Cass. pen., sez. II, sentenza 30/11/2021, n. 44337

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 30/11/2021, n. 44337
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 44337
Data del deposito : 30 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: STANZANI MASSIMILIANO nato a REGGIO EMILIA il 13/02/1976 avverso l'ordinanza del 04/06/2021 del TRIB. LIBERTA' di PARMA udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
lette le conclusioni del PG DOMENICO SECCIA, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 4 giugno 2021 il Tribunale di Parma, in funzione di giudice del riesame, rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di S M (indagato per i reati di cui al'art. 166 D.L.vo 58/1998 e 648 bis cod.pen.) e, per l'effetto, confermava il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Parma emesso 1'8 maggio 2021, relativo al sito www.contantibitcoin.it poiché lo stesso era da considerare corpo del reato e cosa pertinente al reato in quanto "strumento attraverso il quale vi sono la pubblicizzazione dell'attività illecita e l'offerta alla clientela, strumenti propedeutici alla messa in circolazione della moneta elettronica".

1.1 Avverso l'ordinanza del Tribunale ricorrono per Cassazione i difensori di S, eccependo la violazione di legge in relazione agli artt. 91 T.U.F., 166 D.Lgs. 58/1998 e 355 cod.proc.pen. (anche in relazione all'art. 125 cod.proc.pen.): la difesa aveva infatti contestato l'assenza del fumus del reato di abusivismo finanziario richiamandosi ai principi giurisprudenziali elaborati in materia e secondo i quali la vendita delle criptovalute è assoggettata alla disciplina contenuta nel T.U.F. solo quando la stessa viene pubblicizzata come investimento finanziario;
sul punto, la mera associazione del bitcoin all'oro digitale non poteva, come ritenuto dal Tribunale, considerarsi elemento sufficiente a ritenere applicabile il concetto normativo di investimento di natura finanziaria, viste le precisazioni effettuate dalla Consob, e che secondo la normativa di settore i bitcoin non erano unici strumenti per investire in oro finanziario: le criptovalute non sono strumenti finanziati, pertanto non assoggettabili al T.U.F. salvo nelle residuali ipotesi in cui la loro vendita è direttamente influenzata dalle specifiche modalità di sponsorizzazione del prodotto da parte del venditore.

1.2 Il difensore rileva che nell'atto di gravame era stata contestata anche la sussistenza del reato di riciclaggio: sul punto, il Tribunale del Riesame aveva ritenuto riscontrabile il dolo eventuale del reato, in considerazione del fatto che le risultanze investigative avevano evidenziato che alcuni investitori avessero utilizzato per le operazioni di acquisto delle criptovalute documenti di identificazione di soggetti deceduti e che molti acquirenti risultavano privi di redditi propri e segnati da molteplici precedenti di polizia;
il Tribunale non aveva però considerato che la normativa imposta dagli artt. 17 e 18 del D.Lgs.231 del r 2007 non avrebbe comunque permesso a S di rilevar e i precedenti penali e di polizia dei clienti, oltre che la loro effettiva capacità economica, per cui non poteva assolutamente configurarsi il dolo eventuale del reato di riciclaggio.

1.3 Il difensore osserva che con l'atto di gravame si era sottolineato che la Polizia Giudiziaria avesse ricondotto sotto il vincolo di cui all'art. 252 cod.proc.pen. beni di proprietà dell'indagato sprovvisti del requisito di pertinenzialità e cose che non erano affatto contemplate nel decreto autorìzzatorio del 30.04.2021 emesso dalla Procura della Repubblica;
si era lamentata anche l'illegittima esecuzione della perquisizione informatica, in quanto la Pubblica accusa aveva onerato la Polizia Giudiziaria di provvedere all'estrazione della copia forense dei soli documenti e dei dati contenuti nei dispositivi elettronici appartenenti all'indagato e pertinenti ai fini del reato, mentre in sede di esecuzione la Polizia giudiziaria aveva effettuato una copia integrale dei supporti informatici, provvedendo ad estrarre files e foto di natura privata e personale, materiale nemmeno lontanamente riconducibile, in termini di pertinenza, alle ipotesi di reato contestate al ricorrente;
sul punto, prosegue il difensore, il Tribunale aveva risposto che la difesa avrebbe dovuto impugnare il decreto di perquisizione e sequestro , senza considerare che il potere dispositivo e di controllo della Polizia Giudiziaria compete al Pubblico Ministero e che a quest'ultimo spetta anche il compito di vigilare sull'applicazione delle norme, per cui il Pubblico Ministero avrebbe dovuto astenersi dal convalidare il sequestro.
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