Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/05/2013, n. 11343

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Massime1

L'esimente della scarsa rilevanza del fatto, di cui all'art. 3-bis del d.lgs. 24 febbraio 2006, n. 109, è ipotizzabile anche in relazione all'illecito disciplinare di cui all'art. 2, comma 1, lettera b), del medesimo d.lgs., norma che sanziona l'omessa comunicazione, da parte del magistrato, di taluna delle situazioni di incompatibilità previste dagli artt. 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e successive modificazioni. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto immune da vizi motivazionali la decisione con cui la sezione disciplinare applicato l'esimente in relazione al comportamento di un magistrato, che aveva omesso di reiterare la comunicazione relativa all'esistenza di una situazione di incompatibilità con il proprio figlio, esercente la professione legale nel medesimo distretto presso il quale l'incolpato aveva assunto un incarico semidirettivo, sulla base della duplice circostanza della prossimità temporale tra la dichiarazione di incompatibilità in precedenza inviata dal magistrato e l'assunzione del predetto incarico semidirettivo, nonché della sporadicità, nel periodo in contestazione, dell'esercizio della attività professionale da parte del familiare).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/05/2013, n. 11343
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11343
Data del deposito : 13 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sez. -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. M M - rel. Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 1101/2013 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI 260

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- ricorrente -


contro
R.A. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA


MANTEGAZZA

24, presso il Dott. MARCO GARDIN, rappresentato e difeso dall'avvocato C N, per procura speciale del notaio Dott. G P di Catanzaro, rep. 95496 del 10/04/2013;

- resistente con procura -
contro
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;



- intimato -


avverso la sentenza n. 138/2012 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 30/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

uditi gli avvocati Liborio COACCIOLI dell'Avvocatura Generale dello Stato, Nicola CARRATELLI;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CICCOLO

Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1 - Con decisione adottata il 12 ottobre 2012 e depositata il successivo 30 ottobre, la Sezione Disciplinare del C.S.M. assolse A..R. , presidente di Sezione del Tribunale di Catanzaro, dall'incolpazione di avere gravemente mancato ai propri doveri di imparzialità e correttezza e di aver tenuto un comportamento che ha compromesso la sua credibilità personale e il prestigio dell'istituzione giudiziaria (D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art.1, e art. 2, comma 1, lett. b, per avere omesso di comunicare al CSM
la sussistenza della situazione di incompatibilità conseguente all'iscrizione del proprio figlio all'albo degli avvocati di Lamezia Terme, sia alla data di presentazione della domanda per il conferimento dell'incarico di presidente di sezione, sia al momento dell'assunzione delle relative funzioni.


2 - La decisione della Sezione Disciplinare affermò: l'obbligo di dichiarare la sussistenza di una situazione di incompatibilità non veniva meno per effetto della precedente dichiarazione resa in relazione ad una differente ipotesi;
tuttavia trovava applicazione la disciplina di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, considerato che la precedente dichiarazione risultava assai prossima alla data di presentazione della domanda per il conferimento del nuovo ufficio e l'assunzione delle nuove funzioni;
inoltre, considerata la sporadicità, nel periodo in contestazione, dell'attività professionale del figlio, l'illecito omissivo in cui era incorso l'incolpata appariva di scarsa rilevanza sia sotto l'aspetto della lesione del bene specifico protetto dalla norma
sull'incompatibilità, sia sotto quello più generale della lesione del prestigio suo e dell'ordine giudiziario.


3 - Avverso la suddetta sentenza il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. L'intimata ha presentato memoria difensiva.
Il Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione non ha espletato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 - La resistente eccepisce l'inammissibilità del ricorso, sotto il profilo della tardività.
Premette che la sentenza gravata è stata depositata il 30 ottobre 2012, quindi entro il termine di trenta giorni dall'udienza, celebrata il precedente 12 ottobre, previsto dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 19. Aggiunge che, a norma del comma 3, dell'articolo
predetto, il ricorso doveva essere proposto nel termine di trenta giorni decorrente dalla data di comunicazione del deposito della sentenza, nella specie avvenuta in data 6 novembre 2012. Pertanto afferma che il termine utile per il deposito del ricorso presso la Segreteria del CSM è scaduto il 6 dicembre 2012, mentre la presentazione effettiva è avvenuta solo in data 11 dicembre 2012, quindi tardivamente.
1.2 - L'eccezione è infondata. Come riferito dalla stessa R. , il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 24, richiama esplicitamente, ai fini dei termini utili per ricorrere avverso le sentenze della Sezione disciplinare del CSM, l'art. 585 c.p.p.. Detto articolo, al comma 1, lett. b), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 109 del 2006, art.19, stabilisce che il termine per impugnare è di trenta giorni nel
caso che la sentenza venga depositata entro trenta giorni dal giorno della pronuncia. Il successivo comma 2, lett. c) ne prescrive la decorrenza dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza.
Nella specie la sentenza è stata pronunciata il 12 ottobre 2012, per cui il termine per il deposito è scaduto in data 11 novembre 2012 e da tale data è iniziato il decorso del termine utile per l'impugnazione;
esso è, dunque, scaduto in data 11 dicembre 2012, giorno in cui il ricorso risulta depositato presso la Segreteria del CSM.
Nel senso indicato si pone la sentenza 11 luglio 2008, n. 19279 , erroneamente indicata dalla resistente a conforto della propria eccezione. Infatti essa ha stabilito che il ricorso per cassazione avverso le sentenze della Sezione disciplinare del Consiglio Sup. Magistratura, che, secondo la disciplina introdotta dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 24, come modificato dalla L. n. 269 del 2006, art. 1, comma 3, va proposto "nei termini e con le forme
previsti dal codice di procedura penale", deve essere presentato o fatto pervenire presso la cancelleria della Sezione disciplinare, ai sensi degli artt. 582 e 583 c.p.p., nel termine di trenta giorni, stabilito dall'art. 585 c.p.p., comma 1, lett. b), decorrente dalla scadenza del termine per il deposito stabilito dall'art. 19, comma 2, del citato D.Lgs., o dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione del relativo avviso, se il deposito è avvenuto successivamente, ovvero ancora, con le medesime decorrenze, nel termine di quarantacinque giorni, stabilito dall'art.585 c.p.p., comma 1, lett. c), qualora la Sezione disciplinare,
essendo la stesura della motivazione di particolare complessità per il numero delle parti o per il numero o la gravità delle imputazioni, si sia avvalsa della facoltà, prevista dall'art. 544 c.p.p., comma 3, di indicare nel dispositivo un termine più lungo
per il deposito, non eccedente comunque il novantesimo giorno. Ne consegue che occorre avere riguardo alla data di comunicazione del deposito della sentenza solo ove essa sia stata depositata oltre il termine di trenta giorni dalla data della pronuncia.

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