Cass. civ., sez. II, sentenza 20/05/2019, n. 13507

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 20/05/2019, n. 13507
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13507
Data del deposito : 20 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da:

GHIRINGHELLI

Annunziata, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avvocato M V, con domici- lio eletto presso lo studio dell'Avvocato A G in Roma, piazzale Clodio, n. 14;

- ricorrente -

contro

G V e G U;

- intimati -

per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Milano, n. 4265/14, pubblicata in data 27 novembre 2014. Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 5 feb- braio 2019 dal Consigliere A G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Gene- rale A C, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo, e per l'inammissibilità o il ri- getto dei restanti motivi;
udito l'Avvocato A G, per delega dell'Avvocato M V- pe.

FATTI DI CAUSA

1. - Con atto di citazione notificato il 2 agosto 2002, Vanda Ghi- ringhelli conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Varese la sorella A G e il fratello U G per sentire di- chiarare lo scioglimento della comunione ereditaria dei beni immobili e mobili, dismessi morendo dalla loro madre, M S, con l'attribuzione ai singoli eredi della quota pari a 1/3 ciascuno. Si costituiva in giudizio A G, la quale nulla op- poneva alla richiesta di scioglimento della comunione ereditaria, pre- vio accertamento della validità ed efficacia del testamento olografo della de cuius e, quindi, conferma delle assegnazioni dei beni ivi indi- cati in proprietà esclusiva ad ogni singolo erede con le relative perti- nenze. In particolare, la convenuta contestava la richiesta di parte at- trice di divisione dei beni mobili ed arredi contenuti nella casa mater- na (immobile assegnato con il testamento olografo in proprietà esclu- siva alla medesima convenuta) e del portico, trattandosi di beni perti- nenziali della casa materna. Si costituiva in giudizio anche il coerede U G, il quale non si opponeva alla domanda di divisione, con esclusione dei beni testamentari assegnati a ciascun erede con le relative pertinen- ze. 2. - Con sentenza depositata il 18 gennaio 2012, il Tribunale di Varese - premesso che M S aveva disposto, con il testamento olografo redatto in data 29 settembre :2000, del fabbricato sito in Ca- stronno, attribuendo al figlio Ubaldo l'appartamento nel quale abita- va, alla figlia Vanda l'appartamento abitato dai Randetti ed alla figlia Annunziata l'appartamento abitato dalla medesima testatrice, e che residuavano una serie di beni, descritti nella c.t.u., in ordine ai quali le parti avevano chiesto lo scioglimento della comunione - disponeva la scioglimento della comunione ereditaria, con assegnazione ai fra- telli Ubaldo, Vanda ed A G, mediante sorteggio, dei lotti formati dal c.t.u. (arch. Fusco di Varese) nominato nel corso della istruzione della causa e pagamento dei conguagli indicati nel terzo progetto divisionale contenuto nella perizia integrativa in data 6 luglio 2007;
condannava, inoltre, Vanda e U G al pa- gamento di euro 3.192,54 ciascuno nei confronti della sorella Annun- ziata Ghiringhelli, quale rimborso delle spese sostenute per la conser- vazione dei beni caduti in comunione. Aderendo alle richieste delle parti, il Tribunale aveva conferito an- che un ulteriore incarico di c.t.u. (arch. Bianchetti di Varese) per la stima del valore degli arredi e della biancheria contenuti nella ex casa materna di Castronno, destinata per testamento ad Annunziata Ghi- ringhelli, e nel fabbricato già destinato ad albergo in Cutigliano. Il c.t.u. effettuava una stima complessiva di tutti gli arredi, indicandone il valore in euro 12.238, mentre la biancheria si componeva di 1.063 capi complessivamente. Anche per questi beni venivano formati tre lotti, contraddistinti dai numeri 1), 2) e 3), comprendenti, ciascuno, arredi per un valore compreso tra euro 4.070 ed euro 4.080 e circa 350 capi di biancheria per ciascun lotto, provenienti tanto dalla casa materna di Castronno quanto dall'albergo di Cutigliano. Il Tribunale disponeva (sia pure solo in parte motiva, omettendo di riportare la statuizione nel dispositivo della sentenza) che anche l'assegnazione di questi tre lotti venisse effettuata per sorteggio. 3. - Avverso la sentenza del Tribunale proponevano appello prin- cipale V G e appello incidentale Annunziata Ghiringhel- li. Si costituiva U G, resistendo. Fallito il tentativo di componimento bonario della vertenza, la Cor- te d'appello di Milano, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 27 novembre 2014, ha così disposto: - in parziale accoglimento del gravame principale di Vanda Ghi- ringhelli ed in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Varese, ha accertato che il terreno di cui al mappale 1822 del Comune di Castronno è tuttora in comunione ereditaria tra le parti e ha disposto che, a parziale rettifica della divisione come realizzata con la pronuncia appellata, tale terreno rimanga di proprietà comune per quote uguali tra le parti anche all'esito dello scioglimento della comunione ereditaria;
- ha disposto che lo scioglimento della comunione ereditaria im- mobiliare avvenga, ferma restando ogni altra statuizione conte- nuta nella pronuncia appellata, previo pagamento dei seguenti conguagli: (a) euro 44.034,66 a carico del condividente cui ver- rà assegnato per sorteggio il lotto indicato come quota 7 nel terzo progetto divisionale di cui alla perizia integrativa del 6 lu- glio 2007 ed a favore del condividente cui verrà assegnato per sorteggio il lotto indicato come quota 8 in tale progetto;
(b) eu- ro 6.649,66 a carico del condividente cui verrà assegnato per sorteggio il lotto indicato come quota 7 nel terzo progetto divi- sionale di cui alla perizia integrativa del 6 luglio 2007 ed a favo- re del condividente cui verrà assegnato per sorteggio il lotto in- dicato come quota 9 in tale progetto;
- ha confermato, quanto al resto, la sentenza appellata, ivi com- preso per quanto attiene l'assegnazione mediante sorteggio ai condividenti dei lotti formati con gli arredi ed i capi di bianche- ria facenti parte della comunione ereditaria, come da relazione di c.t.u. depositata 1'8 ottobre 2010;
ha compensato integralmente tra tutte le parti le spese del gra- do. 4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello, notifi- cata il 2 febbraio 2015, ha proposto ricorso A G, con atto notificato il 26 marzo 2015, sulla base di sei motivi. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 817 cod. civ., per avere la Corte d'appello rite- nuto che gli arredi posti all'interno dell'immobile "casa materna" in Castronno, assegnata dalla de cuius con il testamento olografo alla fi- glia A G, non possano ritenersi pertinenze dell'alloggio in cui sono collocati perché sarebbero privi del vincolo di complementarietà con il bene principale. Al contrario, secondo la ri- corrente, i mobili e gli arredi collocati dalla de cuius nella propria ca- sa di abitazione sarebbero pertinenziali all'immobile stesso nel quale erano stati destinati, sussistendo sia l'elemento soggettivo, sia l'elemento oggettivo, necessari per la sussistenza del vincolo perti- nenziale. In particolare, i mobili e gli arredi sarebbero stati destinati da M S, sin dagli anni '40 del secolo scorso, in modo durevole a servizio ed ornamento della propria casa di abitazione, nella quale sa- rebbero sempre rimasti presenti e lo sarebbero tuttora. La volontà della de cuius è emersa palesemente ed è stata esternata dai coeredi stessi. 1.1. - Il motivo è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. II, 9 maggio 2005, n. 9563;
Cass., Sez. II, 28 aprile 2006, n. 9911), per la costituzione del vincolo pertinenziale è necessario, oltre al re- quisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo sogget- to, anche un elemento oggettivo, consistente nella materiale destina- zione del bene accessorio ad una relazione di complementarità con quello principale. Si è anche chiarito che, ai fini della sussistenza della relazione di strumentalità funzionale, anche solo di servizio, tra i due beni, è necessario che il bene accessorio arrechi una "utilità" al bene principale e non al proprietario di esso (Cass., Sez. II, 2 marzo 2006, n. 4599;
Cass., Sez. Il, 10 giugno 2011, n. 12855). D'altra parte, va anche richiamato l'indirizzo di questa Corte (Cass., Sez. III, 20 marzo 2012, n. 4378) che, con riguardo ai beni mobili a servizio o ad ornamento di edifici, ha affermato che è da escludere la natura di pertinenza delle suppellettili, degli arredi e dei mobili che riguardino esclusivamente la persona del titolare del diritto reale sulla cosa principale e non la cosa in sé considerata, dovendosi, di regola, negare la natura pertinenziale dei mobili che arredano un immobile, a meno che non siano destinati durevolmente all'ornamento di questo. A tale orientamento si è attenuta la sentenza impugnata, giacché la Corte d'appello, nell'escludere che gli arredi "di modestissimo valo- re" della casa materna di Castronno possano essere considerati perti- nenze dell'alloggio in cui erano collocati, ha fatto leva proprio sulla mancanza di quel vincolo di complementarità con il bene principale che rappresenta il profilo oggettivo della relazione di pertinenzialità, giustificando tale motivato convincimento sul rilievo - desunto dalle fotografie in atti e dalla relazione del c.t.u. - che trattasi di mobilio non realizzato su misura e facilmente collocabile anche altrove. La ricorrente critica la conclusione cui è pervenuto il giudice del merito, sostenendo che tra la cosa principale (casa di abitazione) e la cosa accessoria (mobili ed arredi) si sarebbe realizzata una relazione di subordinazione funzionale percepibile da chiunque, stante la mate- riale attribuzione della seconda al servizio ed ornamento della prima;
e richiama - a sostegno della censura - la posizione assunta nei pro- - 6 - pri scritti difensivi dal coerede U G e una lettera (la raccomandata in data 8 marzo 2011) della coerede Vanda Ghiringhel- li, indirizzata al fratello Ubaldo e alla sorella Annunziata. Sennonché, una tale doglianza - considerato che l'accertamento della sussistenza o meno di un vincolo pertinenziale, il quale implica che una cosa sia in funzione strumentale di accessorietà rispetto ad un'altra, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito (Cass., Sez. III, 17 novembre 1999, n. 12755) - non si lascia inquadrare nel vizio denunciato di violazione e falsa applicazione dell'art. 817 cod. civ.: non nel vizio di violazione di legge, che postula la deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stes- sa (Cass., Sez. lav., 16 luglio 2010, n. 16698;
Cass., Sez. VI-2, 12 ottobre 2017, n. 24054);
e neppure nel vizio di falsa applicazione, al quale è estranea ogni critica che investa la ricostruzione e l'accertamento del fatto materiale, da cui, invece, nella sua portata, come giudizialmente definita, deve muovere la censura di erronea ri- conduzione di esso alla norma di riferimento (Cass., Sez. III, 13 mar- zo 2018, n. 6035). Ciò che viene criticato nella specie è proprio l'accertamento e la ricostruzione del fatto materiale operato dalla Corte d'appello in base alle risultanze di causa: ma l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica va- lutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del novellato n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. 2. - Con il secondo mezzo la ricorrente denuncia nullità e inutiliz- zabilità delle relazione peritale sui mobili ed arredi per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 194, 195, e 201 cod. proc. civ., degli artt. 90, 91 e 92 disp. att. cod. proc. civ., non- ché degli artt. 176 e 136 cod. proc. civ. e 101 cod. proc. civ., in rela- zione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. Si sostiene che avrebbe errato la Corte d'appello nell'omettere di dichiarare la nullità della c.t.u. eseguita sui mobili ed arredi (c.t.u. arch. Bianchet- ti), pur in presenza di numerose, gravi ed insanabili irregolarità poste in essere dal c.t.u. e che avrebbero comportato una violazione del principio del contraddittorio, in particolare: (a) per la partecipazione a tutte le operazioni peritali di una persona qualificatasi quale consulen- te tecnico di parte attrice, ma in realtà privo di rituale nomina;
(b) per l'illegittima ed irrituale estensione del quesito peritale (indagine compiuta su altri beni mobili estranei all'originario quesito del giudi- ce);
(c) per l'omessa comunicazione alle parti del provvedimento del giudice che autorizzava l'estensione di una parte del quesito peritale. La Corte d'appello avrebbe preso in esame solo il primo motivo (sub a) di nullità della relazione peritale sui beni ed arredi eseguita dall'arch. Bianchetti, mentre avrebbe omesso completamente di esa- minare gli altri due motivi di nullità eccepiti da A G nel corso del giudizio di primo grado e ribaditi nei motivi di appello in- cidentale. 2.1. - Il motivo è infondato, per la parte in cui non risulta inam- missibile. E' in primo luogo da disattendere la censura (sub a) con cui si la- menta che il giudice d'appello non abbia dichiarato la nullità della consulenza tecnica d'ufficio, nonostante abbia partecipato alle opera- zioni peritali un consulente di parte, il geom. A M, nominato dalla difesa dell'attrice oltre il termine fissato dal giudice ai sensi dell'art. 201 cod. proc. civ., coincidente con la data di inizio delle ope- razioni stesse. Infatti, come ha correttamente sottolineato la Corte d'appello, la partecipazione alle operazioni peritali di un consulente tecnico di par- te nominato oltre il termine assegnato dal giudice senza la previa presentazione dell'istanza di proroga, non determina la nullità degli accertamenti compiuti dal c.t.u. e della relazione scritta fatta dallo stesso, ma ha l'effetto di esonerare quest'ultimo e il giudice dal pren- dere in considerazione le osservazioni e i rilievi formulati dal consu- lente di parte irritualmente nominato. Quanto alle altre due ragioni di nullità della consulenza tecnica (articolate ai punti b e c: ossia l'illegittima ed irrituale estensione del quesito peritale e l'omessa comunicazione alle parti del provvedimen- to del giudice del Tribunale di Varese che autorizzava l'estensione del quesito peritale), è assorbente considerare che di questi due profili non v'è cenno alcuno nella sentenza della Corte d'appello: né a pag. 13-14 (dove si esamina, per rigettarla, l'unica eccezione di nullità procedimentale, derivante dalla "partecipazione alle operazioni perita- li di un consulente tecnico di parte nominato oltre il termine fissato all'atto del conferimento dell'incarico"), né a pag. 5-6 (dove si dà con- to dei motivi di appello incidentale di A G e si pre- cisa che la stessa si è doluta della "insufficiente motivazione in ordine alla eccepita nullità della perizia sui beni mobili ed arredi", richieden- do la rinnovazione della c.t.u. estimativa degli arredi e dei beni mobi- li, "in quanto affetta da nullità per la partecipazione alle operazioni di un consulente tecnico di parte nominato fuori termine"). In questo contesto, era onere della ricorrente per cassazione, per non incorrere nella inammissibilità da novità della questione, di preci- sare come la relativa doglianza fosse stata prospettata dinanzi alla Corte d'appello;
e ciò, essendo principio consolidato quello secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il fondo della suddetta questione (Cass., Sez. VI-1, 13 giugno 2018, n. 15430;
Cass., Sez. II, 9 agosto 2018, n. 20694). Questo onere è non stato soddisfatto nella specie. La ricorrente si limita ad affermare (a pag. 14 del ricorso) che "nessuna motivazione viene fornita dalla Corte d'appello in ordine agli altri motivi di nullità della perizia sugli arredi, eccepiti da questa difesa nel corso del giudi- zio di primo grado (istanza 18 gennaio 2010, memoria di osservazioni alla c.t.u. 11 marzo 2010) e ribaditi nei motivi di appello incidentale", ma non riporta il tenore della specifica censura sul punto sviluppata con l'atto di appello incidentale, che, stando alla sintesi operata dalla stessa ricorrente a pag. 4, appare assolutamente generico e tale da non comprendere gli odierni punti b) e c) (vi si parla, infatti, di "in- sussistente motivazione in ordine alle eccepite irregolarità formali e sostanziali nello svolgimento delle operazioni peritali"). 3. - Il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione dell'art. 727 cod. civ. e dei principi da esso emergenti nella formazione dei lotti dei mobili ed arredi in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) censura le modalità con le quali sono stati formati i lotti degli arredi. Ad avviso della ricorrente, i mobili ed arredi situati nella ex casa materna, sebbene non siano di valore elevato sotto il profilo economico, avrebbero una loro precisa collocazione nei vari locali dell'abitazione, attentamente valutata dalla de cuius sia sotto l'aspetto estetico (armonia degli arredi nelle forme e nei colori), sia sotto l'aspetto funzionale, includendo in ogni locale arredi apparte- nenti alla stessa epoca, alla stessa tipologia di materiali e con le stes- se lavorazioni artigianali dell'epoca in cui la S aveva arredato con cura e precisione la propria abitazione. I progetti divisionali predispo- al` sti dal c.t.u. non rispecchierebbero affatto il principio sancito dall'art.727 cod. civ., in quanto i singoli lotti conterrebbero beni di natura e qualità diversa. Il c.t.u. avrebbe formato dei lotti completamente di- somogenei, sicché arredi appartenenti ad un medesimo locale verreb- bero completamente smembrati. Anche la quantità dei beni contenuti in ogni singolo lotto sarebbe completamente diversa. 3.1. - Il motivo è infondato. E' risaputo che, in tema di divisione ereditaria, il principio di omo- geneità indicato nell'art. 727 cod. civ.,, secondo il quale le porzioni di ciascuno dei condividenti devono essere formate in modo da avere beni mobili ed immobili o crediti di uguale natura o qualità, non è as- soluto, ma indica soltanto un criterio di massima dal quale il giudice può discostarsi non solo nelle ipotesi espressamente previste dagli artt. 720 e 722 cod. civ., ma anche quando la rigorosa applicazione del principio determinerebbe un pregiudizio del diritto dei condividenti a conseguire una porzione di valore proporzionalmente corrisponden- te a quella spettante singolarmente sulla massa (Cass., Sez. II, 12 gennaio 2011, n. 573). In particolare, non è necessario formare delle porzioni assolutamente omogenee, poiché il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni compresi nelle categorie degli im- mobili, dei mobili e dei crediti in comunione non consiste nella realiz- zazione di un frazionamento quotistico delle singole entità apparte- nenti alla medesima categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni rientranti nelle suddette tre categorie, dovendo evitarsi un ec- cessivo frazionamento dei cespiti (Cass., Sez. II, 16 aprile 2018, n. 9282). Nella specie, la Corte d'appello, nell'apporzionamento dei mobili, degli arredi e della biancheria, ha formato, aderendo al progetto pre- disposto dal c.t.u., dei lotti predisposti nella dichiarata applicazione del criterio dell'eguaglianza quantitativa e qualitativa delle quote, ri- levando che l'assenza di "pezzi" pregiati e l'esigenza primaria di for- mare tre lotti di valore corrispondente giustificano, in particolare, il lamentato smembramento degli arredi della ex casa materna, dal momento che non ricorre in questo caso l'eccezione posta dal secon- do comma dell'art. 727 cod. civ. ("evitare, per quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno un'importanza storica, scientifica o artistica") alla regola generale in tema di formazione delle porzioni dettata dal primo comma della stessa disposizione. Le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Milano sono aderenti ai principi elaborati da questa Corte di legittimità e sono puntualmente motivate in relazione al caso concreto (assenza di pezzi pregiati e di mobili realizzati su misura). Le censure prospettate dalla ricorrente - secondo cui: alcuni beni sarebbero stati descritti e valutati, nei progetti divisionali predisposti dal c.t.u., in modo errato (per l'indicazione sbagliata del tipo di mate- riale che compone il bene o della collocazione delle epoche storiche di loro realizzazione e per le valutazioni sproporzionate per alcuni beni rispetto ad altri);
il c.t.u. avrebbe formato lotti completamente diso- mogenei;
la quantità di beni contenuta in ogni singolo lotto sarebbe diversa (venendo assegnati, al lotto 1, 13 beni di arredo della casa materna;
al lotto 2, 8 beni d'arredo della casa materna;
al lotto 3, 50 beni di arredo della casa materna) - mirano ad una revisione del giu- dizio di fatto, inammissibile nel giudizio di cassazione. 4. - Con il quarto motivo si censura violazione e/o errata applica- zione dell'art. 817 cod. civ. sulla pertinenzialità all'immobile - ex abi- tazione materna - del portichetto, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché in relazione al n. 5 dello stesso art. 360 per omessa motivazione su un punto decisivo della
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