pattuiti "a qualunque titolo" rende palese che per la lettera della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura. La conclusione appena
GRACCHI
137, presso lo studio dell'avvocato M F, rappresentati e difesi dall'avvocato A L giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
2018 contro 1502 BANCO POPOLARE SOCIETA' COOPERATIVA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.
DEGLI SCIPIONI
157, presso lo studio dell'avvocato E D C, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2232/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 06/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. M R;R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 Rilevato che:
1. Nel 2006 la società Alias Tag s.r.l. stipulò un contratto di leasing con la Banca Italease s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in Banco Polare soc. coop.;
d'ora innanzi, per brevità, "il Banco"). I debiti dell'utilizzatore verso il concedente vennero garantiti con una fideiussione da V T.
2. Nel 2013 la Alias Tag e V T convennero dinanzi al Tribunale di Milano il Banco, esponendo che: (-) il contratto di leasing sopra indicato prevedeva nel caso di inadempimento dell'utilizzatore interessi moratori nella misura dell'8,6°/0 annuo;
(-) tale saggio di interessi era superiore a quello massimo legale (c.d. tasso-soglia) applicabile ratione temporis, pari al 7,86% (il ricorso non precisa se alla data di pattuizione del saggio, a quella di costituzione in mora, ovvero a quella di introduzione del giudizio);
(-) di conseguenza il saggio degli interessi di mora doveva ritenersi usurario, e quindi nullo il relativo patto;
(-) conseguenza della nullità del patto che fissava la misura degli interessi moratori era la liberazione del debitore dal pagamento di qualsiasi interesse, ai sensi dell'art. 1815 c.c.. Gli attori conclusero pertanto chiedendo che fosse dichiarata la nullità del suddetto patto di interessi moratori in misura ultralegale;
che fosse dichiarata l'insussistenza dell'obbligo dell'utilizzatore di pagare interessi;
che fosse dichiarata la liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c., e che il Banco fosse condannato alla restituzione "di quanto indebitamente percepito".
3. Il Banco si costituì eccependo - per quanto qui ancora rileva - che "i/ limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari" (secondo R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 la dizione di cui all'art. 644, comma terzo, c.p.c.), ovvero il tasso-soglia, non fosse applicabile agli interessi di mora.
4. Con sentenza 23.12.2014 n. 15315 il Tribunale di Milano rigettò la domanda, ritenendo che la regola per cui gli interessi eccedenti il tasso-soglia sono usurari e non dovuti non si applicasse agli interessi moratori. La sentenza venne appellata dai soccombenti.
5. La Corte d'appello di Milano, con sentenza 6.6.2016 n. 2232, rigettò il gravame. La Corte d'appello ritenne che: a) gli interessi corrispettivi e quelli moratori sono "ontologicamente" disomogenei, poiché: a') i primi remunerano un capitale, i secondi costituiscono una sanzione convenzionale ed una coazione indiretta per dissuadere il debitore dall'inadempimento, e sono perciò assimilabili alla clausola penale;
a") i primi sono necessari, i secondi eventuali;
a") i primi hanno una finalità di lucro, i secondi di risarcimento;
b) non esiste nessuna norma di legge che commini la nullità degli interessi moratori eccedenti il tasso soglia;
c) tanto si desume dalla circostanza che la rilevazione periodica, da parte del Ministero del Tesoro, degli interessi medi praticati dagli operatori finanziari viene effettuata trascurando quelli moratori;
d) sarebbe stato irrazionale, nel caso di specie, ritenere usurari interessi moratori convenzionali al saggio dell'8,6%, laddove nella stessa epoca la legge contro i ritardi nel pagamento delle transazioni commerciali tra imprenditori prevedeva, come interesse legale di mora, un saggio del 9,25%.R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 6. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Alias Tag e da V T, con un unitario ricorso fondato su due motivi. Ha resistito il Banco, con controricorso illustrato da memoria. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell'articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione della legge 7.3.1996 n. 108 e dell'art.644 c.p.. L'illustrazione del motivo esordisce censurando come "contraddittoria" la sentenza d'appello, nella parte in cui da un lato ha negato che esistano norme che fissino la misura massima degli interessi moratori, e dall'altro ha osservato come non potesse ritenersi usurario un saggio di mora, applicato dal Banco, inferiore a quello previsto dalla legge per il caso di ritardo nell'adempimento delle transazioni commerciali (deve ritenersi, di cui al d. Igs. 9 ottobre 2002, n. 231). Prosegue quindi la difesa dei ricorrenti sostenendo che la I.
7.3.1996 n. 108 (c.d. legge antiusura) non fa nessuna distinzione tra interessi moratori e corrispettivi;
che pertanto anche i primi, come i secondi, possono essere qualificati come "usurari" se eccedenti il tasso soglia;
che tale interpretazione sarebbe imposta, oltre che dalla lettera della legge, anche dalla sua ratio, ovvero prevenire i fenomeni usurari. Corollario di tale interpretazione dovrebbe essere, secondo i ricorrenti, che nel caso di pattuizione di interessi moratori usurari il debitore non è tenuto al pagamento di alcun interesse, ai sensi dell'art.R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 1815, comma secondo, c.c., secondo cui "se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi".
1.2. Il motivo è fondato. Gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dall'art. 2, comma 4, I.
7.3.1996 n. 108, vanno qualificati ipso iure come usurari, con le conseguenze di cui si dirà più oltre. Questo principio è già stato reiteratamente affermato sia da questa Corte in sede civile e penale, sia dalla Corte costituzionale. Nondimeno la constatazione di come tale principio resti non infrequentemente trascurato da parte dei giudici di merito;
ed il rilievo di come esso appaia sostanzialmente incompreso con riferimento alla prassi seguita da parte degli organi amministrativi preposti a dare attuazione alle prescrizioni di cui all'art. 2 della I.
7.3.1996 n. 108, inducono questa Corte a ripercorrerne il fondamento, la portata e le conseguenze. Da questa disamina si trarranno i princìpi di diritto cui il giudice di rinvio, nel riesaminare l'appello, dovrà attenersi.
1.3. L'art. 2 I. 108/96, cit., vieta di pattuire interessi eccedenti la misura massima ivi prevista. Questa norma s'applica sia agli interessi promessi a titolo di remunerazione d'un capitale o della dilazione d'un pagamento (interessi corrispettivi: art. 1282 c.c.), sia agli interessi dovuti in conseguenza della costituzione in mora (interessi moratori: art. 1224 c.c.). Tale conclusione è l'unica consentita da tutti e quattro i tradizionali criteri di ermeneutica legale: l'interpretazione letterale, R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 l'interpretazione sistematica, l'interpretazione finalistica e quella storica. 1.4. (A) L'interpretazione letterale. Dal punto di vista dell'interpretazione letterale, nessuna delle norme che vietano la pattuizione di interessi usurari esclude dal suo ambito applicativo gli interessi usurari. L'art. 644, comma primo, c.p., stabilisce: "chiunque (..) si fa dare o promettere (..) in corrispettivo di una prestazione di denaro (...) interessi (..) usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000". Il terzo comma della stessa disposizione recita: "la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari". A tali norme ha dato attuazione l'art. 2, comma 4, I.
7.3.1996 n. 108, il quale - nel testo vigente all'epoca della stipula del contratto di leasing oggetto del presente giudizio (2006) - stabiliva che "il limite previsto dal terzo comma dell'art. 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà". Infine, l'art. 1, comma 1, del d.l. 29.12.2000 n. 394 (convertito nella I. 28 febbraio 2001, n. 24), nell'interpretare autenticamente l'art.644 c.p., ha stabilito: "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 del codice penale (..) si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento".R.G.N. 24738/16 Udienza del 17 maggio 2018 1.4.1. Nessuna delle suddette norme distingue tra i vari tipi di interessi. La prime tre parlano genericamente di "interessi" tout court;
la quarta soggiunge che l'usurarietà va valutata al momento della pattuizione "a qualsiasi titolo". Ma quella di pagamento degli interessi è una obbligazione, e il "titolo" dell'obbligazione come noto è costituito dalla qualità giuridica della sua fonte. Poiché dunque gli interessi possono essere pattuiti sia a titolo di corrispettivo della cessione d'un capitale (artt. 820, terzo comma c.c.;
1282 c.c., 1499 c.c.);
sia a titolo della remunerazione d'una prestazione a pagamento differito (arg. ex art. 1714 c.c.);
sia a titolo di mora (art. 1224 c.c.), la previsione secondo cui il giudizio di usurarietà può riguardare gli interessi pattuiti "a qualunque titolo" rende palese che per la lettera della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura. La conclusione appena
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