Cass. civ., sez. III, sentenza 10/12/2019, n. 32137

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 10/12/2019, n. 32137
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32137
Data del deposito : 10 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso 25983-2016 proposto da: GENTILE ROSARIA ANNA, GRAVINA ANNA LUISA nella qualità di eredi di GENTILE RENATO, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell'avvocato M L F, rappresentati e difesi dall'avvocato VINCENZO D'ERRICO;
2019

- ricorrenti -

1949

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, SOCIETA' PER LA CESTIONE DI ATTIVITA' SGA SPA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 4315/2015 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/10/2019 dal Consigliere Dott. P P;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A M S che ha concluso per il rigetto;
udito l'Avvocato VINCENZO D'ERRICO;
udito l'Avvocato L C;Rilevato che R G si opponeva al precetto con cui Intesa San Paolo, s.p.a., incorporante San paolo IMI, s.p.a., in proprio e quale mandataria di SGA, s.p.a., cessionaria del credito vantato da Banco di Napoli, s.p.a., gli aveva intimato il pagamento dello stesso in forza di decreto ingiuntivo del 1994 e di sentenza di rigetto dell'opposizione del 1998, passata in giudicato;
esponeva che: - il decreto ingiuntivo era stato opposto dai fideiussori R G e A L G, ma non dalla società debitrice principale Sidas, s.r.I.;
-nel 2001 la società Sidas era stata dichiarata fallita x e il Banco di Napoli aveva opposto il diniego di insinuazione al passivo del credito;
- l'opposizione allo stato passivo era stata rigettata r e il correlativo appello dichiarato improcedibile nel 2005, con sentenza passata in giudicato nel 2006;
-Intesa San Paolo era priva di legittimazione attiva perché non titolare del credito né mandataria del titolare come si era invece affermata;
-la fideiussione si era estinta per fatto del creditore, che aveva lasciato a sua volta estinguere l'obbligazione principale, privando il garante dei diritti di surroga o regresso;
- il giudicato sull'inesistenza dell'obbligazione garantita, successivo a quello proprio del titolo sotteso al precetto, aveva quindi comunque prodotto l'effetto estintivo della fideiussione;
-era stata precettata una somma superiore al limite della garanzia quale accertato nella sentenza di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo;
il Tribunale, davanti al quale resisteva Intesa San Paolo, s.p.a., rigettava l'opposizione a precetto;
la Corte di appello, pronunciando sul gravame interposto da R G, lo rigettava, rilevando in particolare che: il primo giudice aveva correttamente ritenuto che Intesa San Paolo, s.p.a., fosse subentrata a San Paolo IMI, s.p.a., con la fusione;- in secondo grado l'opponente aveva invece eccepito la carenza di legittimazione attiva di Intesa San Paolo, s.p.a., perché a séguito della fusione non sarebbe subentrata nel mandato gestorio in parola, trasmesso da San Paolo IMI, s.p.a., a San Paolo Banco di Napoli, poi nuovo Banco di Napoli, s.p.a., prima dell'incorporazione;
- non era intervenuta estinzione della fideiussione per fatto del ceditore, posto che quest'ultimo non poteva consistere in una mera inazione, né era configurabile atteso che il garante era anche amministratore della società garantita;
- il giudicato tra creditore e fideiussore non era tangibile da parte di pronunce successive sebbene definitive ma intercorse con il debitore principale;
- le questioni inerenti al limite della garanzia avrebbero potuto e dovuto dedursi solo nel giudizio di merito esitato nel titolo azionato;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione Anna Rosaria Gentile e A L G, quali eredi di R G, articolando cinque motivi corredati da memoria;
resiste con controricorso SGA, s.p.a.;
Rilevato che con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 81, 100, 101, 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l'eccezione di carenza di legittimazione attiva era stata formulata con riferimento a Intesa San Paolo, s.p.a., precettante, sia in proprio che quale mandataria, sin dalla citazione in primo grado, e comunque, attenendo alla fondatezza della domanda del creditore, era mera difesa rilevabile d'ufficio;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 81, 100, 101, 111, 344, 404, 132, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato ritenendo l'efficacia sanante della costituzione in appello della SGA, s.p.a., che invece non era stata parte del giudizio in prime cure e non poteva considerarsi terzo, con conseguente necessità di confermare il difetto di legittimazione attiva opposto al precettante e dichiarare inammissibile la costituzione dell'interventore;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1955, cod. civ., 132, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello, con motivazione apparente, avrebbe errato mancando di considerare che il giudizio di opposizione allo stato passivo si era concluso con rigetto per l'inerzia colposa del Banco di Napoli, s.p.a., il quale in primo grado non aveva prodotto i documenti necessari a provare il creditosc e in secondo grado si era tardivamente costituito, sicché il garante, e per loro i deducenti, non avrebbero più potuto esercitare né la surroga nella posizione del creditore né il regresso verso il condebitore solidale, tale più non essendo la Sidas, s.r.I., a séguito del giudicato in parola a lei favorevole;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1306, 2909, 1936, 1939, 1945, cod. civ., 615, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il giudicato d'inesistenza dell'obbligazione principale, successivo a quello proprio del titolo azionato, era fatto estintivo dell'obbligazione accessoria, sopravvenuto e in ogni caso deducibile con l'opposizione all'esecuzione in scrutinio;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1941, cod. civ., 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la stessa sentenza di rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo azionato aveva accertato il limite fideiussorio violato in precetto, e, trattandosi di giudicato esterno rilevabile dagli atti di causa, non avrebbe potuto essere obliterato;
Rilevato che deve preliminarmente constatarsi che difetta la prova della successione, nella posizione dell'originario opponente, degli odierni ricorrenti;
infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il soggetto che abbia proposto impugnazione con ricorso per cassazione nell'asserita qualità di successore, a titolo universale, di colui che era stato parte nel precedente grado di giudizio, deve non soltanto allegare la propria "legitimatio ad causam" per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, ma è tenuto, altresì, a fornire la prova con riscontri documentali - la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio, è rilevabile d'ufficio - delle circostanze costituenti i presupposti di legittimazione alla successione nel processo ai sensi dell'art. 110 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 25/02/2009, n. 4468, Cass., 04/11/2016, n. 22507), salva la sufficienza di una specifica indicazione di tale atto nell'intestazione dell'impugnazione solamente qualora il titolo sia di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile, e sia rimasto del tutto incontestato o non idoneamente contestato dalla controparte (Cass., 11/04/2017, n. 9250);
nel caso di specie, sebbene dall'indice del ricorso risulti allegato un non meglio specificato "stato di famiglia storico di G R" e non meglio precisati "atti di rinuncia all'eredità di G R formalizzati con dichiarazioni ricevute da notaio", il Collegio constata che tali documenti non sono reperibili in atti;
ne deriva l'inammissibilità del ricorso;
il rilievo d'ufficio della sopra esposta inammissibilità induce a ritenere sussistenti le ragioni idonee a compensare le spese di lite, tenuto conto del relativo regime "ratione temporis" applicabile (giudizio introdotto nel 2008);
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