Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/07/2013, n. 18185

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In tema di espropriazione forzata immobiliare, l'assenza del creditore procedente e dei creditori intervenuti all'udienza di vendita con incanto non impedisce né invalida lo svolgimento delle attività del giudice dell'esecuzione o del professionista da questo delegato.

In tema di scioglimento della comunione, gli atti del giudice istruttore relativi al procedimento di vendita sono soggetti al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui agli artt. 617 e 618 cod. proc. civ., dovendo escludersi l'esperibilità di un'autonoma azione di nullità avverso il decreto di trasferimento conclusivo del procedimento di vendita. Invero, la finalità del procedimento di vendita dei beni immobili non è diversa nel giudizio divisorio o nel procedimento esecutivo e le scelte legislative degli ultimi lustri, con l'esplicito rinvio, contenuto nell'art. 788 cod. proc. civ., a norme del processo esecutivo, sono la manifestazione di un richiamo ad esse che va inteso come sistematico; sicché non avrebbe senso scandire il procedimento di vendita con i passi del processo esecutivo e sovrapporgli un apparato rimediale del tutto diverso, privo di quell'efficacia e di quella celerità che deriva sia dalla tipologia delle opposizioni, sia dal meccanismo della sanatoria processuale. (Nella specie il tribunale, sebbene fosse ancora pendente controversia sulla richiesta di attribuzione del bene da parte di alcuni condividenti, aveva accolto l'opposizione al decreto di trasferimento, ritenendo sussistente il diritto all'attribuzione. La S.C., rilevato che tra i motivi di opposizione occorreva distinguere quelli relativi a vizi formali, soggetti alla disciplina di cui all'art. 617 cod. proc. civ., dal vizio, relativo alla questione ancora "sub judice", ravvisato dal tribunale, ha cassato la pronuncia che annullava il decreto di trasferimento e ha rimesso gli atti al tribunale per riesame dell'opposizione alla luce del principio enunciato).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/07/2013, n. 18185
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18185
Data del deposito : 29 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sez. -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. V B - Consigliere -
Dott. D'

ASCOLA

Pasquale - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7268/2010 proposto da:
D'AURIA PASQUALE DRAPQL62R01A455P, D'A M
DRAMRA69D22A455G, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA U.

BOCCIONI

4, presso lo studio dell'avvocato S A, rappresentati e difesi dall'avvocato R N, per delega a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
MARUZZELLA CONCETTA MRZCCT82A48F839V, POLISE NUNZIA, MARUZZELLA SALVATORE, MARUZZELLA ANTONIETTA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

BALDO DEGLI UBALDI

71, presso lo studio dell'avvocato M M, rappresentati e difesi dall'avvocato T V, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
D'AURIA PASQUALE DRAPQL62R01A455P, D'A M
DRAMRA69D22A455G, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA U.

BOCCIONI

4, presso lo studio dell'avvocato S A, rappresentati e difesi dall'avvocato R N, per delega a margine del controricorso al ricorso incidentale;

- controricorrenti al ricorso incidentale -
e contro
GIORDANO GIUSEPPINA, MARUZZELLA FILOMENA, ITALFONDIARIO S.P.A., nella qualità di procuratrice della Castello Finance s.r.l.;



- intimati -


avverso la sentenza n. 12971/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 20/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;

uditi gli Avvocati NICOLA RASCIO e VINCENZO TERESI;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

APICE

Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) La controversia nasce dalla divisione ereditaria del compendio relitto da Giuseppe Maruzzella e contrappone alla figlia di primo letto - Maruzzella Filomena - la vedova Polise Nunzia, con i di lei figli Maruzzella Antonietta, Salvatore e Concetta. Il ricorso concerne la aggiudicazione di un bene inizialmente ritenuto indivisibile, oggetto di un decreto di trasferimento del tribunale di Napoli, emesso nel 2008 in favore degli aggiudicatari D'Auria Pasquale e Mario, odierni ricorrenti.
Con sentenza 20 novembre 2009 il tribunale ha annullato il decreto di trasferimento;

ha attribuito il bene ai consorti Polise - Maruzzella;
ha liquidato un conguaglio in favore di Maruzzella Filomena e disposto la divisione dei beni mobili.
La sentenza impugnata ha pronunciato su tre cause riunite:
a) l'azione proposta con citazione dell'11 luglio 1998 da Maruzzella Filomena per far accertare la massa ereditaria e disporre la divisione;

b) la causa ( 27205/08) intrapresa da Polise e figli, volta al riconoscimento del diritto di attribuzione dell'immobile sito in Arzano e del diritto di abitazione non solo sull'appartamento, ma su tutto lo stabile;

c) l'opposizione agli atti esecutivi ( 32990/08) proposta, sempre dai Polise - Maruzzella, avverso il decreto di trasferimento n. 5/08 in favore dei D'Auria.
1.1) Questi ultimi, che sostengono l'erroneità dell'annullamento della vendita divisionale, dopo aver considerato la diversa natura e rimediabilità delle pronunce, hanno impugnato la sentenza sia con appello, che risulta ancora pendente, sia con l'odierno ricorso per cassazione, notificato il 12 marzo 2010. I Polise - Maruzzella (di seguito: Polise) hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato, in opposizione al quale è stato depositato controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Depositate memorie, la Terza Sezione di questa Corte con ordinanza n. 12419 del 18 luglio 2012 ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite.
Pur ravvisando analogie con la questione rimessa con l'ordinanza 2472/12, che è stata poi decisa da queste Sezioni Unite con sentenza 21110/12, il Collegio ha ritenuto che le Sezioni Unite debbano stabilire:
- a) quale sia il regime di impugnazione degli atti del giudice istruttore (o del delegato alle operazioni di vendita) relativi al procedimento di vendita, cioè se sia quello dettato dagli artt. 617 e 591 ter c.p.c., o quello ricavabile dal sistema delle impugnazioni del giudizio divisionale;

- b) se sia applicabile alla vendita di beni comuni l'art. 2929 c.c., e con quali conseguenze applicative;
in particolare, se l'accertamento dell'inesistenza dei presupposti per procedere alla vendita, sopravvenuto all'aggiudicazione ed al trasferimento della proprietà del bene al terzo acquirente, prevalga - ed a quali condizioni - sul diritto di quest'ultimo.
Parte ricorrente ha depositato memoria in vista dell'odierna udienza. MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Prima di esaminare i motivi di ricorso, giova riferire altri passaggi essenziali della lite, desunti dalla narrativa della sentenza impugnata.
Ivi si apprende che con sentenza non definitiva del 4 maggio 2006 il tribunale aveva sancito l'indivisibilità dell'asse e disposto la vendita dell'immobile sito in Arzano, con delega ad un notaio per le relative operazioni;
che i Polise nelle more di dette operazioni avevano avanzato istanza di attribuzione di questo solo cespite, rigettata perché parziale.
Ripresentata, l'istanza era stata respinta perché proposta oltre il limite delle preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c.. Dopo che la aggiudicazione provvisoria era avvenuta il 7 novembre 2007, i condividenti Polise avevano proposto ricorso ex art. 591 ter c.p.c., sul quale il giudice aveva dichiarato il non luogo a
provvedere.
Una nuova istanza, instaurato il contraddittorio, aveva portato al rigetto del reclamo, riproposto ex art. 591 ter, con ordinanza 14/17 dicembre 2007. Il giudice istruttore il 28 marzo 2008 aveva rilevato di dover integrare il decreto di trasferimento specificando il diritto di abitazione della Polise e successivamente aveva emesso il decreto di trasferimento, datato 2 settembre 2008.
Successivamente, aveva riunito al giudizio divisorio i giudizi n. 27205/08 e n. 32990/08, di cui si è detto sub 1.
La sentenza qui impugnata, accogliendo l'opposizione, ha, come riferito sopra, annullato il decreto di trasferimento n. 5/08 e "tutti gli atti relativi alla vendita dell'immobile di Arzano". 3) Con il primo motivo D'Auria Pasquale e Mario denunciano nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 in relazione agli artt. 591 ter e 617 c.p.c., e art. 161 c.p.c., comma 1). Sostengono che l'opposizione agli atti esecutivi è stata ritenuta tempestiva perché proposta entro venti giorni dalla data di deposito del decreto di trasferimento, ma che questo rilievo non rendeva ammissibile l'opposizione.
Essa era inammissibile perché i controricorrenti avevano a suo tempo omesso di impugnare con opposizione ex art. 617 c.p.c., l'atto precedente al decreto, cioè l'ordinanza che rigettava il reclamo avverso il verbale di aggiudicazione del notaio delegato. A tal fine i ricorrenti rilevano che il notaio aveva aggiudicato loro l'immobile con verbale 7 novembre 2007;
che i Polise si erano opposti con ricorso ex art. 591 ter c.p.c., del 12 novembre 2007;
che il 13 novembre 2007 era stato emesso un provvedimento di "non luogo a provvedere", impugnato con "istanza di riesame", rigettata il 17.12.2007.
Chiariscono che con questo decreto l'istanza di riesame era stata rigettata perché "tardiva e inammissibile", rinviando all'esame di eventuale opposizione al decreto solo "eventuali doglianze sulla congruità del prezzo".
È questa ordinanza del 14/17 dicembre 2007 il provvedimento contro il quale avrebbe dovuto essere proposta opposizione agli atti esecutivi;
omessa l'opposizione, si sarebbe definitivamente consolidato il decreto.
3.1) La censura è fondata nei limiti di cui si dirà.
La ricostruzione della vicenda processuale è conformemente narrata nel controricorso e (v. pag. 6) nell'opposizione agli atti esecutivi del 22 settembre 2008 proposta dai Polise - Maruzzella contro il decreto n. 5/2008;
essa trova comunque riscontro in atti. Dai verbali di causa emerge sia il rigetto dell'"istanza di riesame", deliberato il 14 dicembre 2007 con provvedimento depositato il 17 dicembre successivo, sia l'omissione dell'opposizione ex art. 617 c.p.c., avverso questo atto. Infatti nel verbale di udienza successivo (22 gennaio 2008) il difensore degli odierni resistenti si riservò "ogni impugnativa di legge avverso l'ordinanza del 14 dicembre 2007", così rinviando all'opposizione avverso il decreto l'impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta entro il termine di cui all'art. 617 c.p.c.. È principio pacifico, a partire almeno da Cass. S.U. 11178 del 1995, che nel processo esecutivo, strutturato quale successione di subprocedimenti, intesi come serie autonoma di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi, l'autonomia di ciascuna fase rispetto a quella precedente comporta che le situazioni invalidanti, se non preclusive del conseguimento dello scopo del processo, devono essere eccepite con opposizione agli atti esecutivi entro i relativi termini di decadenza (cfr Cass. 11251/96;
14821/00
), atteso che la mancata opposizione di un atto ne sana il vizio (Cass. 190/01). 3.2) Per dar conto dell'applicazione di questo principio, occorre esaminare i rilievi mossi in controricorso.
I Polise hanno eccepito l'inammissibilità del ricorso per cassazione con riguardo alla tardività della opposizione agli atti esecutivi, perché la questione sarebbe nuova. Sostengono che i D'Auria avevano eccepito soltanto la inopponibilità, con l'atto ex art. 617 c.p.c., delle "censure relative alla vendita" e "la piena operatività dell'art. 2929 c.c.". Il rilievo è privo di fondamento.
La giurisprudenza citata nel controricorso si riferisce a casi in cui la questione esaminata non risultava dedotta in appello, sicché la Corte di Cassazione ebbe a rilevare la novità di essa, giacché le eventuali nullità maturate in primo grado avrebbero dovuto essere dedotte con i motivi di gravame ex art. 157 c.p.c.. Il caso in esame è diverso, sia perché l'impugnazione avverso la decisione in punto di opposizione agli atti esecutivi è stata correttamente proposta con ricorso immediato ex art. 111 Cost., sia perché questo ha ad oggetto la questione della ammissibilità della stessa opposizione agli atti e non un'eccezione di merito richiedente un accertamento di fatto, consentito in questa sede solo relativamente alle questioni processuali.
Il profilo di inammissibilità eccepito, risolvendosi in un'eccezione di tardività della opposizione, sia pur sotto un profilo diverso da quello valutato dal tribunale, poteva quindi essere sollevato davanti al giudice di legittimità o da quest'ultimo rilevato ex officio (Cass. 16155/07 e inoltre v. Cass. 3404/04 e 17460/07). 3.3) Parte resistente, per sfuggire all'eccezione di inammissibilità dell'opposizione ex art. 617 c.p.c., ha rilevato anche (pag. 18 e 19) che con il ricorso in opposizione al decreto di trasferimento, oltre ai rilievi mossi con il reclamo ex art. 591 ter, aveva eccepito la violazione dell'art. 720 c.c., per avere il giudice considerato tardiva l'istanza di assegnazione formulata dai Polise, nonché formulato altri rilievi. Si tratta:
(sub b a pag. 19) della nullità della vendita per divergenza tra il bene che ne formava oggetto, decritto come libero da pesi ed oneri reali rispetto a quello descritto nel decreto di trasferimento;
(sub c) della mancata estensione del diritto di abitazione della Polise sull'intero immobile di Arzano, problema, quest'ultimo, che sarebbe sorto dopo la proposizione del reclamo.
Ha infine argomentatamente dedotto che solo gli atti tipici del processo esecutivo sono soggetti alle preclusioni processuali di cui all'art. 617 c.p.c., e non gli atti da ricomprendere nel giudizio divisionale.
Unico atto autonomamente impugnabile ex art. 617 c.p.c., sarebbe il decreto di trasferimento.
3.3.1) La decisione su questi rilievi impone di affrontare il primo tema di indagine sollecitato dal'ordinanza di rimessione n. 12419, sintetizzato supra sub 1.1 a).
Ci si deve chiedere quale sia il meccanismo dei rimedi quanto agli atti del giudice istruttore o del professionista delegato relativi al procedimento di vendita;
in particolare, se siano soggetti alla procedura ex artt. 617 e 618 c.p.c.. 3.3.2) La Terza sezione ha posto nitidamente il problema;
ha ricordato che l'art. 788 c.p.c., ha subito una significativa evoluzione normativa.
Detta norma (al pari dell'art. 720 c.c.) prevedeva esclusivamente la possibilità di vendita con incanto, pur delegabile al notaio. La L. n. 302 del 1998, modificò il sistema, introducendo gli artt. 591 bis e 591 ter, ma soprattutto stabilendo, nell'art. 788 c.p.c., il rinvio all'art. 576 c.p.c. e segg. (ora all'art. 569), cioè a norme del processo esecutivo.
La riforma successiva (dalla L. n. 263 del 2005, fino alla L. n. 51 del 2006) ha accentuato l'attrazione del procedimento di divisione
nell'orbita della disciplina del processo esecutivo, poiché nell'art. 788, comma 1, il richiamo è ora all'art. 569, e nei commi 2 e 3, si stabilisce che la vendita si svolge, davanti all'istruttore o al professionista delegato, con applicazione dell'art. 570 e segg., cioè attraverso le forme della vendita forzata.
Questa evoluzione ha portato definitivamente a credere che tutto l'apparato del processo esecutivo debba essere applicabile e quindi anche le norme relative ai "rimedi esperibili relativamente alla regolarità dei singoli atti, specificamente ai rimedi dell'art. 591 ter c.p.c., ed al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi".
3.4) L'orientamento risale alle intuizioni, ante riforma, di Cass. n. 1575/99 e Cass. 1572/00, valorizzate nei citati atti processuali. Si legge nella seconda che: "Nell'ordinanza prevista dal primo comma dell'art. 788 c.p.c., deve, invero, ravvisarsi la previsione di due
distinte ed autonome determinazioni del giudice istruttore che hanno natura e contenuti diversi e che vanno, di conseguenza, assoggettate a differente disciplina: l'una, con la quale il giudice, nell'ambito del giudizio di divisione, secondo la specifica previsione normativa, accerta che "occorre procedere alla vendita dell'immobile" e, quindi, decide di provvedere ex art. 576 c.p.c. e ss.;
l'altra, con la quale, sulla base di tale premessa, stabilisce le modalità dell'incanto, giusta la previsione dei detti art. 576 c.p.c. e ss., cui all'uopo rinvia la seconda parte dello stesso art. 788 c.p.c., comma 1. Quest'ultima determinazione, già al di fuori dell'ambito della disciplina del giudizio di divisione, è soggetta, in virtù del sopra richiamato rinvio, alla disciplina dell'art. 576 c.p.c. e ss., al pari di tutti gli atti successivi e, di conseguenza, anche alla disciplina generale del processo d'esecuzione e, specificamente, alla parte di essa nella quale vengono regolate le opposizioni agli atti esecutivi (Cass. 24.2.99 n. 1575, 9.6.94 n. 5614, 21.3.85 n. 2063)". A tali osservazioni si saldano le puntualizzazioni di Cass. 7785/01, relative alle operazioni di vendita e alle contestazioni da risolvere ex artt. 787 e 788. Si legge: "In questa sede non interessa la fase dell'accertamento del diritto alla divisione, ma quella della determinazione del contenuto del diritto di singoli condividenti. Questa seconda fase si articola, a sua volta, in vari sub procedimenti, volti, rispettivamente, all'individuazione dei beni da dividere, alla valutazione di essi, alla formazione delle quote spettanti a ciascuno dei condividenti, all'assegnazione o attribuzione delle porzioni ai singoli condividenti. Quando per la formazione delle quote occorre procedere alla vendita di beni, censi o rendite, il giudice istruttore o il notaio delegato debbono procedere osservando le disposizioni relative alla vendita dei beni mobili (art. 534 c.p.c. e ss.) o degli immobili: art. 576 c.p.c. e ss.. Il richiamo a queste disposizioni rappresenta l'adattamento al giudizio divisionale di una tecnica mutuata dall'espropriazione forzata e non incide sulla natura del giudizio divisionale". 3.5) Giova rilevare che l'orientamento della giurisprudenza, ispirato all'esigenza di favorire la stabilizzazione delle attività che compongono il procedimento divisorio, apparentate anche in questa primaria finalità ai subprocedimenti esecutivi, ha trovato affermazione non solo nella materia delle divisioni c.d. endoesecutive, ma anche nell'ambito degli ordinari giudizi divisori. Cass. 15144/00 ha infatti stabilito che è inammissibile il ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il provvedimento con il quale il giudice dichiara inammissibile l'istanza per l'acquisto di un bene immobile, formulata ai sensi dell'art. 584 c.p.c., dai condividenti di esso, dopo l'aggiudicazione provvisoria
del medesimo ad un terzo, avvenuta ai sensi dell'art. 721 c.c., e art. 788 c.p.c., perché detto provvedimento, privo di decisorieta1 e di definitività, può esser impugnato ai sensi dell'art. 617 c.p.c.. 3.5.1) La dottrina, pur invocando una opportuna "rimeditazione legislativa", indispensabile quanto alle divisioni maturate nell'ambito del processo esecutivo, non ha mancato di rilevare che sembrano maturi i tempi per ritenere che la riforma del 2005 abbia marcato la esigenza di individuare nelle opposizioni esecutive lo strumento di impugnazione avverso i provvedimenti del giudice istruttore della causa di divisione. Alla linea giurisprudenziale esposta, cui sono ascrivibili, come indicato dai giudici rimettenti, Cass. 27445/05 e Cass. 10925/07, si contrappone Cass. 1199/10, la quale (richiamando Cass. 29 ottobre 2010 n. 10778, relativa alla vendita di beni dell'eredità giacente, e 11 ottobre 1995 n. 10587, sulla vendita di beni dell'eredità accettata con beneficio di inventario) ha ritenuto non esperibile il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi avverso gli atti della fase di vendita ex art.788 c.p.c., propendendo invece per l'esperibilità di un'autonoma
azione di nullità avverso il decreto di trasferimento conclusivo del procedimento di vendita.
Ha ritenuto che gli atti di vendita di immobili a mezzo notaio, posti in essere nell'ambito del procedimento di scioglimento di comunione ereditaria, non sono riconducibili ad una azione esecutiva, avendo solo funzione attuativa dello scioglimento della comunione. 3.6)Questa tesi non è condivisibile.
È stato puntualmente osservato che la finalità del procedimento di vendita dei beni immobili non è diversa nel giudizio divisorio o nel processo esecutivo: si deve convertire in controvalore monetario il bene oggetto di comunione, sicché vi è una esigenza di coerente semplificazione e uniformazione dello strumento giuridico. Le scelte legislative degli ultimi lustri (ma è sufficiente, per il caso di specie, il testo anteriore alle riforme del 2005/06, queste ultime non applicabili al procedimento in esame, sorto nel 1998) e l'esplicito insistito rinvio alle norme sulla espropriazione forzata sono la manifestazione di un richiamo ad esse che va inteso come sistematico.
Non avrebbe senso infatti scandire il procedimento di vendita con i passi del processo esecutivo e sovrapporgli un apparato rimediale del tutto diverso, privo di quell'efficacia e di quella celerità che deriva sia dalla tipologia di opposizioni, sia dal meccanismo della sanatoria processuale.
4) Conviene ora ritornare all'analisi del provvedimento impugnato. Va subito detto, per chiarezza, che, come ha osservato l'ordinanza di rimessione, si verte in un'ipotesi patologica di ordinanza resa nonostante fosse sorta, a causa dell'istanza di attribuzione, controversia sulla necessità della vendita.
Va anche detto, per corollario, che è errata l'affermazione dei giudici napoletani secondo cui l'esistenza di richiesta di attribuzione costituisce causa di nullità della vendita, trattandosi invece di vizio relativo a un momento anteriore alla vendita, cioè della determinazione di disporre la vendita.
4.1) Il ricorso in esame investe l'accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi, che riguardava sia vizi formali fatti valere con il ricorso ex art. 591 ter c.p.c., rigettato e non "coltivato" con la necessaria opposizione agli atti esecutivi (cfr. Cass. 14707/06), sia altri vizi inerenti a fasi ormai superate del procedimento e non fatte valere con il rimedio suddetto.
La causa di opposizione è stata però decisa dal tribunale di Napoli, dopo aver ritenuto l'ammissibilità dell'opposizione al decreto di trasferimento, rivolgendo attenzione, con subitanea torsione della motivazione, alla causa riunita, relativa al diritto dei Polise di ottenere l'assegnazione del bene.
La decisione sul punto è oggetto di appello e deve trovare in quella sede, o comunque passando per quella via, definitiva soluzione, con le ricadute possibili.
4.2) La domanda di attribuzione, ricorda il controricorso, è tuttavia contemporaneamente motivo di opposizione ex art. 617 c.p.c., avverso il decreto di trasferimento.
Il tribunale, decidendo la causa relativa alla attribuzione del bene, ha tratto immediate conclusioni nel senso: che intendeva accolta la opposizione in parte qua;
che restavano assorbite sia la questione relativa all'estensione del diritto all'abitazione (come ovvio, atteso che detto diritto segue la sorte dell'attribuzione), sia "eventuali ulteriori cause di nullità della vendita";
ha accennato all'inammissibilità di alcuni motivi di opposizione perché attinenti a vizi formali "avanzati tardivamente".
Avrebbe dovuto invece: a) sancire l'inammissibilità della denuncia dei vizi formali e di tutte le ragioni di opposizione precluse dall'applicabilità al procedimento di divisione dell'apparato rimediale proprio del processo esecutivo, applicando i principi di cui al p.3.1;

b) valutare se la questione del diritto di attribuzione non costituisse una di quelle situazioni invalidanti suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo, e quindi contro il decreto di trasferimento, ancora nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi, profilo giuridico evidenziato nel controricorso soprattutto con riguardo al secondo motivo;

c) valutare se la causa di attribuzione non fosse pregiudiziale rispetto a quella di opposizione a decreto di trasferimento, adottando i provvedimenti del caso o pervenendo piuttosto al rigetto dell'opposizione.
Ciò è quanto dovrà fare il giudice di rinvio in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo e della conseguente cassazione della sentenza.
5) Restano assorbiti il secondo e il terzo motivo del ricorso per cassazione, relativi rispettivamente all'applicabilità dell'art.2929 c.c., e all'effetto di consolidamento derivante dall'avvenuta
emissione del decreto di trasferimento, questioni logicamente successive alla sorte dell'opposizione per i profili sin qui esaminati.
6) Quanto al ricorso incidentale condizionato, i tre motivi sono inammissibili o infondati.
Con il primo è dedotta la invalidità della procura rilasciata al difensore di F M, a margine dell'atto di citazione del 6 luglio 1998, per mancanza della certificazione di autenticità e perché l'atto sarebbe stato sottoscritto da un avvocato non iscritto all'albo degli avvocati di Napoli e da altri due avvocati iscrittisi all'albo stesso dopo la data indicata.
La questione è estranea a questo giudizio, con cui è impugnata la sola opposizione agli atti esecutivi, riunita alla causa divisoria, ma non per questo confusa con essa (Cass. 15954/06). È in sede di eventuale appello del giudizio divisorio che questi rilievi, peraltro non trattati dalla sentenza, potrebbero trovare spazio. 6.1) Il secondo motivo denuncia omessa motivazione su un punto della controversia "per violazione degli artt. 82 e 125 c.p.c.". Concerne la nullità del verbale di apertura della busta effettuato il 7.11.2007 dal notaio Cesaro su istanza dell'avv. Acunzo, quale procuratore di F M, per inesistenza dello jus postulandi.
Detto motivo è infondato, perché all'udienza per l'incanto e comunque in sede di vendita l'assenza del creditore procedente e dei creditori intervenuti non impedisce ne' invalida lo svolgimento delle attività del giudice dell'esecuzione o del delegato. (Cass. 13354/04). 6.2) Anche il terzo motivo, che denuncia violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 540 e 1022 c.c., sembra
estraneo al presente giudizio. Riguarda infatti il mancato riconoscimento del diritto di abitazione sull'intero stabile, composto di otto appartamenti (controricorso pag. 19), questione anch'essa attinente la divisione e il diritto di attribuzione, con il riconoscimento dei diritti ereditari, e non l'esecuzione della vendita.
Peraltro, ove fosse rilevante in punto di esecuzione della vendita, giova osservare che la giurisprudenza evocata (Cass. 231/00) non è in termini e che il diritto di abitazione inerisce l'unità immobiliare concretamente adibita a casa familiare e non altri appartamenti dello stabile in cui è ubicata detta abitazione. Nè rileva la non comoda divisibilità valutata ai fini della divisione, dalla quale i Polise fanno discendere il diritto vantato. Essa non comporta infatti la precedente destinazione effettiva ad abitazione.
7) Discende da quanto esposto l'accoglimento del primo motivo di ricorso principale, assorbiti gli altri, con il rigetto del ricorso incidentale condizionato. La sentenza impugnata va cassata nei limiti in cui il motivo è stato accolto e la cognizione va rimessa al tribunale di Napoli in diversa composizione.

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