Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/05/2008, n. 12644

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Qualora si verifichi, nel processo di primo grado, un evento interruttivo del processo cui faccia seguito un irregolare atto di riassunzione del medesimo, il giudice di appello cui tale irregolarità venga prospettata non può rimettere la causa al primo giudice - trattandosi di eventualità non prevista dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. - bensì deve deciderla nel merito; ne consegue che, ove con l'appello non sia stata avanzata alcuna censura di merito contro la sentenza di primo grado - limitandosi il gravame al solo rilievo dei vizi dell'atto di riassunzione - è corretta la decisione del giudice di secondo grado che dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione.

Il motivo di ricorso con cui si deduce il difetto di giurisdizione per essere stato deciso da un giudice onorario l'appello avverso la sentenza pronunciata in primo grado da un giudice di pace è inammissibile, prospettandosi in realtà solo un vizio di costituzione dell'organo giudicante in rapporto alla sua natura di giudice onorario per violazione dell'art. 43 "bis" del r.d. n. 12 del 1941; violazione, peraltro, non sussistente atteso che i giudici onorari possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati, mentre è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale, sulla base del carattere eccezionale delle funzioni giurisdizionali attribuibili ai giudici onorari, atteso che l'art. 106 Cost. prevede la nomina di giudici onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli con piena parificazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/05/2008, n. 12644
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12644
Data del deposito : 19 maggio 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. CRISCUOLO Alessandro - Presidente di sezione -
Dott. MORELLI Mario ROrio - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. SALMÈ EP - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. DE MATTEIS Aldo - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere -
Dott. BENINI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31698 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2005, proposto da:
AR ND, AR NT, AR LL e DE SA GI, quali eredi di AR GI, deceduto in corso di causa, elettivamente domiciliate in Roma, alla Via della Giuliana n. 44, con gli avv. MIGLINO Franco e Arnaldo Miglino, che le rappresentano e difendono, per procura a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro
RO IE, elettivamente domiciliato in Roma, al Largo del Teatro Valle n. 6, presso l'avv. DE ANGELIS Paolo, rappresentato e difeso, per procura a margine del controricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Valerio Iorio e Giangerardo Mirando;

- controricorrente -

avverso la sentenza del giudice onorario del Tribunale di Salerno, Sez. dist. di Eboli, n. 373, del 31 ottobre - 2 novembre 2005;

Udito, all'adunanza del 6 maggio 2008, il Cons. Dr. Fabrizio Forte e lette le conclusioni scritte, rese ai sensi dell'art. 375 c.p.c., in data 24 gennaio 2008 dal Sostituto Procuratore Dr. LE Ciccolo e notificate tempestivamente alle parti, con la richiesta di dichiarare inammissibile o, comunque, manifestamente infondata la questione di giurisdizione proposta in ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 9 gennaio 2001, il giudice di pace di Eboli accoglieva la domanda proposta, con citazione notificata il 14 marzo 1993, da RO ET nei confronti di OT EP, deceduto in corso di causa, per il pagamento di lavori da lui eseguiti ad un fabbricato del convenuto, che a sua volta aveva proposto domanda riconvenzionale di risoluzione del rapporto e di risarcimento danni per inadempimento;
condannava quindi in solido le eredi di EP OT, a questo subentrate dopo la interruzione e riassunzione del processo, a pagare all'attore L.

3.231.000 come da lui chieste, con accessori e spese. De RO VA, OT OD, AS e NE, eredi di EP OT, proponevano appello contro la sentenza di cui sopra, deducendo che nei loro confronti la causa non era stata riassunta, essendo il processo ripreso con comparsa di riassunzione, che evocava in causa gli eredi di UA e non di "OT EP".
Poiché erano decorsi oltre sei mesi dal decesso del convenuto senza una rituale riassunzione della causa nei confronti degli aventi causa della parte deceduta, le suddette eredi chiedevano, con il gravame, di dichiarare estinto il processo ai sensi dell'art. 305 c.p.c., condannando il RO alle spese di causa.
L'appellato si costituiva e deduceva che la causa doveva ritenersi riassunta tempestivamente, per cui il gravame doveva rigettarsi. Il giudice onorario di Salerno-Eboli, con sentenza del 2 novembre 2005, dopo avere rilevato la nullità processuale dedotta con il gravame, ha dichiarato inammissibile l'appello perché, essendo denunciati solo vizi processuali, mancava una impugnazione con motivi di merito, che consentissero la modifica delle statuizioni della sentenza impugnata.
Il giudice adito affermava che l'atto di riassunzione era nullo, mancando la evocazione in giudizio degli eredi di OT EP, come poteva rilevarsi dalla reiterazione del nome errato della controparte deceduta, riportato come SQ OT" più volte;
ciò comportava la mancata individuazione dei destinatari della comparsa di riassunzione, sanabile solo con la costituzione di tutti gli eredi.
Ad avviso del giudice d'appello, la riassunzione sarebbe stata valida solo ove fosse stato palese l'errore, che tale non era per la ripetizione del nome errato del de cuius;
tale rilievo comportava la mancanza della vocatio in jus dei soggetti legittimati a proseguire la causa, non rilevando a sanarla neppure le modalità e il luogo della notificazione (ultimo domicilio di EP OT), con la conseguenza che doveva ritenersi non ripreso nei termini il contraddittorio tra le parti.
Trattandosi con chiarezza di nullità della riassunzione e non della notificazione, era inapplicabile l'art. 354 c.p.c., e il giudice d'appello non poteva quindi rimettere gli atti in primo grado e doveva decidere nel merito la causa.
Pertanto doveva convertirsi la denunciata nullità processuale in motivo di impugnazione, data la inapplicabilità degli artt. 353 e 354 c.p.c., relativi alle sole nullità delle notifiche anche dei ricorsi in riassunzione;
non avendo indicato le appellanti le ragioni d'ingiustizia sostanziale della sentenza impugnata che ne giustificassero l'annullamento, l'impugnazione andava dichiarata inammissibile, con spese a carico delle appellanti. Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 21 novembre 2005, propongono ricorso di due motivi, notificato a mezzo posta il 22 dicembre 2005 e illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., le eredi di EP OT, OT OD, AS e NE e VA De RO e resiste con controricorso RO ET.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il ricorso lamenta violazione degli artt. 100, 112, 305 e 342 c.p.c., in rapporto all'art. 360 c.p.c., n. 3, con conseguente
nullità della sentenza impugnata, per inosservanza di tali norme, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, di cui all'art. 360 c.p.c., n.

5. La sentenza oggetto di ricorso, contraddittoriamente, dopo avere statuito che "l'appello è fondato e va accolto", dichiara il gravame inammissibile, per avere dedotto il solo vizio processuale dell'erronea riassunzione nei confronti degli eredi di "OT AS invece che "EP", senza prospettare una impugnazione di merito, con l'indicazione delle ragioni d'ingiustizia o erroneità sostanziale della loro condanna di primo grado, per le quali la decisione avrebbe dovuto essere riformata. L'affermazione del giudice d'appello è, ad avviso delle ricorrenti, inconferente in quanto attiene al solo caso in cui egli possa emettere una pronuncia rescindente e ricorra quindi l'ipotesi degli artt. 353 e 354 c.p.c.;
nel presente caso, invece, le appellanti hanno chiesto di dichiarare estinta la causa in primo grado, perché non riassunta ritualmente nel termine perentorio di sei mesi dall'evento interruttivo, ai sensi dell'art. 305 c.p.c., con provvedimento di per sè favorevole alle eredi OT, perché l'estinzione del processo, alla data della mancata riassunzione, avrebbe comportato con la nullità della sentenza oggetto di ricorso, il venir meno della condanna a loro carico e a favore del RO. Le appellanti non avevano denunciato la mera nullità processuale della mancata tempestiva riassunzione,

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