Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/06/2006, n. 13917

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L'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del giudice di pace avviene in funzione della domanda, con riguardo al suo valore (ai sensi degli artt. 10 e segg. cod. proc. civ.) ed all'eventuale rapporto contrattuale dedotto ("contratto di massa" o meno), e non del contenuto concreto della decisione e del criterio decisionale adottato (equitativo o di diritto), operando, invece, il principio dell'apparenza nelle sole residuali ipotesi in cui il giudice di pace si sia espressamente pronunziato su tale valore della domanda o sull'essere la stessa fondata su un contratto concluso con le modalità di cui all'art. 1342 cod. civ. .(Nella specie, le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto insorto sui criteri di individuazione del mezzo di impugnazione avverso le sentenze del giudice di pace secondo l'originaria formulazione degli artt. 339 e 113 cod. proc. civ., antecedente alle modifiche introdotte per effetto del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha dichiarato, dovendosi proporre l'appello, l'inammissibilità del ricorso per cassazione relativo ad una sentenza del giudice di pace con la quale detto giudice pronunciandosi sul rapporto riguardante il contratto di fornitura idrica per lo smaltimento delle acque reflue stipulato con l'ente comunale, concluso con le modalità di cui all'art. 1342 cod. civ., non si era espressamente pronunciato sul valore della causa e sulla natura del predetto contratto, ragion per cui il mezzo di impugnazione si sarebbe dovuto individuare sulla base del contenuto effettivo della domanda riferito al contratto dedotto in giudizio e non in relazione al criterio decisionale equitativo adottato in concreto).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/06/2006, n. 13917
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13917
Data del deposito : 16 giugno 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. DUVA Vittorio - Presidente di sezione -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI META, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIO VENETO 7, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI SERGES, rappresentato e difeso dall'avvocato PINTO Ferdinando, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
OL ER, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati VINGIANI Vincenzo, LUIGI VINGIANI, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro
ARIPS, AZIENDA RISORSE IDRICHE PENISOLA SORRENTINA;

- intimata -
avverso la sentenza n. 1070/2003 del Giudice di Pace di SORRENTO, depositata il 16/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 25/05/2006 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dottor PALMIERI Raffaele, che ha concluso per l'ammissibilità del ricorso e rimessione a sezione semplice per l'esame del caso concreto. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di Pace di Sorrento, con sentenza depositata il 16/10/2003, accoglieva la domanda proposta da LL EO nei confronti del Comune di Meta e dell'ARPIS, Azienda Risorse Idriche della Penisola Sorrentina, per la restituzione del canone di depurazione delle acque reflue, successivamente al 03/10/2000, e, ritenuta la giurisdizione del Giudice ordinario, condannava "il Comune di Meta, e presso l'ARPS, a rimborsare all'istante la somma di Euro 18,74, oltre interessi" ed al pagamento delle spese processuali. Riteneva il Giudice di Pace che nella fattispecie si versava in ipotesi di contratto di somministrazione del servizio idrico integrato, a norma dell'art. 1559 c.c., e che, poiché il Comune di Meta non era dotato di depuratore, esso non poteva richiedere la prestazione sinallagmatica del canone, per cui "motivi di giustizia sostanziale" imponevano che i convenuti restituissero le somme indebitamente corrisposte per la depurazione per l'anno 2001. Avverso questa sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Comune di Meta.
Resisteva con controricorso l'attore.
La Sezione Terza Civile di questa Corte, cui il ricorso era stato assegnato, investita, su eccezione del resistente, della questione dell'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del Giudice di Pace in controversie instaurate nel vigore del nuovo testo dell'art. 113 c.p.c., comma 2, come novellato dal D.L. n. 18 del 2003, ravvisato un contrasto giurisprudenziale, rimetteva la causa al Primo Presidente, che ne disponeva l'assegnazione alle Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente va esaminata l'eccezione del resistente di inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 113 c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, art. 1, in
quanto trattandosi di "contratto di massa", la causa andava decisa secondo diritto, con la conseguenza che la sentenza in questione è appellabile ed il proposto ricorso per Cassazione è inammissibile. L'ordinanza di rimessione della Sezione Terza Civile, dopo aver rammentato in premessa che, con sentenza 14/12/1998, n. 12542, le S.U. di questa Corte avevano affermato che, avverso le sentenze del Giudice di Pace emesse in cause di valore non eccedente i due milioni, è ammissibile il solo ricorso per Cassazione, avuto riguardo al valore della domanda, da determinarsi a norma degli artt. 10 c.p.c. e segg., e non al contenuto della decisione, e che la maggioranza delle decisioni successive si erano adeguate a tale principio, rileva, altresì, che alcune sentenze, soprattutto della Sezione Lavoro, avevano ritenuto che, a fronte di motivi di ricorso che deducevano l'erroneità della decisione secondo equità, piuttosto che secondo diritto come imposto dalla domanda, ciò non comportava l'inammissibilità del ricorso per il principio dell'apparenza,in tema di individuazione del mezzo dell'impugnazione. L'ordinanza di rimessione fa presente che l'applicazione del principio dell'apparenza, ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione, è presente nella giurisprudenza anche in merito all'impugnazione sentenze diverse da quelle del Giudice di Pace.

1.2. I termini del contrasto attengono, quindi, al criterio di individuazione, del mezzo di impugnazione esperibile nei riguardi delle sentenze del Giudice di Pace e possono così essere riassunti:
"L'impugnazione avverso la sentenza del Giudice di Pace va determinata sulla base del criterio di decisione adottato (esplicitamente o anche solo in concreto) dal Giudice di Pace o in base al contenuto della domanda a questi proposta, abbia poi egli deciso - legittimamente o illegittimamente - la causa secondo equità o secondo diritto?".
Nel primo caso si da la prevalenza al c.d. "principio
dell'apparenza", per cui, se il Giudice ha dichiarato di decidere (o in ogni caso abbia deciso in concreto) la causa secondo equità, è esperibile solo il ricorso per Cassazione, mentre nel caso contrario è esperibile l'appello.

1.3. Va premesso, anzitutto, che la questione oggetto del suddetto contrasto investe l'art. 339 c.p.c., comma 2, nella formulazione, antecedente alla modifica apportata dal D.L. 2 febbraio 2006, n. 40, secondo cui sono inappellabili le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità, facendosi altresì presente che tale regola opera per i provvedimenti pubblicati entro la data di entrata in vigore del D.L. n. 40 del 2006 (pubblicato in G.U. 15/02/2006), ai sensi dell'art. 27, comma 1, dello stesso Decreto.
Le sentenze pubblicate successivamente a tale data sono regolate dall'art. 339 c.p.c., comma 3, come modificato dal D.L. n. 40 del 2006, art. 1, il quale statuisce che "Le sentenze del Giudice di
Pace, pronunziate secondo equità a norma dell'art. 113 c.p.c., comma 2, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul
procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi Regolatori della materia".

2.1. L'orientamento, che fa leva sul valore della domanda ai fini della individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro le sentenze del Giudice di Pace, si fonda su alcune decisioni delle S.U. di questa Corte.
Anzitutto la sentenza delle S.U., 13 settembre 1998 n. 9493, ha affermato che avverso le sentenze del Giudice di Pace emesse su cause il cui valore non eccede le L. due milioni è ammissibile il solo ricorso per Cassazione, abbia il Giudice pronunciato sul merito della controversia o si sia limitato ad una pronuncia sulla competenza o su altra questione preliminare di rito o di merito o abbia, infine, pronunciato sulla competenza e sul merito, restando irrilevante che il merito sia stato deciso secondo equità o secondo diritto. Da ciò, discende l'ulteriore conseguenza che è, invece, appellabile (e non ricorribile per Cassazione) la sentenza del medesimo Giudice che, investito di una domanda di valore superiore a L. due milioni, l'abbia decisa secondo equità.
Successivamente la sentenza delle SS.UU., 14 dicembre 1998, n. 12542, ha affermato che avverso le sentenze del Giudice di Pace emesse in cause il cui valore non eccede L. due milioni valore questo determinabile in base agli artt. 10 c.p.c. e segg., è ammissibile il solo ricorso per Cassazione, abbia il Giudice pronunzialo sul merito della controversia o si sia limitato ad urta pronunzia sulla competenza o altra questione preliminare di rito o di merito o abbia infine pronunziato sul merito e sulla competenza;
la sentenza è, diversamente, appellabile qualora il Giudice di Pace abbia deciso una controversia di valore superiore alle L. due milioni e ciò anche nell'ipotesi in cui abbia erroneamente pronunziato secondo equità e non secondo diritto.
In motivazione tale decisione ha precisato espressamente che non è il contenuto della decisione a determinare il mezzo di impugnazione proponibile, ma il valore della domanda proposta. La circostanza che, in via preliminare, il Giudice debba accertare presupposti processuali o di merito della controversia e si pronunci sugli stessi non influisce sull'individuazione del mezzo d'impugnazione, senza che possa ricavarsi alcunché, in senso contrario, dalla dizione dell'art. 339 c.p.c., comma 3, che definisce inappellabili le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità, dovendo l'espressione essere interpretata - in base al combinato disposto di questa disposizione con l'art. 113 c.p.c., comma 2 - come equivalente all'altra secondo cui sono inappellabili le sentenze del predetto Giudice rese su domande il cui valore non eccede L. due milioni: non è il contenuto concreto della decisione a determinare il mezzo d'impugnazione proponibile, ma il valore della domanda proposta.

2.2. Lo stesso criterio interpretativo, è stato seguito dalle SS.UU. (20/11/1999, n. 803) nel valutare il problema della non sottoponibilità delle sentenze del Giudice di Pace a regolamento di competenza, affermando il principio che in tema di procedimento dinanzi al Giudice di Pace, e alla stregua art. 46 c.p.c., le sentenze del Giudice di Pace non sono impugnabili con regolamento di competenza;
che, tuttavia, qualora si tratti di controversia di valore inferiore ai L. due milioni, il proposto regolamento può essere convertito in ricorso ordinario per Cassazione (ove ricorrano tutti i requisiti formali e sostanziali), a nulla rilevando che la sentenza sulla competenza sia una sentenza pronunciata secondo diritto, giacché, in base al combinato disposto dagli artt. 339 c.p.c., comma