Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/06/2003, n. 9341

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Il diritto all'indennizzo previsto dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per i danni che possano derivare al privato in conseguenza della legittima realizzazione di un'opera pubblica, si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva, per cui non è consentito soddisfare l'interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato: tale diritto, pertanto, presupponendo un atto legittimo della p.a., si distingue dal risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., il quale ultimo presuppone, invece, il fatto doloso o colposo della stessa p.a.. Ne deriva che, ai fini del riconoscimento dell'indennizzo in questione, devono sussistere le tre condizioni, consistenti nell'attività lecita della p.a., nell'imposizione di una servitù o nella produzione di un danno avente carattere permanente (che si concreti nella perdita o nella diminuzione di un diritto), nel nesso di causalità tra l'esecuzione dell'opera pubblica ed il danno. Inoltre, quanto alla posizione soggettiva cui deve aversi riguardo per individuare il titolare del diritto all'indennizzo, essa è quella che deriva dal rapporto tra il proprietario ed il bene contiguo all'opera pubblica realizzata.

Anche qualora l'indennità di esproprio debba essere determinata osservando una normativa speciale - quale quella stabilita dall'art. 80, sesto comma, della legge 14 maggio 1981, n. 219, che, per la determinazione giudiziale dell'indennità, rinvia agli artt. 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2392, nel cui ambito resta compresa anche l'indennità di cui all'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, per il richiamo operato dall'art. 18 del D.L.lgt. 27 febbraio 1919, n. 219 -, sia l'indennità di asservimento di un immobile (art. 46 cit., prima ipotesi), sia l'indennizzo spettante per il danno permanente derivante dalla perdita o dalla diminuzione di un diritto (art. 46, seconda ipotesi) vanno commisurati non al valore venale del fondo, ma all'indennità di esproprio liquidabile in base a quella normativa speciale.

Il proprietario ha diritto, in forza della previsione di cui all'art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, ad un indennizzo per il diminuito godimento dell'immobile asservito anche con riferimento al periodo della realizzazione dell'opera pubblica asservente, anche se l'immobile non sia stato occupato dalla pubblica amministrazione ed anche se il proprietario non ne abbia perso totalmente la disponibilità ed il possesso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 11/06/2003, n. 9341
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9341
Data del deposito : 11 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. I G - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. R E - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. M M R - Consigliere -
Dott. B M - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NUOVA MECFOND S.P.A., IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELL'

ORSO

74, presso lo studio dell'avvocato P D M, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
D'A U, ACANFORA MARIA, domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato I F, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


nonché

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, FUNZIONARIO DELEGATO CIPE EX ART. 84 DELLA L. 219/81, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 52/98 della Giunta speciale per le espropriazioni presso la c.a. di NAPOLI, depositata il 26/06/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/03 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;

udito l'Avvocato Paolo DI MARTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio MARTONE il quale ha concluso che in via principale rileva la nullità insanabile della sentenza impugnata, in via subordinata rigetto del primo motivo, accoglimento del secondo e terzo, assorbito il quarto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 2-4 marzo 1998 D'Arzano Umberto e Acanfora Maria assumevano:
- che nell'ambito della realizzazione delle opere previste dalla legge 14 maggio 1981 n. 219, la soc. INFRATECNA S.p.A. (ora Nuova Mecfond spa in liquidazione), concessionaria per le opere, aveva realizzato un viadotto autostradale che aveva invaso lo spazio aereo in verticale del fabbricato sito in Napoli alla via Zara n. 18 bis;

- che essi istanti erano proprietari di un appartamento sito in Napoli alla via Zara 18 bis alla scala 20, piano secondo, int. 15;

- che pur avendo sottoposto ad asservimento il fabbricato ed offerto la relativa indennità solo ai proprietari di alcune unità immobiliari site nella medesima scala e nella stessa verticale dell'immobile di loro proprietà, non era mai stata offerta loro alcuna indennità di asservimento e di espropriazione che, di conseguenza, non era mai stata determinata ne' depositata presso la Cassa DD.PP. di Napoli;

- che parimenti non era mai stato emesso il relativo decreto di esproprio;

- che la costruzione del viadotto aveva causato una diminuzione del valore dell'immobile di loro proprietà;

- che pertanto intendevano richiedere tutte le indennità previste dalla legge 219/1981 e dalla legge 29 luglio 1980 n. 385 ed in particolare l'indennità di occupazione temporanea, l'indennità di asservimento, l'indennità di espropriazione e l'indennizzo connesso al diminuito godimento dell'immobile per quanto riguarda l'aria e la luce ed in considerazione della variazione delle caratteristiche posizionali, relativamente al periodo decorrente dall'inizio dei lavori di costruzione dell'asse viario (05/09/89) fino alla data del decreto di asservimento e richiedere, pertanto, la determinazione della stima e veder così definitivamente acclarato e liquidato il giusto indennizzo;

- che il procedimento adottato riguardava la realizzazione di opere da eseguirsi nell'ambito del territorio comunale di Napoli e che le indennità di espropriazione e di asservimento andavano determinate in base al 3^ comma dell'art. 42 Cost. con i criteri individuati dalla sentenza n. 5/80 della Corte Costituzionale in relazione alla reale diminuzione di valore dell'immobile;

- che ai sensi dell'art. 17 del Decreto Luogotenenziale 27/2/1919 n. 219 la competenza a determinare le indennità di espropriazione, di asservimento e di occupazione temporanea, anche anteriormente all'emanazione dell'atto ablativo è demandata alla Giunta Speciale per le Espropriazioni.
Tutto ciò premesso F G e D L O evocavano in giudizio davanti alla Giunta Speciale per le espropriazioni istituita presso la Corte d'appello di Napoli il Funzionario Delegato CIPE e la NUOVA MECFOND S.p.A. in liquidazione chiedendo, la determinazione delle indennità di occupazione temporanea, di asservimento e di espropriazione nonché dell'indennizzo connesso al diminuito godimento dal 5/9/89 fino alla data del decreto di asservimento e dell'indennizzo per la diminuzione di valore dell'immobile, con la condanna dei convenuti, al pagamento delle suddette indennità oltre rivalutazione ed interessi il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva la NUOVA MECFOND S.p.A. in liquidazione eccependo:
il difetto di giurisdizione della Giustizia adita;

- il difetto di legittimazione della parte attrice nonché il difetto della propria legittimazione passiva e chiedendo il rigetto delle domande in quanto improponibili, inammissibili ed infondate. Si costituiva pure la Presidenza del Consiglio dei Ministri eccependo, tra l'altro, il difetto della propria legittimazione passiva.
Con sentenza dell'8 - 26 giugno 1998, la Giunta Speciale per le espropriazioni, previa affermazione della propria competenza giurisdizionale esclusiva sui fatti di causa, accogliendo le domande attoree, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Funzionario Delegato dal CIPE), compensando le spese tra detto Ente e gli attori, condannando la Nuova Mecfond S.p.A. in liquidazione: a) a pagare in favore degli attori la somma di L. 34.377.450 dovuta ex art. 46 L. 2359/1865, oltre gli interessi legali dalla data della sentenza fino a quella dell'effettivo soddisfo;
b) a pagare altresì, ai medesimi, l'indennizzo per il diminuito godimento temporaneo nella misura corrispondente al saggio degli interessi legali per anno su L. 34.377.450, pari al 30% del valore di mercato pieno del cespite asservito (L. 114.591.500), con decorrenza dal 5 settembre 1989 alla data della sentenza, nonché al pagamento degli interessi legali ulteriori, sulla somma in tal modo determinata, sino alla data dell'effettivo pagamento;
e) a rimborsare le spese processuali ed a pagare l'onorario dovuto ai componenti della Giunta e il compenso spettante al segretario.
Osservava la Giunta, in particolare:
a) che l'indennizzo in questione spettava anche ai titolari di beni non espropriati, essendo sufficiente ai sensi dell'art. 46 legge n. 2359 del 1865 un'attività lecita della P.A. consistente
nell'esecuzione di un'opera pubblica, l'imposizione di una servitù o la produzione di un danno di carattere permanente che si concreti nella perdita o diminuzione di un diritto ed il nesso di causalità tra l'esecuzione dell'opera pubblica ed il danno;

b) che, data l'ubicazione dei beni nel perimetro urbano della città di Napoli, sussisteva la competenza giurisdizionale della Giunta;

c) che l'ente concessionario, per i poteri derivatigli in base alla legge 219 del 1981, all'ordinanza commissariale n. 45 del 1981 ed alla convenzione di affidamento in concessione dell'intervento edilizio, aveva assunto la qualità di unico soggetto responsabile nei confronti dell'espropriato di tutte le obbligazioni indennitarie, comprese quelle relative all'imposizione di servitù ex art. 46 cit.;

d) che il deprezzamento dei cespiti non poteva essere limitato alle sole porzioni immobiliari ricadenti al di sotto del viadotto, ma andava esteso a tutte le unità immobiliari che subivano per la presenza del viadotto una diminuzione del valore di mercato per la variazione in decremento delle caratteristiche posizionali intrinseche (luminosità, soleggiamento, inquinamento acustico ed atmosferico, sicurezza fisico-psicologica, polverosità ecc.);

e) che era congruo stimare un deprezzamento pari 30% del valore di mercato dell'immobile;

f) che era anche dovuto l'indennizzo connesso al diminuito godimento dell'immobile, per guanto riguardava l'aria e la luce ed in considerazione della variazione delle caratteristiche posizionali intrinseche, relativamente al periodo decorrente dall'inizio dei lavori di costruzione dell'asse viario (5.9.1989) alla data della decisione;

g) che tale indennizzo poteva essere determinato nella misura corrispondente agli interessi legali per anno sul 30% del valore di mercato del cespite.
Avverso tale sentenza la Nuova MECFOND s.p.a. in liquidazione ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi. Hanno resistito con controricorsi sia F G e D L O sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri, funzionario delegato CIPE.
La ricorrente depositava memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con la memoria del 12 novembre 2002, la ricorrente eccepisce la totale nullità (rectius inesistenza) della sentenza, ai sensi degli artt. ex artt. 158 e 161 c.p.c, per difetto di giurisdizione della Giunta Speciale stante la sua irregolare composizione con l'ingegnere capo dell'Ufficio tecnico erariale di Napoli, tenuto conto dell'illegittimità costituzionale dell'art. 17 D.Lgt. n. 219 del 1919, come modificato dall'art. 1 della legge n. 1131 del 1935, dichiarata dalla Corte con sentenza n. 393 del 25 luglio 2002.

2. L'eccezione non è fondata.
Con riferimento al Tribunale regionale delle acque pubbliche, questa Corte ha ritenuto che la nullità derivante da vizio di costituzione di quel giudice - conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale (con la sentenza n. 353 del 2002), dell'art. 138 del r.d. 11 dicembre 1933 nella parte in cui prevedeva l'aggregazione a
detto tribunale di tre funzionari dell'ex Genio civile, uno dei quali interveniente nel collegio giudicante - ancorché assoluta e rilevabile d'ufficio, non si sottrae, ai sensi dell'art. 158 c.p.c. (che fa espressamente salva la disposizione del successivo art. 161), al principio di conversione delle causa di nullità in motivi d'impugnazione, con la conseguenza che, in caso di mancata, tempestiva denuncia del vizio "de quo" attraverso lo strumento dell'impugnazione, il rilievo della detta nullità resta precluso per tutto l'ulteriore corso del processo (Cass. Sez. Un. 3 marzo 2003 n. 3074). La sentenza citata ha precisato: - che l'atto processuale può essere qualificato come inesistente soltanto se sia privo degli elementi necessari per identificarlo come appartenente al tipo o alla categoria considerata (Cass. Sez. Un. 10 ottobre 1997 n. 9859, Cass. 9 ottobre 1997 n. 9808);
- che un vizio di costituzione dell'organo giudicante rende giuridicamente inesistente la sentenza solo quando sia così radicale da impedire che la sua emanazione possa essere riferita ad un soggetto investito di potere giurisdizionale (Cass. 29 agosto 1997 n. 8245);
- che, conseguentemente, deve essere considerata (non già inesistente), ma nulla la sentenza pronunziata da un organo la cui composizione, come in quel caso, sia semplicemente diversa da quella legale (Cass. 23 giugno 1971 n. 1982). Tali argomentazioni e la conclusione in base ad esse raggiunta valgono anche per l'ipotesi oggetto della presente controversia. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 393 del 2002, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 17 del decreto-legge luogotenenziale 27 febbraio 1919 n. 219 (Provvedimenti per la città di Napoli), convertito nella legge 24 agosto 1921 n. 1290, come modificato dall'art. 1 della legge 6 giugno 1935 n. 1131 (Espropriazioni da eseguirsi dall'Alto Commissario per la Provincia di Napoli), nella parte in cui prevede che faccia parte della Giunta speciale presso la Corte d'appello di Napoli l'ingegnere capo dell'Ufficio tecnico erariale di Napoli o un suo delegato. Ne consegue che la sentenza impugnata risulta stata pronunziata da un organo la cui composizione era solo diversa da quella legale, per la partecipazione del detto ingegnere, e quindi deve considerarsi nulla, ma non inesistente.
Non avendo il vizio formato oggetto di impugnazione, esso non può formare oggetto di esame in questa sede.

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