Cass. civ., sez. I, sentenza 03/04/2009, n. 8119
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V U - Presidente -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. G M C - Consigliere -
Dott. T M A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27697/2005 proposto da:
RESTI S.P.A. (P.I. 03673270488), in persona del Consigliere Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHELINI 5, presso l'avvocato N F, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato G A, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CARROZZERIA VEICOLI INDUSTRIALI RESTI GIOVANNI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL SEMINARIO 85, presso l'avvocato C V, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati R M IO, IOMMI GIUSEPPE, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 943/2005 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/06/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/01/2009 dal Consigliere Dott. TAVASSI MARINA;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato G A che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 6.12.1991 la S.p.a. R conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Firenze, la S.n.c. Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni di R Sergio e C, trasformata in corso di causa in s.r.l., per sentir dichiarare la nullità per mancanza di novità del marchio "G.R", rilasciato alla convenuta con il n. 431268 a seguito di domanda n. 10126 del 4.3.1983;la nullità per mancanza di novità dei marchi "Isorex" e "Isoses", se registrati;dichiarare che l'uso da parte della convenuta dei marchi "R", "G.R" e "Isorex" e/o "Isoses" era illecito, costituendo contraffazione, rispettivamente dei marchi "Carrozzeria R", "R" e "Isosen" di cui l'attrice era titolare per averli registrati rispettivamente il 28.6.82 al n. 400913, il 28.3.87 al n. 517120, il 15.4.92 al n. 400784;inibire alla convenuta l'uso della parola "R" in qualsiasi forma grafica, quale ragione sociale (fatta eccezione, essendo all'epoca la convenuta costituita come s.n.c., per quanto disposto dall'art. 2292 c.c.) quale marchio e/o insegna, al fine di contraddistinguere la
propria attività e/o i prodotti, nonché l'uso dei marchi "Isorex" e "Isoses" per contraddistinguere i propri prodotti o comunque di parole simili e confondibili con il marchio "Isoren" di cui l'attrice era titolare;dichiarare che le modalità con le quali la convenuta aveva svolto e svolgeva la propria attività integravano gli estremi della concorrenza sleale e ciò sia ai sensi dell'art. 2598 n. 1 sia n. 3, in particolare per il c.d. "pedinamento".
L'attrice chiedeva inoltre la condanna di R Giovanni al risarcimento da liquidarsi in separato giudizio (previa corresponsione di una provvisionale), l'ordine di pubblicazione del dispositivo della sentenza e la fissazione di una penale per ogni violazione successiva.
Riferiva l'attrice che nel 1961 era stata costituita la ditta individuale R Ivo, da cui poi era derivata la R s.p.a., che aveva registrato a partire dal 1982 i propri segni ("R", "Carrozzeria R") come marchi.
Nel 1967 era stata costituita dal fratello G l R Giovanni, nei locali lasciati liberi dalla R Ivo. In seguito si era trasferita a pochissimi metri di distanza dalla sede di R, sempre in Figline Valdarno, operando nello stesso settore della R (trasformazione di veicoli industriali). Nel 1983 depositava il marchio R Giovanni (costituito solo dalla parola "R" contornata da una grande G).
Nel corso degli anni la ricorrente aveva differenziato la propria attività (dedicandosi ad approntare carrozzerie destinate alla vendita ambulante, caratterizzate da una striscia colorata apposta sul cassone). Anche la R Giovanni di lì a poco si dedicava alla stessa attività, addirittura applicando la stessa striscia. Ciò aveva dato luogo a fatti confusori (vedi, ad esempio, il catalogo dei carrozzieri Iveco, gli elenchi Telecom-Sip). Si costituiva nel giudizio la società convenuta, contestando la fondatezza della domanda, chiedendo che fosse rigettata e proponendo in via riconvenzionale domanda di nullità dei marchi dell'attrice, con richiesta di condanna al risarcimento dei danni, pubblicazione della sentenza e fissazione di penale per le successive violazioni. Nelle more la convenuta si trasformò da s.n.c. in s.r.l., venendo così meno la giustificazione di utilizzare il cognome R. L'attrice dava atto che nel frattempo la convenuta aveva cessato l'uso dei marchi Isorex e/o Isoses e che, pertanto, per tale profilo era cessata la materia del contendere.
Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 24.9/4.12.2001, respingeva le domande proposte dall'attrice e le domande riconvenzionali della convenuta, compensando integralmente le spese processuali. La R s.p.a. proponeva appello avverso la decisione, riproponendo le domande formulate in primo grado.
La Corte d'appello di Firenze, con sentenza 18.2/21.6.2005, rigettava l'appello, compensando fra le parti le spese del grado. Riteneva la Corte che nel caso di specie:
- non fosse applicabile il disposto della L.M., art. 19, in quanto esso operava esclusivamente nel conflitto fra marchi registrati ("essendo la registrazione del marchio RESTI S.p.a. successiva a quella della convenuta, la richiesta di nullità non può trovare fondamento, nel conflitto fra i due marchi");
- non sussisterebbe conflitto tra i marchi "Giovanni R" e "Carrozzeria R", anteriormente registrato, in quanto il R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 13, (ante riforma del 1992) consentirebbe
l'uso di un marchio, ancorché anteriormente registrato, solo se non vi sia la possibilità che insorga confusione fra i due marchi e nella specie, secondo la sentenza, non ricorreva un simile rischio;
sarebbe stata priva di fondamento la pretesa dell'appellante di vedersi riconosciuto in esclusiva il diritto all'uso del cognome R, anche quale segno inserito nella propria denominazione sociale, in quanto le stesse considerazioni svolte riguardo al marchio inducevano ad escludere anche il rischio di confusione tra denominazioni;
nessuna rilevanza avrebbe avuto il fatto che la sentenza del Tribunale di Firenze, che la Corte ha ritenuto errata sul punto, abbia nella propria motivazione affermato che nel caso di specie opererebbe la tutela del "secondary meaning" in quanto, secondo la Corte stessa, dovrebbe comunque applicarsi il disposto del D.Lgs. n.480 del 1992, art. 89, comma 2, che dispone che "non può essere
dichiarata la nullità del marchio se, anteriormente alla proposizione della domanda principale o riconvenzionale di nullità, il segno, a seguito dell'uso che ne sia stato fatto, abbia acquistato carattere distintivo", con ciò la Corte intendendo che con la predetta norma il legislatore avrebbe inteso sanare "marchi che comunque presentino profili di illegittimità";
essendo da escludere che l'adozione del marchio "Giovanni R" potesse comportare una confusione di prodotti, ne rimaneva esclusa, secondo la sentenza impugnata, quell'ipotesi di concorrenza sleale che era stata prospettata con riferimento alle norme di cui all'art.2598 c.c., nn. 1 e 3. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso davanti a questa - Corte la R S.p.a., con atto notificato in data 8.11.2005 (notificato al P.G. presso la Corte d'appello di Firenze il 4.12.05) e poi notificato in rinnovazione in data 20.11.2006. Il ricorso deduceva avverso la sentenza impugnata otto motivi di censura, illustrati con la memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. Con atto notificato il 29.12.2006 la Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni S.r.l. proponeva controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1- È pregiudiziale all'esame del merito del ricorso proposto dalla R S.p.a., l'esame dell'eccezione formulata dalla Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni s.r.l. con riguardo alla notifica di detto ricorso. Rileva la resistente che il ricorso è stato notificato in data 8.11.2005 al domicilio che la R Giovanni aveva eletto in secondo grado presso lo studio di uno dei propri difensori e, successivamente, con notifica in rinnovazione presso la sede della medesima società, ove la stessa, nella relazione di notifica della sentenza, aveva dichiarato la propria sede. La R quindi notificò il suo ricorso (atto di rinnovazione di notifica di ricorso) alla Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni s.r.l., non presso la sede abituale in Figline Valdarno, ma nel domicilio eletto presso il suo difensore, Avv. Ivo Mario Ruggeri. Secondo la ricorrente l'istanza di notifica della sentenza di il grado era stata fatta da società, la R Giovanni s.r.l., diversa dalla parte in causa, la Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni s.r.l.;"da ciò derivava l'assoluta irrilevanza e comunque l'invalidità della dichiarazione di domicilio come effettuata nella richiamata istanza di notifica, compiuta, si badi bene, da persona non indicata e per conto di società diversa da quella in causa, mentre di converso non era stata effettuata, o comunque non era stata effettuata ritualmente, la dichiarazione di residenza (alias sede legale) di cui all'art. 330 c.p.c.". Replica la controricorrente che, ovviamente, R Giovanni s.r.l. non può essere che la Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni s.r.l., con la conseguenza che, pertanto, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato nel luogo indicato nella relazione di notifica, il che la ricorrente non avrebbe fatto, posto che il ricorso, proposto entro il termine di 60 giorni dalla notifica, era stato proposto non provvedendo alla notifica presso l'indirizzo della sede della società indicato nell'atto di notificazione della sentenza impugnata, in cui la residenza della società notificante era dichiarata, come imposto dall'art. 330 c.p.c., comma 1. In ogni caso, se vi fosse stata sanatoria, essa avrebbe avuto effetto ex nunc, ossia dal momento della notifica dell'atto di rinnovazione, avvenuta ben oltre il decorso dell'anno di cui all'art. 327 c.p.c., dalla pubblicazione della sentenza della Corte d'appello di Firenze. Da ciò conseguiva la decadenza della R dall'impugnazione. 1.2 - L'eccezione è infondata. Ed invero, partendo dall'esame dell'art. 330 c.p.c. ("Se nell'atto di notificazione della sentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l'ha pronunciata, l'impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato;altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio"), deve essere considerata l'applicazione interpretativa che di tale norma è stata data dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui si ritiene di doversi conformare anche nel presente caso. Deve rilevarsi innanzitutto che l'indicazione di domicilio effettuata all'atto della richiesta di notifica alla ricorrente della sentenza di secondo grado non poteva valere ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, non essendo la stessa valida e non potendo rappresentare dichiarazione di residenza ne' elezione di domicilio, ai sensi e per gli effetti dell'indicato art. 330. Ed invero l'indicazione della resistente all'atto della richiesta di notifica della sentenza d'appello (A richiesta della R Giovanni Srl domiciliata presso la sua sede abituale in Figline Valdarno) non vale ad identificare con la dovuta precisione una sede nella quale si intendesse eleggere domicilio e ciò per una serie di ragioni. In primo luogo la ragione sociale della richiedente la notifica era incompleta e poteva generare dubbi circa l'identità della richiedente medesima, posto che la parziale denominazione utilizzata (in luogo di quella esatta Carrozzeria Veicoli Industriali R Giovanni S.r.l.) avrebbe potuto appartenere anche ad altra società, magari derivata da quella originaria, ma comunque diversa. In secondo luogo, non veniva indicata la persona fisica legittimata alla dichiarazione di residenza o elezione di domicilio, non ponendo così la parte ricevente nella condizione di verificare se una simile dichiarazione provenisse da chi era legittimato. Infine, il tono della pretesa dichiarazione non valeva a manifestare una volontà idonea a identificare una determinata sede legale o ad eleggere domicilio, ma appariva semplice aggiunta di un elemento di identificazione della società, peraltro vago, facendosi riferimento ad una non meglio indicata "sede abituale".
Quale ulteriore elemento di infondatezza dell'eccezione può rilevarsi che la stessa difesa della resistente richiama la sentenza di questa Corte n. 8468 del 18.10.1994, la cui massima (rv. 488119) recita: "La nullità derivante dall'inosservanza dell'ordine successivo dei luoghi e dei soggetti per la notificazione delle impugnazioni, indicato dall'art. 330 c.p.c., - norma dettata allo scopo di assicurare la conoscenza dell'avvenuta impugnazione da parte di colui nei confronti della quale essa è stata proposta -, è un vizio che, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 2, è sanato, anche quando la conoscenza dell'avvenuta impugnazione sia stata comunque realizzata.
Tale ultima disposizione, di carattere generale, va altresì applicata all'impugnazione compiuta attraverso il ricorso per cassazione, la cui nullità, causata dall'inosservanza dell'ordine per la sua notificazione, è sanata dall'avvenuta proposizione del controricorso". Ed ancora sulla possibilità di sanatoria si è espressa la sent. n. 2197 del 10.2.2006 (rv 587282;conf. S.U. 22.7.2002, n. 10696;S.U. 1997 n. 1018 riv. 509935 conf. 1977 n. 1630 riv. 385336, 2000 n. 15023 riv. 541963), chiarendo che la notificazione fatta al procuratore, integrando una mera violazione della prescrizione in tema di forma, e non già l'impossibilità di riconoscere nell'atto la rispondenza al modello legale della sua categoria, dà luogo a una nullità sanabile, ai sensi dell'art. 160 c.p.c., con conseguente operatività dei rimedi della rinnovazione
(artt. 162 e 291 c.p.c.) o della sanatoria (art. 156 c.p.c., comma 3, artt. 157 e 164 c.p.c.). Quanto all'efficacia di tale sanatoria, deve ritenersi che la stessa operi ex tunc (secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte cui il collegio ritiene di aderire: Cass. n. 15190 del 19.7.2005, n. 8233 del 29.8.97, n. 1114 del 29.11.93), tanto più nel caso in cui la notifica dell'impugnazione sia stata effettuata presso il procuratore che aveva fino ad allora rappresentato la società, posto che (seppure si voglia ritenere che all'atto della notifica della sentenza la società avesse espresso l'intenzione di indicare un diverso domicilio) sussiste indubbiamente un legame forte tra la società e detto procuratore, così da far ritenere probabile che la stessa abbia avuto comunque fin da allora conoscenza dell'impugnazione medesima.
Ritiene tuttavia questa Corte che il controricorso non possa essere considerato tardivo, come preteso dalla difesa della ricorrente, posto che, stanti le incertezze che la notificazione del ricorso poteva presentare (tanto vero che la stessa ricorrente ha pensato di dover rinnovare la notifica di sua iniziativa, senza neppure attendere l'ordine di cui all'art. 291 c.p.c.), la parte resistente legittimamente ha ritenuto di costituirsi dopo che il ricorso era stato notificato presso la sua sede in Figline Valdarno (notifica avvenuta il 20.11-2006, controricorso notificato il 29.12.2006 e pertanto tempestivamente).