Cass. pen., sez. V trib., sentenza 06/07/2022, n. 25961

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 06/07/2022, n. 25961
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25961
Data del deposito : 6 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: M F nato a SERRARA FONTANA il 16/06/1952 MATTERA GIOVANNI nato a SERRARA FONTANA il 05/04/1947 I D nato a NAPOLI il 20/07/1986 MATTERA LUIGI nato a SERRARA FONTANA il 06/06/1973 avverso la sentenza del 16/10/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere B CE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore VINCENZO SENATORE che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità, riportandosi anche alla requisitoria scritta già depositata;
la difesa della parte civile ha eccepito la tardività del ricorso, perché depositato oltre il 15.giorno dalla data della pronuncia della sentenza con motivazione contestuale, si è riportata alle richieste del Procuratore generale, con deposito di nota spese e conclusioni scritte.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Napoli ha parzialmente riformato la condanna, emessa dal Tribunale in sede, sezione distaccata di Ischia, in data 28 settembre 2016, dichiarando non doversi procedere nei confronti di F, G, L (classe '73) M e D I, in relazione ai reati loro ascritti (capo a): artt. 110, 392 cod. pen. il primo e il secondo, quest'ultimo anche capo b): artt. 582, 585 cod. pen. lesioni personali provocate a Giuseppe M, giudicate guaribili in giorni sette;
il terzo e quarto, capo c): artt. 110, 393 cod. pen.;
il quarto capo d): artt. 110, 582, 585, cod. pen. provocate a G M;
capo e): artt. 110 393 cod. pen.;
capo f): artt. 110, 610 cod. pen. ascritto a D I e L M cl. 73) perché estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili.

2. Avverso l'indicato provvedimento ricorrono gli imputati, per il tramite del difensore, denunciando tredici vizi, di seguito riassunti ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 83 d.l. n. 18 del 2020 e art. 3 d. I. 28 del 20 aprile 2020. La prima udienza in grado d'appello, del 3 dicembre 2019, nella quale hanno concluso il Procuratore generale presso la Corte d'appello e la parte civile, è stata aggiornata al 12 maggio 2020 per la discussione della difesa. Tale udienza non si è tenuta ai sensi dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, sicché il rinvio al 16 ottobre 2020 andava notificato alla difesa che, invece, non ha ricevuto comunicazione (né per il difensore, avvocato Giuseppe Di Meglio, né per l'avvocato Biagio Iacono), così impedendo di illustrare, con trattazione in presenza, i motivi di appello.

2.2.Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 124 cod. pen. I reati contestati sono perseguibili a querela e sono stati commessi il 10 maggio 2008, mentre la querela risulta protocollata in data 11 agosto 2008, a fronte di verbale di ratifica che risale al 6 agosto 2008, comunque oltre i tre mesi dal fatto. Si evidenzia che vi è contrasto, quanto alla data, tra i due atti, rispetto al quale la Corte territoriale non spende alcuna motivazione, in violazione dell'art.124 cod. pen. cit.

2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 393 cod. pen. F e G M avevano impugnato la sentenza di primo grado quanto alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 393 cod. pen., tenuto conto della liceità della condotta violenta, in quanto diretta a ripristinare la legalità violata. Si tratta di condotta che integra mera reazione a un atto di spoglio consumato ai loro danni, da L e M M odierne parti civili che, dopo lungo tempo dalla morte del padre, si erano recati a spogliare con la forza gli zii del possesso del bene. Coloro che hanno esercitato arbitrariamente i propri diritti di comunione, cambiando la serratura al bene sul quale ritenevano di vantare diritti di compossesso, sarebbero, per i ricorrenti, proprio le parti civili, eredi di R M, mentre la Corte territoriale li indica come soggetti che avrebbero avuto titolo a farlo. Si tratta, invece, per i ricorrenti, di condotta ammessa dallo stesso M M il quale ha descritto il locale come quello nel quale F M conservava attrezzi. La Corte territoriale motiva individuando che il diritto di possesso sul locale era controverso ma ignorerebbe la norma civilistica (art. 1140 cod. civ.) secondo la quale sarebbe stato necessario verificare chi avesse il materiale possesso del bene antecedentemente e non chi fosse il titolare del diritto di proprietà, comune o meno, sul bene.

2.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di violazione o falsa applicazione dell'art. 393 cod. pen. Con riferimento al capo b) la sentenza dovrebbe essere annullata e, anzi, avrebbe dovuto condurre alla condanna di M e L (fu R) M, perché si erano portati, a distanza di tempo dalla morte del loro nonno, presso l'immobile cambiando la serratura in data 10 maggio 2008, ponendo in essere uno spoglio violento del bene, già detenuto da F M prima della morte del comune dante causa. Si contesta che, mentre per reputare la responsabilità di F M era stata ritenuta sufficiente la querela sporta, nei suoi confronti, da M e L M di R, diversamente non è stato reputato sufficiente quanto narrato da F M circa i descritti accadimenti del 10 maggio 2008. In definitiva, si assume che gli agenti avevano la convinzione di reagire ad un'ingiustificata azione violenta di spoglio.

2.5. Con il quinto motivo si deduce la insussistenza del reato di cui all'art. 393 cod. pen. Si assume che gli agenti proprio perché avevano subito l'atto di spoglio descritto, posto in essere il 10 maggio 2008, avevano reagito con la condotta loro contestata, ma nella convinzione di agire per ripristinare la detenzione materiale del bene che già avevano, quindi in assenza dell'elemento soggettivo del reato ascritto loro.

2.6.Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 530 cod. proc. pen. invocando l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Gli agenti si sono mossi in buona fede, nel convincimento di dover conseguire la materiale detenzione del bene di cui avevano il possesso in via esclusiva.

2.7.Con il settimo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'istituto della continuazione, non riconosciuta per i due capi a) e b) contestati a G M.

2.8.Con l'ottavo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 530 cod. proc. pen., in ordine al capo b). Si ritiene che la motivazione della Corte territoriale contrasti con le risultanze processuali, perché se G M fosse stato effettivamente armato di spranga di ferro, questa avrebbe provocato lesioni personali dovute a frattura, mentre non si sono riscontrate lesioni proporzionate all'uso di un tale corpo contundente. Si ravvisa, inoltre, violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. perché la motivazione non sarebbe correlata alla contestazione che attiene alla produzione di lesioni personali giudicate guaribili in giorni sette.

2.9.Con il nono motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 512 cod. proc. pen. e, comunque, nullità del dibattimento. Non si è svolta l'attività processuale (esame di G M) con l'ausilio di interprete del linguaggio dei segni, trattandosi di dichiarante che si è acquisito essere sordo. Anzi, si è data, indebitamente, lettura delle sue precedenti affermazioni di cui, per la sopraggiunta sordità, è stata reputata impossibile la ripetizione.
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