Cass. pen., sez. III, sentenza 15/01/2018, n. 01493

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 15/01/2018, n. 01493
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01493
Data del deposito : 15 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BONALDI SIMONE nato il 11/02/1958 a SCHILPARIO avverso la sentenza del 16/10/2013 del TRIBUNALE di BERGAMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere

ELISABETTA RI

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA FILIPPI plic-IRt-cerrter~ Il Proc. Gen. conclude per l' nammissibilita' z. iNit d1/4--ed U/ Udito il difensore UV` kU,Lo 19Nku, il difensore presente si riporta ai motivi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 ottobre 2013 il Tribunale di Bergamo ha dichiarato B S colpevole del reato di cui all'art. 30, c. 1, lett. g) della legge n. 157 del 1992, perché, utilizzando il proprio fucile, abbatteva una femmina di G F, animale appartenente ad avifauna tipica alpina, la cui caccia nel comprensorio alpino Valle di Scalve per la stagione venatoria in corso era vietata in quanto esemplare femmina, in Schilpario (BG), il 7 ottobre 2012 e lo ha condannato alla pena di 1.200 euro di ammenda.

2. Avverso la sentenza, l'imputato, tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto appello, trasmesso alla Corte di cassazione dalla Corte di appello di Brescia, chiedendo l'assoluzione e, in subordine, la concessione delle attenuanti generiche e il contenimento della pena al minimo edittale, lamentando la nullità del verbale di sequestro disposto ex art. 354 c.p.p., in quanto le piume dell'animale, asseritamente di esemplare femmina, anziché essere depositate all'ufficio corpi di reato, sono state distrutte dopo l'espletamento dei rilievi fotografici, rendendo impossibile il controllo sulle stesse. Inoltre non era stato tenuto in conto che vi era la possibilità che il colpo fosse partito dal compagno di caccia Mai Renato, considerato che l'imputato era sotto il controllo del guardiacaccia situato a circa 400 metri da dove era stato esploso il colpo e non era stato rinvenuto l'animale presuntivamente abbattuto, per cui di nuovo le piume distrutte costituivano l'unico elemento di prova.
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