Cass. civ., sez. V trib., sentenza 06/04/2018, n. 08473
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la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al numero 7730 del ruolo generale dell'anno 2015, proposto da Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia -ricorrente- contro s.r.l. Puma Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati S A e M M, elettivamente domiciliatosi presso lo studio della seconda in Roma, alla via Marianna Dionigi, n. 29 -controricorrente e ricorrente in via incidentale— RG n. 7730/2015 A- rino estensore per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, 7° sezione, depositata in data 24 luglio 2014, n. 4144/2014;udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 9 gennaio 2018 dal consigliere A-Maria Perrino;udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale I Z, che ha concluso per l'inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso;uditi per l'Agenzia l'avvocato dello Stato L C I e per la società l'avv. S A. Fatti di causa. L'Agenzia delle dogane rettificò le dichiarazioni doganali concernenti le importazioni indicate in atti perché, ai fini della determinazione del loro valore doganale, la s.r.l. Puma Italia non aveva addizionato al prezzo pagato il corrispettivo che essa era tenuta a versare al titolare dei diritti immateriali dei quali era licenziataria, nella misura prevista dal relativo contratto di licenza. Con gli avvisi di rettifica l'Ufficio irrogò anche le sanzioni previste dall'art. 303, 3° comma, del testo unico delle leggi doganali. La società impugnò gli avvisi e gli atti d'irrogazione delle sanzioni, ottenendone l'annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Varese. Quella regionale ha accolto in parte l'appello dell'Ufficio, limitatamente agli avvisi in relazione ai quali risultava l'integrale pagamento dei relativi tributi e sanzioni, ma nel merito, richiamando altra sentenza, ha sostenuto che l'importo del corrispettivo del diritto di licenza debba essere incluso nel valore in dogana dei beni importati soltanto se sia lo stesso venditore o persona a lui legata ad indicare all'acquirente la necessità di eseguire il pagamento ad una terza persona, in virtù di accordi RG n. 7730/2015 A-Maria sore intercorsi col titolare dei diritti sul bene che ha consentito la produzione o la commercializzazione del prodotto. Di contro, ha sottolineato il giudice d'appello, i beni oggetto delle importazioni non sono frutto di attività creativa del produttore oppure dell'utilizzo da parte di costui di una licenza a lui rilasciata da un terzo, bensì costituiscono mera esecuzione dell'ordine di realizzare prodotti conformi a modelli forniti dallo stesso committente, a sua volta autorizzato dal titolare dei diritti. Sicché nel caso in esame, in mancanza di una relazione diretta tra venditore e produttore, non sarebbe possibile ritenere che l'ordine di pagare sia stato formulato da persona legata al venditore e che, quindi, il pagamento dei diritti di licenza sia una condizione di vendita. A tanto il giudice d'appello ha aggiunto che l'iva relativa è stata assolta mediante il meccanismo dell'inversione contabile, di modo che è infondata anche la pretesa sorretta da questo titolo. In base a queste considerazioni ha ritenuto assorbito l'appello incidentale proposto dalla contribuente, che verteva, tra l'altro, sulla questione preliminare data dall'affermata violazione dell'art. 12, 5° comma, della I. n. 212/00. Contro questa sentenza propone ricorso l'Agenzia, che articola in sette motivi, cui la società replica con controricorso e ricorso incidentale, affidato a tre mezzi. Entrambe le parti depositano memoria. Ragioni della decisione. 1.- Va preliminarmente respinta l'eccezione d'inammissibilità, che la società in controricorso riferisce all'intero ricorso e in memoria ai soli motivi secondo, terzo, quarto e quinto, in base alla considerazione che l'Agenzia tenderebbe ad ottenere la rivalutazione dei fatti. La ricorrente non ha contestato la ricostruzione dei fatti offerta in sentenza;quel che ha contestato è l'identificazione delle RG n. 7730/2015 A-Mar Pe o est sore nozioni giuridiche (soprattutto di quelle di "condizioni di vendita" e di "legame" fra le parti), che delineano la portata precettiva delle disposizioni unionali applicate. L'inquadramento dei fatti accertati dal giudice di merito nello schema legale corrispondente si risolve nell'applicazione di norme giuridiche e può per conseguenza formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quel che concerne la descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia, infine, con riferimento alla individuazione delle implicazioni, sul piano degli effetti, conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo (in termini, Cass., ord. 5 dicembre 2017, n. 29111). L'Agenzia ha quindi criticato la sussunzione dei fatti come accertati nelle disposizioni di riferimento, in quanto sostiene che la fattispecie concreta è stata giudicata sotto una norma che a essa non si addice;sicché correttamente ha denunciato la violazione e falsa applicazione delle norme di seguito indicate, unitamente alla censura in ordine alla forza qualificante dei fatti accertati. 2. - Infondato è il primo motivo del ricorso principale, col quale si lamenta la nullità della sentenza impugnata perché, nonostante l'eccezione d'inammissibilità dei ricorsi introduttivi proposti contro gli avvisi nn. 17339/12, 8451/12 e 10278/12, dovuta all'integrale pagamento di relativi tributi e sanzioni, della definizione dei quali il giudice d'appello ha dato conto in motivazione, in dispositivo se ne menzionano soltanto due, tacendo della sorte dell'avviso n. 17339/12. Si tratta, difatti, di una mera discrasia, riconoscibile come errore materiale ed emendabile con gli strumenti relativi, in quanto in motivazione la Commissione tributaria regionale ha regolato la sorte degli avvisi che non ha menzionato in dispositivo. RG n. 7730/2015 A-Maria 3.- Inammissibile è il secondo motivo del ricorso principale, col quale la ricorrente si duole, ancora ex art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto sostiene che il giudice d'appello abbia ignorato i documenti e gli atti di causa. Ciò in base al principio secondo cui, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., bensì un errore di valutazione dei fatti, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., come riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012 (da ultimo, Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940). 4.- Col terzo, col quarto e col quinto motivo del ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, l'Agenzia denuncia, ex art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.: - la violazione e falsa applicazione degli artt. 157, paragrafo 2 e 160 delle disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario (regolamento n. 2454/93), nonché degli artt. 1362 e seguenti del codice civile e dei canoni di ermeneutica contrattuale, là dove il giudice d'appello ha sostenuto che il controllo della licenziante afferisce alla sola qualità dei prodotti e alle condizioni di lavoro (terzo motivo);- la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., là dove il giudice d'appello ha trascurato che le circostanze di fatto che ha esaminato sono circostanze gravi, precise e RG n. 7730/2015 A-Maria 'erri -nsore concordanti dell'esistenza del legame tra i produttori, anche in relazione al ruolo della World Cat, nonché della configurabilità del pagamento delle royalties come condizione di vendita (quarto motivo);- la violazione e falsa applicazione dell'art. 157, paragrafo 2, lett. b) del suddetto regolamento, in quanto le modalità di calcolo e di pagamento dei diritti di licenza non rilevano ai fini dell'inclusione del relativo ammontare nel valore doganale (quinto motivo). 4.1.- La nozione coinvolta è quella del valore in dogana delle merci importate, che, di regola, è il valore di transazione, ossia il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l'esportazione a destinazione del territorio doganale dell'Unione, fatte salve le rettifiche da effettuare conformemente all'art. 32 di tale codice (Corte giust. 12 dicembre 2013, Christodoulou e a., causa C-116/12, punti 38, 44 e 50, nonché 21 gennaio 2016, Stretinskis, causa C-430/14, punto 15). Esso deve comunque riflettere il valore economico reale della merce importata e, quindi, considerarne tutti i fattori economicamente rilevanti (in termini, da ultimo, Corte giust. 20 dicembre 2017, causa C-529/16, Hamamatsu). Anche i diritti di licenza, allora, sono destinati ad incidere sulla determinazione del valore doganale qualora i corrispondenti beni immateriali siano incorporati nella merce, così esprimendone o contribuendo ad esprimerne il valore economico. Sicché, qualora il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate non ne includa il relativo importo, l'art. 32 del codice doganale comunitario (reg. n. 2913/92) stabilisce che al prezzo si addizionano «...c) i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare...». RG n. 7730/2015 A- 4.2.- Il regolamento n. 2454/93, contenente disposizioni di attuazione del codice doganale comunitario, specifica questa regola. In generale, esso stabilisce che «...quando si determina il valore in dogana di merci importate in conformità delle disposizioni dell'articolo 29 del codice [doganale] si deve aggiungere un corrispettivo o un diritto di licenza al prezzo effettivamente pagato o pagabile soltanto se tale pagamento: - si riferisce alle merci oggetto della valutazione, e - costituisce una condizione di vendita delle merci in causa» (art. 157, paragrafo 2). Occorre dunque che ricorrano tre condizioni cumulative: - in primo luogo, che i corrispettivi o i diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;- in secondo luogo, che essi si riferiscano alle merci da valutare e, - in terzo luogo, che l'acquirente sia tenuto a versare tali corrispettivi o diritti di licenza come condizione della vendita delle merci da valutare. In particolare, con riguardo al caso in cui il diritto di licenza si riferisca a un marchio di fabbrica, ossia al diritto d'importare e di commercializzare prodotti riportanti marchi commerciali, il regolamento di attuazione specifica che il relativo importo si aggiunge al prezzo effettivamente pagato o da pagare «soltanto se: -il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all'importazione, -le merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l'importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza, e -l'acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore (art. 159). RG n. 7730/2015 A-Ma Sempre in particolare, per il caso in cui l'acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, il regolamento prescrive che «...le condizioni previste dall'articolo 157, paragrafo 2 si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all'acquirente di effettuare tale pagamento» (art. 160). La disciplina generale fissata dal paragrafo 2 dell'art. 157, dunque, trova specificazione in quelle particolari, rispettivamente concernenti il caso in cui il diritto di licenza riguardi un marchio di fabbrica e quello in cui il corrispettivo del diritto debba essere versato ad un terzo. E le particolarità finiscono col contrassegnare, più di ogni altra, l'identificazione delle «condizioni di vendita delle merci in causa», che devono rispondere ai presupposti rispettivamente richiesti -dinanzi richiamati- dagli artt. 159 e 160, in relazione alle ipotesi da essi contemplate. 5.- Nel caso in esame, non vi sono dubbi che ricorra la prima delle due condizioni per l'applicazione della rettifica stabilita dall'art. 32 del codice doganale comunitario. Il giudice d'appello assume come presupposto del proprio ragionamento che si discutesse di diritti di licenza, il corrispettivo dei quali non era stato computato ai fini della determinazione del valore doganale;laddove le considerazioni di segno diverso contenute in controricorso (secondo cui i corrispettivi dovuti da Puma Italia a
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