Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/10/2010, n. 20771
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Nel procedimento disciplinare a carico di un avvocato, l'atto di citazione dell'incolpato, anche nell'ipotesi di citazione contenente la riformulazione dell'incolpazione, non è direttamente ricorribile davanti al Consiglio Nazionale Forense trattandosi di un atto che pur dovendo contenere la menzione circostanziata degli addebiti oltre che l'indicazione del luogo, giorno ed ora della comparizione è meramente riproduttivo del contenuto della comunicazione d'inizio del procedimento prevista nell'art. 47 del r.d. n. 37 del 1934 che, invece è direttamente impugnabile secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata del successivo art. 50. Ne consegue l'inammissibilità dell'impugnazione relativa a tale atto anche se fondato nell'intervenuta prescrizione dell'incolpazione in quanto atto meramente endoprocedimentale, interlocutorio e privo di contenuto decisionale
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. D'ALONZO Michele - rel. Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. G U - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. M U - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. A G, elettivamente domiciliato in Roma alla Via Pompeo Magno n. 1, presso lo studio dell'avv. A D che lo rappresenta e difende, insieme con l'avv. Pierpaolo DELL'ANNO, in forza della procura speciale rilasciata in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
(1) il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, con sede in *Roma alla Piazza Cavour n. 1*, in persona del Presidente pro tempore;
(2) la Procura Generale presso la Corte di Cassazione, in persona del Procuratore Generale pro tempore;
(3) il Consiglio Nazionale Forense, elettivamente domiciliato in Roma alla Via Arenula n. 1 presso il Ministero della Giustizia;
(4) la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma, in persona del Procuratore Generale pro tempore;
- intimati -
avverso la sentenza n. 93/09 depositata dal Consiglio Nazionale Forense il 13 ottobre 2009 (notificata il 27 novembre 2009). Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 aprile 2010 dal Cons. Dr. Michele D'ALONZO;
sentite le difese del ricorrente, svolte dall'avv. Darlo ANDREOLI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. DESTRO Carlo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, alla Procura Generale presso la Corte di Cassazione, al Consiglio Nazionale Forense ed alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Roma, l'avv. Giovanni A CAMPORA - premesso che: (1) con Delib. 5 settembre 1996 il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma aveva aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti in quanto "coinvolto in un processo penale in cui gli era stato contestato il reato di corruzione in atti giudiziari";
(2) con "vari successivi provvedimenti" (l'ultimo dei quali dato il 13 giugno 2007) lo stesso Consiglio aveva "progressivamente precisate le contestazioni disciplinari", formulando il relativo capo di imputazione;
(3) con Delib. 26 giugno 2008, il medesimo organo "riformulava" l'incolpazione "anche alla luce delle risultanze del processo penale" -, in forza di un solo motivo, chiedeva di annullare la sentenza n. 93/09 depositata il 13 ottobre 2009 (notificata il 27 novembre 2009) con la quale il Consiglio Nazionale Forense aveva dichiarato inammissibile (R.D.L. n.1578 del 1933, ex art. 50) il ricorso da lui proposto avverso il
provvedimento del 25 novembre 2008 (notificato il 16 dicembre 2008) con cui il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma aveva fissato (per il 12 febbraio 2009) l'udienza del giudizio disciplinare, nel quale (ricorso) egli aveva sostenuto che, "stante il decorso del tempo", era intervenuta la "prescrizione" in quanto "le incolpazioni" indicate nella "riformulazione" (delle quali era chiamato a rispondere) erano "ontologicamente diverse da quelle originariamente mosse" e, pertanto, in ordine alle stesse le precedenti delibere non potevano qualificarsi come "atti interruttivi" perché "riguardanti condotte radicalmente diverse". Nessuno degli intimati svolgeva attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza gravata il Consiglio Nazionale Forense - ricordato che: (2) "con Delib. 5 settembre 1996, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma deliberava di aprire procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. ... ACAMPORA ...";
(2) "con successiva Delib. comunicata 19 gennaio 1999, lo stesso Consiglio, ... modificava la contestazione, formulando nei confronti dell'avv. Acampora incolpazione per gli stessi fatti reato per i quali era stata levata imputazione nei suoi confronti e richiesto il suo rinvio a giudizio";
(3) "con Delib. assunta nella seduta 26 giugno 2008, notificata al professionista con lettera portante la data del 3 luglio 2008, ricevuta il 5 luglio 2008, il Consiglio dell'Ordine ... riformulava il capo di incolpazione";
4) "con atto notificato il 16 dicembre 2008, il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma fissava udienza per il giudizio disciplinare al 12 febbraio 2009" - ha ritenuto "inammissibile" il ricorso con cui l'avv. ACAMPORA - richiamata la "pronuncia della Corte Suprema a Sezioni Unite n. 29249 del 2008" ("che ha affermato l'ammissibilità di ricorso avverso la deliberazione con cui il Consiglio dell'Ordine stabilisce di iniziare il procedimento disciplinare contro un avvocato") - "ha impugnato il provvedimento notificato il 16 dicembre 2008 (con cui ne è stato disposto il rinvio a giudizio) deducendone l'illegittimità, per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare" osservando:
(1) detto ricorso, siccome "proposto ... il 5 gennaio 2009", "è tardivo" rispetto alla "delibera assunta dal Consiglio nella seduta del 26 giugno 2008, ... notificata a mezzo di raccomandata ... ricevuta ... il successive 5 luglio" atteso che ("seguendo l'orientamento adottato dalla Corte Suprema") "anche l'impugnazione delle decisioni che dispongono l'apertura del procedimento disciplinare sono soggette al termine previsto dal R.D.L. 21 novembre 1933, n. 1578, art. 50, comma 2, a norma del quale l'impugnazione
deve essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di venti giorni dalla notificazione del provvedimento";
(2) "il provvedimento di fissazione dell'udienza di trattazione del procedimento disciplinare" ("pur alla luce della lettura estensiva, data dalla Corte Suprema con la richiamata decisione, alla norma prevista dal D.P.R. n. 1578 del 1933, art. 50") "non può essere incluso nel novero degli atti impugnabili" perché "meramente esecutivo della precedente delibera di apertura" atteso che "tale atto ... integra la comunicazione, disposta dal R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 47, con cui si da notizia all'interessato ed al pubblico
ministero dei procedimenti disciplinari che siano stati iniziati a termini del R.D.L. 21 novembre 1933, n. 1578, art. 38" perché "presuppone che l'apertura del procedimento sia già stata deliberata e non integra in alcun modo quella decisione, collegialmente assunta dal Consiglio dell'ordine, alla quale si riferisce l'art. 50 del più volte citato R.D.L.".
2. Con il suo ricorso l'avv. ACAMPORA - ripercorsi "in dettaglio i passaggi maggiormente significativi (ai fini del ... ricorso) del percorso argomentativo della sentenza n. 29429/2008" di queste sezioni unite - denunzia "violazione e falsa applicazione" del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 50, "anche in correlazione con il
R.D. 22 gennaio 1934, n. 31, artt. 41 e 48", nonché "connesso additivo vizio di carenza e/o illogicità di motivazione" sostenendo che "la citazione dell'incolpato per la udienza con cui ha inizio il giudizio disciplinare, ai sensi del R.D. n. 31 del 1934, art. 48, non rientra nella ... categoria di atti meramente interni e strumentali" perché - pur dovendosi considerare ("sentenza n. 29429/2008, pag. 12") la "delibera di apertura del procedimento disciplinare", "sul piano sistematico", come "l'atto omologo del decreto di rinvio a giudizio, nel processo penale" - "nel procedimento disciplinare", diversamente dal "processo penale" (nel quale "il decreto di rinvio a giudizio costituisce ... l'epilogo, non obbligato, di una sequenza procedimentali che prende l'avvio dalla richiesta ex art. 416 c.p.p., proposta dal P.M. e che passa, di norma, attraverso il vaglio di un giudice terzo, in sede di udienza preliminare"), "la fase corrispondente al decreto di rinvio a giudizio prende sì l'avvio dalla delibera di apertura del procedimento ma si conclude con la citazione dell'incolpato per la udienza del giudizio disciplinare, che ne costituisce, simmetricamente a quanto avviene in sede penale, l'epilogo" per cui "risulta ... illogico ritenere che quando queste Sezioni unite hanno statuito la impugnabilità dinanzi al Consiglio nazionale forense dell'atto che costituisce l'omologo del decreto di rinvio a giudizio ex art. 429 c.p.p., si riferissero solo alla delibera con cui si dispone l'apertura del procedimento disciplinare e non pure all'atto propulsivo del giudizio, cioè l'"atto di citazione per la udienza", tenuto conto anche del fatto che "mentre la delibera di apertura del procedimento deve contenere, secondo quanto previsto dal R.D. n. 37 del 1934, art. 47, comma 1, solo la enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è stato iniziato, nell'atto di citazione deve essere riportata, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 48 comma 1, n. 3, la menzione circostanziata degli addebiti": poiché "ciò", secondo il ricorrente, "dimostra che solo con quest'ultimo atto viene cristallizzata la incolpazione ai fini del giudizio, proprio come avviene con il decreto che dispone il giudizio ex art. 429 c.p.p.", "i parallelismi operati nella sentenza n. 29429/2008 con il processo penale avrebbero dovuto condurre il Consiglio nazionale forense ad includere l'atto dell'Ordine locale con cui viene fissata la udienza del procedimento disciplinare tra quelli non meramente interlocutori ma capaci di incidere sensibilmente sulla posizione soggettiva dell'incolpato e, come tali, impugnabili R.D.L. n. 1578 del 1933, ex art. 50" in quanto "l'atto di citazione dell'incolpato, in sede
disciplinare, possiede, indubbiamente, tale capacità di incidere sulla posizione soggettiva dell'interessato, proprio come il decreto che dispone il giudizio nel processo penale: entrambi costituiscono il momento terminale della fase che precede il giudizio". Il ricorrente - affermato che "nella impugnata decisione viene posto l'accento su una assunta, netta, linea di demarcazione tra la delibera con cui si dispone l'apertura del procedimento disciplinare (ritenuta