Cass. pen., sez. VII, ordinanza 28/04/2023, n. 17672

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 28/04/2023, n. 17672
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17672
Data del deposito : 28 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: COMPAGNONE SIMONA nato a CASERTA il 19/08/1989 avverso la sentenza del 17/03/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLIdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere G A;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 17 marzo 2022, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 10 luglio 2020, che aveva condannato C S alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui agli artt. 56, 640, 61, n. 11 cod. pen.

Ritenuto che

il primo motivo di ricorso, cui si lamenta la violazione di legge in ordine all'affermazione di penale responsabilità dell'imputata per il delitto di tentata truffa, è costotuito da mere doglianze in punto di fatto, che risultano meramente riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti giuridici, con cui la ricorrente omette di confrontarsi. In particolare, i giudici del gravame, rilevando la inattendibilità della versione dei fatti fornita dall'imputata, hanno ritenuto provata la penale responsabilità della stessa sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (che ricevono elemento di positivo riscontro nel propalato del collaboratore della stessa), dalle quali era emerso che l'imputata, a seguito del netto rifiuto della parte lesa alla proposta di concludere un contratto di assicurazione annuale, aveva proceduto alla stipula della polizza assicurativa a nome della vittima ed al pagamento della prima rata per conto della stessa, al fine di procurarsi l'ingiusto profitto consistente nel percepimento della indebita provvigione ovvero in un avanzamento di carriera (pagg. 3 e 4 della pronuncia gravata);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si censura la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata correlazione tra la contestazione e la condanna, non risulta essere stato dedotto come motivo di appello e dunque contrasta con il divieto di "novum" nel giudizio di legittimità. Peraltro, le doglienze dedotte non colgono nel segno, in quanto la riqualificazione del fatto originariamente contestato come truffa consumata in truffa tentata da parte dei giudici di merito è avvenuta in esito alla fase dibattimentale, non essendone derivato (né essendo stata allegato) alcun pregiudizio per l'esercizio del diritto di difesa. Pertanto, la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza deve escludersi allorquando sulla ricostruzione del fatto operata dal giudice le parti si siano confrontate nel processo, come avvenuto nel caso di specie;
osservato che il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e il difetto della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., è generico in quanto privo della necessaria specificità e pertinenza censoria, nonché meramente reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti giuridici, con cui il ricorrente omette di confrontarsi. In tale prospettiva, viene in rilievo la parte motiva della pronuncia oggetto di gravame, in cui i giudici di merito evidenziano le ragioni ostative alla configurabilità della particolare tenuità del fatto nel caso di specie, facendo riferimento alla particolare gravità della condotta criminosa, desumibile dalla "particolare spregiudicatezza manifestata dall'imputata e dalla circostanza che ella abbia commesso il fatto nell'esercizio della sua attività lavorativa quale procacciatrice di affari di una compagnia assicurativa" (pag. 4 della sentenza di appello). Peraltro, rileva precisare come ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti, come avvenuto nella specie;
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