Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/12/2008, n. 29531

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Il passaggio in cosa giudicata di una pronuncia del giudice ordinario, ovvero del giudice amministrativo, recante statuizioni sul merito di una pretesa attinente ad un determinato rapporto, estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di detto giudice su tale rapporto, indipendentemente dal fatto che essa sia stata o meno oggetto di esplicita declaratoria e, quindi, osta a che la giurisdizione di quel giudice possa essere contestata in successive controversie fra le stesse parti aventi titolo nel medesimo rapporto davanti a un giudice diverso, avendo il giudicato esterno la medesima autorità di quello interno, in quanto corrispondono entrambi all'unica finalità dell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche e della stabilità delle decisioni. (Fattispecie in cui i provvedimenti in materia di acque pubbliche erano stati impugnati sia con ricorso al TAR, che con ricorso al TSAP, che aveva deciso nel merito, con sentenza passata in giudicato, la quale, secondo la S.C., ha acquistato autorità di giudicato esterno anche riguardo alla giurisdizione del giudice amministrativo, determinandone l'incontestabilità della giurisdizione nel giudizio pendente davanti ad esso).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/12/2008, n. 29531
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29531
Data del deposito : 18 dicembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. S S - Presidente di sezione -
Dott. E A - Presidente di sezione -
Dott. M M R - Presidente di sezione -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S S - rel. Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI CARMIGNANO DI BRENTA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FEDERICO CONFALONIERI

5, presso lo studio dell'avvocato DI M S, rappresentato e difeso dall'avvocato T M, per delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
AGROITTICA VENETA S.R.L., ACQUARIUS S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIMA, 15, presso lo studio dell'avvocato V M E, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato Z F, per delega a margine del controricorso;



- controricorrenti -


avverso la decisione n. 6070/2006 della CONSIGLIO DI STATO, depositata il 12/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 11/11/2008 dal Consigliere Dott. SALVAGO SALVATORE;

uditi gli avvocati Carlo ALBINI per delega dell'avvocato Mario Testa, Mario Ettore VERINO;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI DOMENICO, che ha concluso per il rigetto del ricorso (A.G.A.). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il TAR Veneto con sentenza del 26 maggio 2000 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione e la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche sul ricorso con cui le s.r.l. Agroittica Veneta ed Acquarius avevano impugnato il provvedimento 17 dicembre 1998 del Responsabile unico dell'Ufficio tecnico del comune di Carmignano di Brenta recante comunicazione di avvio di procedimento a carico delle due società per l'esecuzione di opere di approfondimento del bacino Camazzole, a ridosso del fiume Brenta nonché l'ordinanza di pari data dello stesso Responsabile che aveva disposto l'immediata sospensione dei lavori sino al conseguimento della prevista autorizzazione ambientale.
In accoglimento dell'appello delle società, il Consiglio di Stato, con sentenza del 12 ottobre 2006, ha annullato la decisione del Tribunale amministrativo dichiarando la giurisdizione del giudice amministrativo e restituendogli gli atti per l'esame del merito delle impugnative. Ha osservato al riguardo che l'oggetto specifico del giudizio costituito dalla contestata esistenza dei presupposti di fatto e di diritto del potere di sospensione dei lavori esercitato dal comune, senza alcuna incidenza o interferenza sul regime delle acque del Brenta escludevano la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche a favore di quella generale di legittimità del giudice amministrativo.
Poiché invece detto Tribunale con sentenza 16/2004 ha deciso analoga controversia ritenendo implicitamente la propria giurisdizione ed annullando l'ordinanza di sospensione delle opere perché assunta dal comune in difetto di parere della Commissione edilizia integrata, l'amministrazione comunale che aveva già impugnato quest'ultima decisione, ha denunciato conflitto positivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 362 c.p.c. tra detti giudici speciali. Resistono con controricorso le società Agroittica Veneta ed Acquarius.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso, il comune di Carmignano del Brenta censura la sentenza impugnata per aver recepito una concezione assolutamente restrittiva dell'ambito di giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche della vis actractiva della materia delle acque pubbliche nei confronti del provvedimento di sospensione dei lavori di approfondimento del bacino idrico Camazzole per assenza dell'autorizzazione ambientale. Rileva altresì che l'attività di estrazione da un bacino fluviale interferisce necessariamente con il regime delle acque pubbliche, e quindi, rende irrilevante la motivazione del provvedimento di sospensione ai fini dell'accertamento della giurisdizione prevista dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143.
L'ente pubblico ha formulato il quesito di diritto di cui all'art.366 bis c.p.c.. Il ricorso deve essere accolto sia pure per motivi diversi da quelli prospettati.
Si legge, infatti, nella sentenza impugnata nonché nelle difese delle parti che dopo l'accoglimento del Magistrato delle acque, in data 27 dicembre 1990, di una domanda della soc. Agroittica Veneta ed Acquarius per l'approfondimento di un bacino acqueo finalizzato a coltivazione ittica ed alla laminazione delle piene del fiume Brenta, il comune di Carmignano con due provvedimenti adottati il 17 dicembre 1998, ordinò la sospensione dei lavori perché non era stata richiesta ed ottenuta l'autorizzazione ambientale, e contestualmente avviò il procedimento sanzionatorio per l'esecuzione di opere edilizie in assenza dell'autorizzazione suddetta. Entrambi i provvedimenti (quelli presupposti e quelli immediatamente successivi) furono impugnati dalle due società, sia con ricorso diretto al TAR del Veneto, sia con ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
I due giudizi ebbero vicende diverse,perché il TAR con sentenza del 26 maggio 2000 dichiarò il proprio difetto di giurisdizione ritenendo che la controversia, interferisse con il regime delle acque pubbliche, perciò rientrando nella giurisdizione del TSAP;
e la decisione venne riformata dal Consiglio di Stato che, con la sentenza impugnata, ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo e rimesso gli atti al giudice di primo grado per la decisione sul merito.
Mentre nel giudizio davanti al TSAP non è stata sollevata alcuna questione di giurisdizione e detto giudice, con sentenza del 19 gennaio 2004 accoglieva i ricorsi delle società annullando sia il provvedimento di sospensione dei lavori, che quelli inerenti al procedimento di irrogazione delle sanzioni.
Il Comune di Carmignano di Brenta ha insistito nella legittimità di entrambi i provvedimenti impugnati, proponendo ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte, che tuttavia con sentenza n. 2433 dell'1 febbraio 2008, intervenuta nelle more di questo giudizio, lo hanno respinto;
sicché la decisione di annullamento del Tribunale superiore è divenuta definitiva.
Ora, se in quest'ultimo giudizio il TSAP avesse espressamente affermato la propria giurisdizione (su istanza di parte o di ufficio) contestualmente alla decisione di merito (di annullamento dei due provvedimenti), la mancata impugnazione della statuizione avrebbe determinato senz'altro l'effetto dell'accettazione della stessa ad opera di entrambe le parti;
e del passaggio in giudicato (esplicito) del relativo capo della sentenza, con l'effetto preclusivo di cui all'art. 324 c.p.c. malgrado il disposto dell'art. 37 c.p.c., comma 1, in forza del quale il difetto di giurisdizione è rilevato anche
di ufficio in qualunque stato e grado del processo. Per cui un effetto identico si produce secondo questa Corte in conseguenza della decisione sul merito, senza una statuizione esplicita sulla giurisdizione, poiché la decisione suddetta implica la decisione sulla giurisdizione e, quindi, se le parti non impugnano la sentenza, o la impugnano senza eccepire il difetto di giurisdizione, come è avvenuto nella fattispecie, le stesse pongono in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto:
e, quindi, si verifica egualmente il fenomeno della acquiescenza per incompatibilità,con le conseguenti preclusioni sancite dall'art. 329 c.p.c., comma 2, e dall'art. 324 c.p.c. (Cass. sez. un. 26019/2008;

23389/2008;
6559/1998;
94/1995).
Proprio per tale ragione, le Sezioni Unite hanno affermato, con giurisprudenza ormai del tutto consolidata, che il giudicato sulla giurisdizione può formarsi - oltre che a seguito della statuizione emessa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in sede di regolamento preventivo di giurisdizione o di ricorso ordinario per motivi attinente alla giurisdizione-non soltanto per effetto di declaratoria espressa sulla giurisdizione data dal giudice di merito e non investita da specifica impugnazione, ma pure a seguito del passaggio in giudicato di una sentenza di merito che contenga il riconoscimento, sia pure implicito, della giurisdizione del giudice adito.
Vero è, infatti, che le pronunce dei giudici ordinari di merito (come quelle dei giudici amministrativi) sulla sola giurisdizione non sono suscettibili di acquistare autorità di giudicato in senso sostanziale - e di spiegare, perciò, alcun effetto al di fuori del processo nel quale siano state rese (c.d. efficacia endoprocessuale) - in quanto - secondo la costante giurisprudenza di legittimità (vedi, per tutte, Cass. Sez. un. 14854/2006;
27899/2005;
16779/2005
) - quelle pronunce statuiscono soltanto sull'esistenza di un presupposto processuale (la giurisdizione, appunto) - senza implicare alcun accertamento di merito, che possa far stato tra le stesse parti (anche) in un processo diverso: a differenza delle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - cui, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il potere di adottare, sul punto, decisioni dotate di efficacia esterna (cosiddetta efficacia panprocessuale).
Ma è altrettanto certo che sono suscettibili, invece, di acquistare autorità di giudicato - anche in tema di giurisdizione - e di spiegare, perciò, i propri effetti, (anche) in processi diversi da quello in cui sono state rese, quelle pronunce di giudici ordinari di merito (o di giudici amministrativi), allorquando:
a) le statuizioni, eventualmente implicite, sulla giurisdizione da esse risultanti si coniughino con statuizioni relative ai profili sostanziali del rapporto controverso (Cass. sez. un. 26620/2007;

16462/2006;
1621/2005);

b) la decisione sia divenuta definitiva ed irretrattabile;

c) il giudizio "coperto" dal giudicato esterno (anche) sulla giurisdizione abbia per oggetto una "causa" identica - non solo soggettivamente, ma anche oggettivamente - a quella in cui sia stata affermata espressamente o implicitamente la giurisdizione (Cass. 1233/2000;
802/1999;
605/1999;
1007/1993
).
La contemporanea pendenza di due giudizi di identico oggetto davanti a giudici appartenenti ad ordini diversi non elimina, infatti, l'incertezza circa la questione di giurisdizione, ma la rende maggiore;
e la questione stessa può ritenersi superata solo qualora uno dei due giudizi dovesse concludersi con decisione di merito passata in giudicato, cui segue l'incontestabilità, con efficacia panprocessuale, della giurisdizione di provenienza della decisione medesima (Cass. sez. un. 5184/2004;
630/2004
). Ciò perché l'autorità del giudicato, oltre ad investire ciò che forma l'oggetto e la causa giuridica del giudizio, si estende a tutte le statuizioni, anche implicite, che della decisione finale costituiscono dei punti obbligati di passaggio, rappresentandone il presupposto logico indispensabile (giudicato implicito);
con la conseguenza che, allorquando due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza ormai divenuta irrevocabile, l'accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accettato e risolto, e ciò anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo (Cass. sez. un. 349/2002;
1532/2000;
12084/1998;
11228/1997
). Corollario conclusivo dei principi evidenziati è che il passaggio in cosa giudicata di una pronuncia del giudice ordinario ovvero del giudice amministrativo recante statuizioni sul merito di una pretesa attinente ad un determinato rapporto estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di detto giudice su tale rapporto, indipendentemente dal fatto che essa sia stata, o meno, oggetto di esplicita declaratoria;
sicché osta a che la giurisdizione di quel giudice possa essere contestata in successive controversie fra le stesse parti riguardanti domande aventi il titolo nel medesimo rapporto:anche perché il giudicato esterno ha la medesima autorità di quello interno, corrispondendo entrambi all'unica finalità rappresentata dall'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche e dalla stabilità delle decisioni. Proprio siffatta situazione si è verificata nel caso concreto posto che la sentenza del

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