Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/07/2004, n. 12147

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In tema di condono di cui alla l. n. 289 del 2002 (e succ. mod.), va esclusa la sospensione del giudizio, di cui all'art. 16, comma 6, della legge n. 289 cit., stabilita fino al 30 aprile 2004, ove la controversia tributaria riguardi la richiesta di valutazione automatica di alcuni cespiti da parte del contribuente e non rilevi alcun atto impositivo, per essere le imposte liquidate senza l'esercizio di alcun potere discrezionale dell'Amministrazione finanziaria, in base all'applicazione di parametri predeterminati e non siano irrogate sanzioni (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che nella specie vi fossero sanzioni, non ritenendosi sufficiente, per sostenere il contrario, la generica indicazione a stampa, sugli avvisi, di una liquidazione anche delle sanzioni e delle soprattasse).

Dato il rilievo di ordine pubblico che ha il divieto di in appello, vanno dichiarati inammissibili in secondo grado (anche rilevando tale inammissibilità in sede di giudizio di legittimità, ove il giudice di appello abbia omesso di farlo) le questioni che, non essendo rilevabili d'ufficio, siano state avanzate dalle parti solo nelle memorie successive e non anche nell'atto di appello e abbiano formato oggetto di esame da parte del giudice di secondo grado (nella specie: questioni relative all'esistenza di limiti temporali, per l'Ufficio fiscale che intenda procedere alla rettifica del valore di un cespite, ed alla eventuale decadenza di Esso dal potere di accertamento tributario ex art. 76, secondo comma, d.P.R. n. 131 del 1986).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 02/07/2004, n. 12147
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12147
Data del deposito : 2 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S B - Presidente -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. F N - Consigliere -
Dott. B S - rel. Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
s.r.l. IMMOBILIARE MAZZINI, con sede a Viareggio, in persona del legale rappresentante pro tempore R C;
D M;

entrambi elettivamente domiciliati in Roma, via Villa Emiliani, n. 11, presso lo studio del prof. avv. G T, rappresentati e difesi dall'avvocato M M del foro di Firenze, in virtù di procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
Amministrazione delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che rappresenta e difende per legge;



- controricorrente -


Agenzia delle entrate ed Agenzia del territorio, entrambe in persona del Direttore pro tempore;

- intimata non costituita-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 16/24/00 del 21 gennaio 2000, depositata il 25 febbraio 2000, non notificata. Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16 febbraio 2004 dal Relatore Consigliere Dott. S B;

Udito l'avvocato dello Stato D B;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con atto del 30 luglio 1991 (registrato a Viareggio l'8 agosto 1991 al n. 2.162), a rogito del notaro in Viareggio Rizzo, Daniele M vendeva alla s.r.l. IMMOBILIARE MAZZINI un complesso immobiliare sito nel Comune di Viareggio e composto da 29 unità immobiliari al prezzo complessivo di L.

6.700 milioni. Le parti chiedevano, nell'atto, di avvalersi - ai sensi dell'art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988 -, previa attribuzione di rendita catastale alle unità non
ancora accatastate, dei criteri automatici di valutazione di cui all'art. 52 del d.P.R. n. 131 del 1986. L'Ufficio tecnico erariale di Lucca procedeva, quindi, al classamento delle unità immobiliari, notificando alle parti, nel settembre 1994, il relativo avviso;
correlativamente, in base a tale attribuzione di rendita, l'Ufficio del registro di Viareggio, notificava alle medesime parti, sempre nel settembre 1994, un avviso di liquidazione, rettificando in complessive L. 7.375, 825 milioni il valore finale della compravendita e richiedendo al venditore il pagamento di L. 92,443 milioni per INVIM e ad entrambi i contraenti, in solido, il
pagamento di L. 84,711 milioni per imposte erariali ed interessi. 2.- Ciascuna delle parti contraenti (dopo aver invano richiesto una revisione all'UTE) impugnava davanti alla Commissione tributaria di primo grado di Lucca, per quanto di proprio interesse, sia l'avviso di classamento sia l'avviso di liquidazione.
In particolare, la società lamentava l'eccessività della rendita attribuita all'unità censita alla partita n. 22.104, foglio 12, mappale 1036 (un cinema all'aperto che poteva lavorare per circa sessanta giorni l'anno), all'unità censita alla partita n. 4.253, foglio 12, mappale 401, subalterno 21 (un fondo locato a supermercato, ma non in zona commerciale e senza parcheggi limitrofi, così da meritare l'attribuzione della classe 7 e non della classe 10), nonché al negozio sito sulla via Mazzini (su via
commercialmente poco rilevante, così da meritare la classe 7 od 8, anziché la 11).
Analogamente, il M si doleva della valutazione, in particolare, dell'ex cinema e del cosiddetto supermercato, adducendo (oltre alla redditività modesta degli immobili ed al diverso accatastamento di immobili simili) la tardività del sopralluogo, effettuato dall'UTE solo nel 1994, con relazione di stima del 15 luglio 1994, quando erano intervenute ristrutturazioni e quando era già entrato in vigore il d. lgs. n. 568 del 1993, recante variazioni in diminuzione delle rendite.
L'Ufficio del registro e l'UTE resistevano sottolineando le caratteristiche delle unità immobiliari (in particolare del supermercato e del cinema) e ribadendo la correttezza delle valutazioni dell'UTE, anche in considerazione del fatto che queste erano state effettuate in riferimento al 30 luglio 1991 e tenendo conto delle ristrutturazioni in corso.
2.- Con sentenza n. 34/06/97 del 22 marzo 1997, depositata il 6 maggio 1997, la Commissione tributaria provinciale di Lucca, riuniti i ricorsi della s.r.l., li rigettava, compensando le spese di lite, ritenendo che gli elementi addotti dalla parte per contrastare la valutazione effettuata dall'UTE non fossero tali da comportarne la modifica, tenuto anche conto dell'asserzione della parte resistente che l'immobile andava considerato nella "sua potenzialità, in relazione alla sua ubicazione e superficie".
3.- Con sentenza n. 109/06/97 del 15 novembre, depositata il 4 dicembre, la Commissione tributaria provinciale di Lucca, riuniti i ricorsi del M, li rigettava, compensando le spese di lite, ritenendo;
a) quanto all'avviso di classamento, che, in primo luogo, non v'era prova che la valutazione dell'UTE si fosse riferita allo stato degli immobili modificato rispetto alla data di redazione dell'atto di compravendita (30 luglio 1991), circostanza, anzi, specificamente negata dall'UTE, e che, in secondo luogo, non era applicabile, perché successivo alla compravendita, il d. lgs. n. 568 del 1993;
b) quanto all'avviso di liquidazione, che questo era stato
impugnato non per vizi propri, ma solo in via consequenziale all'impugnazione del classamento.
4.- Avverso tali sentenze interponevano appello i contribuenti. Il M, chiedendo il rimborso - con gli accessori di legge - di quanto indebitamente versato all'Ufficio in corso di causa, deduceva (con appello depositato il 15 ottobre 1998): a) che il giudice aveva errato sia nel non ritenere eccessiva la valutazione del negozio mini market (considerato dall'ufficio un supermercato) e dell'ex cinema all'aperto, sia nel non ritenere provata che tale incongruità fosse derivata dall'esame dello stato dei luoghi quale modificato successivamente alla data di compravendita;
b) che, contrariamente all'assunto del giudice, l'UTE, non avendo rispettato il termine di 10 mesi dalla data di voltura per l'invio all'Ufficio del registro del certificato catastale dell'avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita (previsto dall'art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988), ed avendo notificato l'avviso di classamento solo in data 10 settembre 1994, doveva applicare i benefici apportati dal d. lgs. n. 568 del 1993. Con successiva memoria (depositata il 10 settembre 1999), il M deduceva altresì, invocando la sentenza n. 1343 del 1999 della Corte di Cassazione, l'illegittimità degli atti impugnati, in quanto, essendo risultato - a seguito dell'attribuzione della rendita catastale- un valore superiore a quello indicato nell'atto traslativo, sarebbe stato necessario un accertamento di valore e non già un mero avviso di liquidazione.
La s.r.l. IMMOBILIARE MAZZINI deduceva, con l'atto di appello: a) l'inattendibilità della valutazione dell'UTE, effettuata nel luglio 1994, quando i lavori di ricostruzione e ristrutturazione iniziati nel 1993 avevano mutato le condizioni dei fabbricati;
b) l'erroneità dell'attribuzione della classe 10, in luogo della classe 7, al supermercato;
c) l'eccessività della rendita attribuita all'ex cinema all'aperto. Con successive memorie, l'appellante società precisava che erano in contestazione solo le rendite del cosiddetto supermercato e dell'ex cinema all'aperto;
che l'avviso di liquidazione non era stato preceduto da alcun avviso di accertamento;

che lo stesso avviso era nullo perché notificato oltre tre anni dopo la registrazione dell'atto (memoria 10 settembre 1999). L'Ufficio del registro e l'UTE resistevano, ribadendo la legittimità del proprio operato.
5.- Con sentenza n. 16/24/00 del 21 gennaio 2000, depositata il 25 febbraio 200 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Toscana, riuniti gli appelli, li rigettava, compensando le spese di lite. Il giudice regionale, infatti: a) riteneva che il termine di dieci mesi imposto all'UTE dall'art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988, per
l'invio del certificato catastale all'Ufficio del registro, non avesse natura perentoria e che l'applicazione di tale art. 12 comportasse lo spostamento per l'Ufficio del registro dei termini per emettere l'avviso di liquidazione, dovendo l'UTE formalizzare il classamento: di qui la ritenuta infondatezza dell'eccezione della violazione della disposizione predetta;
b) considerava analiticamente motivata e da confermare la decisione di primo grado in ordine al rigetto delle eccezioni delle parti (ivi compresa la richiesta di applicazione del d. lgs. n. 568 del 1993);
c) affermava, in presenza di una non univoca giurisprudenza della Corte di Cassazione, doveva essere ritenuta sempre legittima l'emissione di un mero avviso di liquidazione (senza necessità di un accertamento) in caso di richiesta di determinazione automatica del valore ai sensi dell'art. 12 del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988;
d) che, in particolare, risultava espressamente
motivata dall'UTE la valutazione dei beni in riferimento all'epoca del trasferimento (1991).
6.- Avverso tale sentenza la s.r.l. IMMOBILIARE MAZZINI ed il M propongono ricorso per Cassazione (notificato l'11 aprile 2001 all'Agenzia del territorio ed il 17 successivo all'Agenzia delle entrate;
depositato il 23 aprile 2001), deducendo quattro motivi, illustrati con memoria.
7.- L'Amministrazione dalla finanza resiste con controricorso (notificato il 21 maggio 2001 e depositato il 31 successivo). Non si costituiscono in giudizio le intimate Agenzie delle entrate e del territorio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Nonostante che in vari scritti difensivi i contribuenti menzionino, incidentalmente, l'irrogazione, con gli avvisi di liquidazione impugnati, di "sanzioni e soprattasse", non risultano liquidati importi a tale titolo. Non è infatti sufficiente la generica indicazione a stampa negli avvisi suddetti di una liquidazione (anche) di sanzioni e soprattasse, poiché il dettaglio della liquidazione (almeno per quanto è dato leggere dalle non chiarissime copie in atti) si riferisce solo all'"INVIM, trascrizione, catasto, interessi, cassa notariato, tassa archivio"), escludendo, perciò, sanzioni. La mancanza dell'irrogazione di sanzioni (oltre all'inesistenza di un atto impositivo: le menzionate imposte sono tutte conseguenza della richiesta di valutazione automatica e conseguono, senza alcuna discrezionalità dell'Ufficio tributario, all'applicazione di parametri predeterminati) impedisce di ritenere che la causa sia passibile di definizione agevolata ai sensi dell'art. 16 della l. n. 289 del 2002 e successive modificazioni: va perciò esclusa anche la sospensione del giudizio fino al 30 aprile 2004 prevista dal citato art. 16.
2.- Occorre preliminarmente constatare la regolarità del contraddittorio, perché sussiste, in questa fase di giudizio, la legittimazione processuale sia del Ministero (che resiste con controricorso) sia delle Agenzie fiscali (intimate con il ricorso, ma non costituite).
Con d.m. 28 dicembre 2000, in forza del disposto degli artt. 73 e 74 del d. lgs. n. 300 del 1999, il Ministro delle finanze ha stabilito che le agenzie fiscali (dotate di autonoma personalità giuridica) divengano operative dal 1 gennaio 2001 (art. 1), subentrando, da tale data, nella titolarità dei rapporti giuridici già di pertinenza dei dipartimenti (art. 3, comma 1, lett. b, c). Poiché nella specie l'ente "cedente" (il Ministero) non è "venuto meno", la fattispecie configura un caso di successione di diritti tra enti (pubblici), senza estinzione dell'ente cedente, e, quindi, un'ipotesi particolare di successione nel diritto controverso, ai sensi dell'art. 111 cod. proc. civ. (v., tra le molte, in generale, Cass., n. 5971 del 1983;

n. 7223 del 1991;
n. 1558 del 1995;
n. 4018 del 1998;
n. 104 del 1999).
Ne consegue che il processo prosegue tra le parti originarie. Specificamente per il caso di specie è sufficiente richiamare, nello stesso senso, le pronunce rese da Cass., sez. un., nn. 6774 e 9554 del 2003, nonché da Cass., nn. 7783, 11282 e 11979 del 2003. Tuttavia, secondo un principio da tempo recepito da questa Corte, è da ritenersi valida la prosecuzione del processo direttamente nei confronti del successore a titolo particolare nel diritto controverso - pretermettendo il cedente -, qualora la successione avvenga ex lege e non sussista interesse contrario del cedente (Cass., sez. un., n. 4018 del 1998). Deve, perciò, concludersi sia per la legittimità della notificazione del ricorso per Cassazione, successivamente al 1 gennaio 2001, alle due Agenzie delle entrate e del territorio, in Roma (sulla necessità che venga intimata, nel giudizio per Cassazione, l'agenzia fiscale di Roma, v. cass., n. 16122 del 2002), sia per la legittimazione del Ministero delle finanze a resistere con controricorso, ai sensi dell'art. 111 cod. proc. civ. (il Ministero è parte originaria, perché stava in giudizio, in 1^ e 2^ grado, attraverso i suoi uffici periferici, eccezionalmente dotati, per espressa disposizione di legge, di legittimazione processuale separata).
2.- È opportuno, data la loro connessione, trattare congiuntamente i primi due motivi di ricorso.
I ricorrenti, con il primo motivo, denunciando l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, si dolgono della mancata considerazione, da parte della commissione regionale (non superata dal richiamo ad una generica e sommaria relazione di stima prodotta in giudizio dall'amministrazione finanziaria): a) delle censure formulate avverso l'avviso di classamento e ribadite con gli appelli (documentazione fotografica;
analisi comparativa delle rendite di immobili attigui ed in analoghe condizioni;
etc.);
b) della mai contestata tardività dell'accertamento catastale sui beni.
Con il secondo motivo, sempre in ordine alla pronuncia sull'avviso di classamento, viene lamentata la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 del r.d.l. n. 652 del 1939 e 12 del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988. Per i ricorrenti, la sentenza non avrebbe tenuto conto: a) che, in forza della prima disposizione, la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati costruiti per le speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni andava determinata con stima diretta per ogni singola unità e, quindi, con riferimento al concreto valore di mercato dei cespiti, mediante criteri da esteriorizzarsi;
b) che, in forza della seconda disposizione, doveva essere rispettato il termine per l'invio del certificato catastale all'Ufficio del registro (mentre l'accertamento dell'UTE era avvenuto dopo tre anni dalla stipula dell'atto, quando erano irreversibilmente mutate le caratteristiche dei fabbricati ed era divenuta impossibile una stima diretta delle unità immobiliari nelle loro condizioni originarie).
Il controricorrente oppone che tali motivi attengono essenzialmente al merito della valutazione dell'UTE;
che i contribuenti avevano contestato solo la tardività dell'intervento dell'UTE, così che non vi poteva essere alcuna insufficiente motivazione della sentenza sulla retrodatazione della stima dell'UTE.

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