Cass. pen., sez. V, sentenza 19/01/2023, n. 02229

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 19/01/2023, n. 02229
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02229
Data del deposito : 19 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M A nato a AVEZZANO il 22/05/1953 avverso la sentenza del 10/09/2021 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO CANANZI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L B, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello de L'Aquila, con la sentenza emessa il 10 settembre 2021, confermava la sentenza del Tribunale di Avezzano che aveva accertato la responsabilità penale di A M e D R in relazione al delitto di furto tentato aggravato — artt. 56, 110, 624, 625, comma 1, n. 2), cod. pen. — «perché, in concorso morale e materiale tra loro ed al fine di trarne profitto, dopo aver fatto ingresso — avendo forzato una finestra — nella casa di riposo "San Giuseppe" di proprietà del Comune di Avezzano, ormai dismessa, smontando circa dieci termosifoni e quattro pianali in acciaio, ponevano in essere atti diretti in modo non equivoco ad impossessarsene, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla loro volontà e, segnatamente, per l'intervento delle forze dell'ordine, che li hanno sorpresi in possesso di una chiave a pappagallo in acciaio e con la vettura con i sedili posteriori già abbassati, pronta per essere caricata. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose. Con recidiva reiterata specifica infraquinquennale per R. Con recidiva reiterata specifica per M. In Avezzano (AQ) il 29 gennaio 2021».

2. Il ricorso per cassazione è proposto nell'interesse del solo A M ed è articolato in quattro motivi, che verranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3. Il primo motivo deduce vizio di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del delitto di furto tentato. Lamenta il ricorrente che la Corte di appello non avrebbe dato risposta alle censure formulate in appello in ordine alla versione resa dall'imputato, quella di essersi trovato nel cortile della struttura del Comune di Avezzano con l'unica finalità di aiutare R a recuperare effetti personali, avendo rinvenuto sul posto la chiave a pappagallo e difettando la prova che il ricorrente, e non altri, avesse smontato i termosifoni, avendo seguito un ragionamento induttivo fallace la Corte di merito.

4. Il secondo motivo lamenta illogicità della motivazione in relazione all'aggravante della violenza sulle cose, tratta da una serranda piegata e dall'apertura di una finestra.

5. Il terzo motivo lamenta vizio di motivazione per mancanza e manifesta illogicità, in ordine all'aggravante della esposizione alla pubblica fede, avendo errato la Corte di appello nel motivare, in quanto la casa di riposo del comune di Avezzano non era abbandonata ma solo dismessa, cosicché i beni non risultavano esposti alla pubblica fede.

6. Il quarto motivo propone vizio di motivazione per mancanza e illogicità manifesta in relazione all'omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti previste dagli artt. 62-bis e 62, comma 1, n. 4 cod. pen., alla ridotta riduzione per il tentativo, alla motivazione per la recidiva, nonché in ordine alla causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen.

7. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte — ai sensi dell'art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 — con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

8. Con conclusioni datate il 26 ottobre 2022 il difensore del ricorrente per un verso evidenziava che la requisitoria del pubblico ministero fosse errata in quanto afferente altro procedimento, sollecitando un rinvio per consentire alla Procura generale di formulare adeguate conclusioni nonché, riportandosi al ricorso, chiedendo comunque un rinvio della trattazione al fine di verificare se la persona offesa avesse o meno intenzione di sporgere querela, necessitata a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 150/2022. 9. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In primo luogo va evidenziato che l'entrata in vigore del d.lgs. n.150/2022 risulta differita al 30 dicembre 2022, a seguito del d.l. 31 ottobre 2022 n. 162 che con l'art. 6, dal titolo «Modifica dell'entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150» introduce l'art. 99-bis nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.150, che posticipa l'entrata in vigore. Pertanto la richiesta di rinvio non è fondata, mentre le ragioni connesse alle conclusioni del pubblico ministero potevano essere fatte valere solo da quest'ultimo.

3. Tanto premesso, i primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto riferiti alla ricostruzione in fatto operata dalla Corte di appello. Va premesso che molte delle doglianze proposte risultano afferire alla carenza di motivazione della quale sarebbe affetta la sentenza impugnata. A ben vedere la Corte territoriale, invece, prende le mosse dalla sentenza del Tribunale di Avezzano, che con molta precisione ricostruisce quanto accertato nel corso delle indagini e poi rifluito nel patrimonio cognitivo del giudice di merito, a seguito della scelta del rito abbreviato. A tal riguardo va da subito precisato che le due sentenze di merito integrano la cd. doppia conforme, cosicchè ai fini del controllo di legittimità sul vizio di (t motivazione, poiché la sentenza di appello nella sua struttura argomentativa si salda con quella di primo grado, adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, le due pronunce possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218;
Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 — 01;
Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615 - 01). Infatti, il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997 - dep. 05/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145). E bene la Corte di appello si limita a motivare sulle censure che non trovino immediata risposta nella sentenza di primo grado, per il resto rinviando a quest'ultima, condividendone le motivazioni. In merito al deficit di argomentazione quanto al tentativo di delitto, la sentenza di primo grado rende conto di plurimi elementi attestanti la prova del delitto tentato: i carabinieri furono avvisati da un cittadino, abitante nei pressi della casa di riposo comunale, che aveva visto due persone intente al furto di materiale ferroso;
i militari giunti sul posto videro i due imputati: R che a passo svelto fu bloccato, era molto agitato e con evidente sudorazione;
l'attuale ricorrente fu visto muoversi con cautela, come per non fare rumore, scendendo dalla scala antincendio dell'edificio in corrispondenza della finestra che risultava avere la tapparella piegata, come forzata dall'esterno;
nel cortile erano riposti alcuni termosifoni e pianali;
all'interno dell'edificio, altri sei termosifoni accatastati con tracce di lesioni fresche, come da caduta a terra, e uno nella stanza della tapparella forzata, capovolto con acqua riversata a terra, a riprova che lo stesso fosse stato da poco smontato;
M aveva indosso una chiave a pappagallo del tipo in uso agli idraulici, quindi adatta allo smontaggio dei termosifoni;
gli operai del comune riferivano che la finestra era stata regolarmente chiusa proprio nei giorni precedenti;
inoltre i militari rinvenivano una Fiat Panda, in uso a M, in una strada adiacente l'edificio che recava già i sedili posteriori abbassati, dunque l'autovettura era pronta al ricovero della refurtiva per il successivo trasporto. Sulla scorta di tali elementi e della inverosimiglianza della versione resa dagli imputati, il Tribunale di Avezzano riteneva comprovati gli atti idonei e diretti in modo non equivoco alla sottrazione, essendo la refurtiva già accatastata e pronta per l'allocazione nell'autovettura (fol. 6 della sentenza di primo grado). r Sulla scorta di tale ricostruzione la Corte di appello argomenta in conformità, quanto alla dinamica degli eventi, e rileva per un verso l'inconsistenza della tesi di M, che si trovasse sul posto solo per aiutare R a recuperare i documenti e per caso avesse rinvenuto ivi la chiave a pappagallo, qualificandola a buona ragione come una mera congettura in quanto non comprovata. Quanto alle aggravanti contestate, la sentenza di primo grado accertava che la tapparella era stata chiusa nei giorni precedenti, cosicché il fatto che fosse danneggiata dimostrava l'apertura dall'esterno e M era proprio nei pressi di quella finestra quando fu fermato, il che comprova la violenza sulle cose, indispensabile per consentire l'accesso, non essendo emerso (rileva la Corte di appello al fol. 4) un accesso alternativo. Nel caso in esame, come richiesto dall'orientamento consolidato di questa Corte, seppur in relazione alla violazione di domicilio, il Collegio aquilano correttamente ritiene sussistente l'aggravante della violenza sulle cose, per la quale occorre non solo che l'azione sia esercitata direttamente sulla "res", ma anche che essa abbia determinato la forzatura, la rottura, il danneggiamento della stessa o ne abbia comunque alterato l'aspetto e/o la funzione: il che nel caso in esame si verifica perché la serranda è stata piegata in quanto sollevata con forza dall'esterno (fol. 7 della sentenza di primo grado) e dunque è «storta», perché divelta parzialmente e forzata per l'ingresso abusivo (sentenza impugnata al fol. 5) (Sez. 5, n. 23579 del 19/02/2018, Catania, Rv. 273283 - 01;
conf. N. 2170 del 2000 Rv. 215674 - 01, N. 32277 del 2010 Rv. 248179 - 01). Quanto alla aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, le sentenze di merito, premesso che l'immobile era del comune di Avezzano e che ne era stato dismesso l'utilizzo quale casa di riposo per cui era in disuso, fanno corretta applicazione del costante orientamento di questa Corte, per cui integra il reato di furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede la condotta di colui che si appropria dei beni mobili presenti in un edificio pubblico in disuso, in quanto il bene - indipendentemente dalla sua utilizzazione - resta di proprietà dello Stato fino a che non venga dismesso nelle forme di legge (Sez. 5, n. 40036 del 18/06/2019, Lunardi, Rv. 277530 - 01;
Sez. 4, n. 8178 del 09/01/2002, Sucato, Rv. 220985 - 01). Pertanto il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto basta per la configurazione dell'aggravante la circostanza che il bene sia allocato in un ufficio o uno stabilimento pubblico, in quanto la ragion d'essere dell'aggravante consiste nella necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla pubblica amministrazione e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano nei suoi uffici (Sez. 5, n. 4746 del 19/12/2019, dep. 2020, Lombardi, Rv. 278154 - 01).
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